Essere sé stessi
Alcuni mi odiano… perché mi conoscono e altri perché li conosco.
Esistono diversi tipi di ostilità, e non tutte nascono da ciò che facciamo. Alcune germogliano semplicemente da ciò che siamo, o da ciò che gli altri credono di sapere o temono di vedere di noi. L’ostilità, spesso, è meno legata ad un’offesa concreta, è più una reazione viscerale a una presenza che mette in crisi, che smaschera, che inquieta. C’è chi crede di conoscerci abbastanza tanto da aver colto le nostre contraddizioni, le nostre fragilità, magari anche i nostri lati scomodi che, invece, non ci va proprio di nascondere e così nasce il rancore di un’autenticità che disturba.
Non siamo come ci volevano (e chissà come), o come credevano che fossimo, e il disincanto si trasforma in fastidio, in diffidenza, in odio. Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia: l’ostilità di chi si sente visto troppo a fondo, troppo da vicino, dal di dentro. Di chi sa, o soltanto teme che noi sappiamo. Perché conoscere davvero qualcuno significa penetrare oltre la ‘bella facciata’, oltre quella narrazione che ci si è costruiti. E non tutti vogliono… non tutti vogliono essere guardati senza veli, e già, a molti non piace. C’è chi preferisce quel rispetto che nasce dall’ignoranza piuttosto che la verità che svela. Ed è in questo senso che il nostro sguardo può diventare una minaccia. Non per ciò che diciamo, ma per ciò che riusciamo a vedere, a comprendere.
In entrambe le situazioni, l’ostilità è una forma di difesa, una sorta di protezione: dalla delusione o dallo smascheramento. Essere odiati per queste ragioni allora non è una colpa: è solo conseguenza. Essere sé stessi e vedere gli altri per ciò che sono ha un prezzo (e che prezzo) da pagare, ma anche una dignità.
Meglio essere odiati per verità che amati per finzione.☺
