Fallimento tragico e annunciato
Nuvoloni neri all’orizzonte della Gigafactory che doveva regalare un futuro radioso all’ex FIAT, ora Stellantis.
Ricordo bene le trionfali dichiarazioni dell’allora sindaco Roberti, due anni fa più o meno, nell’aula consiliare di Termoli, quando come consigliere di minoranza presentai, insieme ai colleghi PD e 5Stelle, una mozione che impegnava l’amministrazione a monitorare attentamente una situazione già allora non chiara. Ci venne risposto in maniera irridente di non seminare dubbi sul roseo futuro di Termoli e sull’inizio della vera transizione energetica; gli stessi toni altisonanti, del resto, che l’attuale Presidente di Regione continua ad usare, negando l’evidenza di un tragico rischio per il Molise tutto.
Ho partecipato all’incontro organizzato dai principali sindacati nell’auditorium del Nucleo Industriale a fine giugno, ho tenuto una conferenza stampa con gli altri consiglieri di minoranza per informare la popolazione delle reali dimensioni del problema, e sono stata presente al presidio in piazza Monumento a Termoli il 12 settembre. Inutile precisare, purtroppo, che nessuno degli amministratori cittadini e regionali ha ritenuto opportuno esserci, nonostante pochi giorni prima il Consiglio Comunale di Termoli avesse approvato all’unanimità una mozione della minoranza che chiedeva azione continua a livello istituzionale e governativo, e presenza a tutte le iniziative sul territorio per manifestare la propria vicinanza ai lavoratori.
Sappiamo tutti che lo stabilimento di Rivolta Del Re è stato già pesantemente svuotato di attrezzature e motori, e che si va avanti con la cassa integrazione e i contratti di solidarietà. Tutto l’indotto relativo ai servizi è stato smantellato, e appare chiaro che la produzione di motori a Termoli, ma anche altrove, viene fatta morire piano piano, mentre il settore elettrico non è più attrattivo per gli alti costi e la concorrenza cinese.
È di ieri la notizia che il ministro Urso ha spostato altrove la quota di fondi PNNR destinati alla Gigafactory, pur mantenendo aperte future assegnazioni di denaro quando sarà presentato (già, ma quando?) il piano industriale per Termoli. Cosa sarà dei duemila lavoratori che ancora resistono, da anni vessati con lavoro a singhiozzo, cassa integrazione, incertezza lacerante? E cosa resterà al territorio di questa parte così importante della sua storia, che si sta spegnendo nell’indifferenza generale?
Che si condivida o no la scelta di allora, la FIAT è stata per decenni traino economico del Basso Molise; e rattrista anche me, che non vedevo e non vedo nell’industria di un certo tipo la base di un duraturo progresso per questa terra, notare la sostanziale apatia e il non coinvolgimento della popolazione in questa brutta vicenda: il 12 giugno i cittadini non erano in piazza. E non c’erano nemmeno tanti operai.
Eppure si prospetta una vera e propria macelleria sociale, se si dovesse arrivare ad una chiusura; e verrebbe cancellata buona parte della storia produttiva di questa zona. Ancora una volta la non reattività di chi abita il Basso Molise appare grave e incomprensibile: non ci si ferma un attimo a pensare che l’ex FIAT non riguarda solo chi ci lavora, ma è parte integrante dell’identità locale, economica e sociale, e una sua eventuale cancellazione avrà un impatto determinante sul presente e sul futuro del nostro territorio.
Certo, dobbiamo anche prendere atto della sostanziale incapacità del governo nazionale e regionale ad affrontare con decisione il problema, esigendo a muso duro la certezza del mantenimento dei posti di lavoro: un atteggiamento più intransigente è del resto giustificato dai tanti soldi pubblici elargiti dallo Stato alla FIAT nel corso degli anni.
Tornando alla situazione strettamente locale, questo, che è sicuramente un fallimento annunciato e già forse accettato con superficialità, va ad aggiungersi alla lunga lista delle attività industriali lasciate morire per l’insipienza (o peggio) della politica locale, come lo Zuccherificio del Molise e tante altre, e per la cronica incapacità programmatica dei nostri decisori, unita all’indifferenza verso l’interesse dei cittadini e la custodia dei beni comuni.
Voglio ancora credere che non finirà tutto male, che i lavoratori non si troveranno privi dei mezzi per vivere; ma la cronaca industriale d’Italia, specie negli ultimi anni, è costellata da tragedie umane causate dall’arroganza dei padroni, che chiudono dall’oggi al domani aziende in attivo, e trasferiscono altrove la produzione per risparmiare soldi e avere meno controlli.
Allora bisogna avere il coraggio di fare resistenza attiva come gli eroici dipendenti della GKN, e contemporaneamente quello di affermare che occorre l’intervento diretto dello Stato, anche a livello di proprietà, garantendo così il potere di partecipare alle decisioni industriali, per salvaguardare gli impianti su cui si regge la vita di decine di migliaia di famiglie e sottrarle alla logica spietata del guadagno ad ogni costo.
Costo umano e ambientale. Né l’uno né l’altro sono più accettabili o sostenibili.☺
