Articolo 9 – La Repubblica promuove lo sviluppo e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
La storia
Questo articolo fu approvato dopo un’animata discussione. Al centro del dibattito vi era la questione se la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico spettasse allo Stato oppure alle Regioni. Una buona parte dei costituenti era favorevole alla prima ipotesi poiché “l’eccezionale patrimonio artistico italiano” costituiva un tesoro nazionale. Alla fine, l’Assemblea decise di sostituire nel testo Repubblica a Stato poiché il primo termine comprendeva “tanto lo Stato quanto le Regioni”. Tuttavia, la questione fu nuovamente esaminata durante il dibattimento dell’art. 117 e, in quella sede, prevalsero le ragioni di quanti volevano affidare la tutela del patrimonio paesaggistico e storico-artistico allo Stato.
Commento
Il primo comma dell’art. 9 garantisce la piena libertà nella divulgazione della cultura e nello svolgimento delle attività di ricerca. Il secondo comma è molto importante perché è riferito ad un concetto – quello di paesaggio – che ha assunto sempre maggiore importanza. I costituenti, infatti, avevano una concezione statica del paesaggio, inteso come panorama (ovvero un insieme di bellezze naturali e di oggetti aventi un significativo valore estetico e/o culturale). Oggi, invece, prevale una concezione dinamica per cui con paesaggio si intende l’ambiente naturale così come viene modificato dall’uomo.
Questo cambiamento di sensibilità ha fatto diventare l’art. 9 il fondamento giuridico della legislazione di tutela ambientale. Nel corso degli anni Ottanta, infatti, la Corte Costituzionale si è espressa a favore di un’interpretazione estensiva del termine paesaggio, permettendo, così, sia di qualificare l’ambiente come valore costituzionale sia di affermare che la protezione dell’ambiente non deve perseguire finalità astratte, ma deve esprimere “l’esigenza di un habitat naturale nel quale l’uomo vive e agisce e che è necessario alla collettività e, per essa, ai cittadini”. A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, quindi, è stata sviluppata una legislazione ambientale che poggia sulla categoria di danno ambientale, inteso come “qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima”.
L’articolo nove, unito al 1° comma dell’art.33 che recita: “L’arte e la cultura sono libere e libero ne é l’insegnamento”, costituiscono la base della costituzione culturale, così come esiste una costituzione politica e una costituzione economica, ciascuna delle quali contribuisce, per la sua parte, alla costruzione della tri-funzionalità su cui si regge la società. Chiaramente parliamo qui di cultura come fatto sociale che rimanda allo stare insieme, al formare società.
Cultura, coltura e culto, hanno la stessa radice derivata dal verbo latino colere (coltivare). Come si riconosce l’arte di custodire e governare con intelligenza la terra e tutto l’ambiente naturale per trarne il cibo necessario alla vita dell’uomo (agri-coltura), senza manomettere l’habitat da renderlo inospitale, così si costituisce un ambiente di relazioni che consente e accompagna la vita delle persone all’interno delle comunità. I piccoli numeri di persone che hanno rapporti tra di loro basati su concrete esperienze vitali comuni possono stare insieme anche senza una cultura originaria comune (sempre maggiori sono le famiglie i cui componenti sono portatori di culture diverse). A tenerli insieme e a fare unità possono bastare sentimenti, affetti e interessi.
Ma come può accadere che ci si senta parte di un’unità di vita più vasta quando non vi sono legami concreti, addirittura quando non ci si é mai incontrati e forse mai ci si incontrerà? Riconoscersi senza conoscersi é condizione d’esistenza di ogni società fatta di grandi numeri. La società, infatti, non è la semplice somma di molti rapporti bilaterali concreti di persone che si conoscono reciprocamente. È un insieme di rapporti astratti tra persone che si ri-conoscono parte di un’unica cerchia umana, senza che gli uni sappiano chi siano gli altri. Questo qualcosa di comune é un terzo che sta al di sopra di ognuno e di ogni altro. Tutti e ciascuno si riconoscono in qualcosa che li sovrasta ma li anima, e, da questo riconoscimento, discende il senso di appartenenza che va al di là della semplice vita biologica individuale e dei rapporti solo intersoggettivi.
Quando parliamo di fraternità (tradizione cristiana, e illuminista -che le conferisce uno spessore politico) o di solidarietà (tradizione cristiana e socialista) – concetti fondamentali delle costituzioni moderne – implicitamente ci richiamiamo a qualcosa che sta più su dei singoli fratelli o amici, in quanto si converge verso un unico riferimento: un valore, una visione della vita, una fede, una dedizione, una missione e quindi, la sottomissione ad un unico comune destino. Nelle società antiche religiose il terzo era il Dio venerato. A lui si rivolgeva il culto, in liturgie comuni e simultanee che unificavano uomini e donne, disparati e distanti. La fedeltà a Dio era garanzia di unità del popolo (come nell’antico Israele) dovunque fosse disperso sulla terra. Le religioni tutte, ricchissime di segni e simboli, con essi caratterizzano luoghi, edifici, corpi, a volte perfino l’abbigliamento, rimandano alla relazione ad un terzo oltre il noi. Il legame con lui ne genera uno effettivo tra gli esseri umani che condividono la stessa fede.
Accantonato il legame con Dio, come principio fondativo, le costituzioni laiche, in senso profondo e sostanziale, rappresentano l’organizzazione equilibrata di questa triade: economia per assicurare i beni necessari alla vita; politica, per assicurare governo ordinato della vita nella sicurezza e pace; cultura per creare senso di appartenenza comune. Nella sfera economica troviamo divisioni e rivalità per acquisire proprietà; nella sfera politica ugualmente, per acquisire potere. Economia e politica producono conflitti e disgregazioni.
Tutte le società sono destinate a fallire se non sono tenute insieme da una forza indipendente dalle due precedenti, proprio quella di natura culturale. In ogni tempo la funzione culturale, per principio, non é stata riservata ad una classe definita per nascita o ad una classe sociale; conformemente alla vocazione d’insieme, era aperta a tutti, perché parlava a tutti, al di sopra di ogni divisione ed era anima di tutti, partecipata da tutti. ☺
Articolo 9 – La Repubblica promuove lo sviluppo e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
La storia
Questo articolo fu approvato dopo un’animata discussione. Al centro del dibattito vi era la questione se la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico spettasse allo Stato oppure alle Regioni. Una buona parte dei costituenti era favorevole alla prima ipotesi poiché “l’eccezionale patrimonio artistico italiano” costituiva un tesoro nazionale. Alla fine, l’Assemblea decise di sostituire nel testo Repubblica a Stato poiché il primo termine comprendeva “tanto lo Stato quanto le Regioni”. Tuttavia, la questione fu nuovamente esaminata durante il dibattimento dell’art. 117 e, in quella sede, prevalsero le ragioni di quanti volevano affidare la tutela del patrimonio paesaggistico e storico-artistico allo Stato.
Commento
Il primo comma dell’art. 9 garantisce la piena libertà nella divulgazione della cultura e nello svolgimento delle attività di ricerca. Il secondo comma è molto importante perché è riferito ad un concetto – quello di paesaggio – che ha assunto sempre maggiore importanza. I costituenti, infatti, avevano una concezione statica del paesaggio, inteso come panorama (ovvero un insieme di bellezze naturali e di oggetti aventi un significativo valore estetico e/o culturale). Oggi, invece, prevale una concezione dinamica per cui con paesaggio si intende l’ambiente naturale così come viene modificato dall’uomo.
Questo cambiamento di sensibilità ha fatto diventare l’art. 9 il fondamento giuridico della legislazione di tutela ambientale. Nel corso degli anni Ottanta, infatti, la Corte Costituzionale si è espressa a favore di un’interpretazione estensiva del termine paesaggio, permettendo, così, sia di qualificare l’ambiente come valore costituzionale sia di affermare che la protezione dell’ambiente non deve perseguire finalità astratte, ma deve esprimere “l’esigenza di un habitat naturale nel quale l’uomo vive e agisce e che è necessario alla collettività e, per essa, ai cittadini”. A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, quindi, è stata sviluppata una legislazione ambientale che poggia sulla categoria di danno ambientale, inteso come “qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima”.
L’articolo nove, unito al 1° comma dell’art.33 che recita: “L’arte e la cultura sono libere e libero ne é l’insegnamento”, costituiscono la base della costituzione culturale, così come esiste una costituzione politica e una costituzione economica, ciascuna delle quali contribuisce, per la sua parte, alla costruzione della tri-funzionalità su cui si regge la società. Chiaramente parliamo qui di cultura come fatto sociale che rimanda allo stare insieme, al formare società.
Cultura, coltura e culto, hanno la stessa radice derivata dal verbo latino colere (coltivare). Come si riconosce l’arte di custodire e governare con intelligenza la terra e tutto l’ambiente naturale per trarne il cibo necessario alla vita dell’uomo (agri-coltura), senza manomettere l’habitat da renderlo inospitale, così si costituisce un ambiente di relazioni che consente e accompagna la vita delle persone all’interno delle comunità. I piccoli numeri di persone che hanno rapporti tra di loro basati su concrete esperienze vitali comuni possono stare insieme anche senza una cultura originaria comune (sempre maggiori sono le famiglie i cui componenti sono portatori di culture diverse). A tenerli insieme e a fare unità possono bastare sentimenti, affetti e interessi.
Ma come può accadere che ci si senta parte di un’unità di vita più vasta quando non vi sono legami concreti, addirittura quando non ci si é mai incontrati e forse mai ci si incontrerà? Riconoscersi senza conoscersi é condizione d’esistenza di ogni società fatta di grandi numeri. La società, infatti, non è la semplice somma di molti rapporti bilaterali concreti di persone che si conoscono reciprocamente. È un insieme di rapporti astratti tra persone che si ri-conoscono parte di un’unica cerchia umana, senza che gli uni sappiano chi siano gli altri. Questo qualcosa di comune é un terzo che sta al di sopra di ognuno e di ogni altro. Tutti e ciascuno si riconoscono in qualcosa che li sovrasta ma li anima, e, da questo riconoscimento, discende il senso di appartenenza che va al di là della semplice vita biologica individuale e dei rapporti solo intersoggettivi.
Quando parliamo di fraternità (tradizione cristiana, e illuminista -che le conferisce uno spessore politico) o di solidarietà (tradizione cristiana e socialista) – concetti fondamentali delle costituzioni moderne – implicitamente ci richiamiamo a qualcosa che sta più su dei singoli fratelli o amici, in quanto si converge verso un unico riferimento: un valore, una visione della vita, una fede, una dedizione, una missione e quindi, la sottomissione ad un unico comune destino. Nelle società antiche religiose il terzo era il Dio venerato. A lui si rivolgeva il culto, in liturgie comuni e simultanee che unificavano uomini e donne, disparati e distanti. La fedeltà a Dio era garanzia di unità del popolo (come nell’antico Israele) dovunque fosse disperso sulla terra. Le religioni tutte, ricchissime di segni e simboli, con essi caratterizzano luoghi, edifici, corpi, a volte perfino l’abbigliamento, rimandano alla relazione ad un terzo oltre il noi. Il legame con lui ne genera uno effettivo tra gli esseri umani che condividono la stessa fede.
Accantonato il legame con Dio, come principio fondativo, le costituzioni laiche, in senso profondo e sostanziale, rappresentano l’organizzazione equilibrata di questa triade: economia per assicurare i beni necessari alla vita; politica, per assicurare governo ordinato della vita nella sicurezza e pace; cultura per creare senso di appartenenza comune. Nella sfera economica troviamo divisioni e rivalità per acquisire proprietà; nella sfera politica ugualmente, per acquisire potere. Economia e politica producono conflitti e disgregazioni.
Tutte le società sono destinate a fallire se non sono tenute insieme da una forza indipendente dalle due precedenti, proprio quella di natura culturale. In ogni tempo la funzione culturale, per principio, non é stata riservata ad una classe definita per nascita o ad una classe sociale; conformemente alla vocazione d’insieme, era aperta a tutti, perché parlava a tutti, al di sopra di ogni divisione ed era anima di tutti, partecipata da tutti. ☺
Articolo 9 - La Repubblica promuove lo sviluppo e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Articolo 9 – La Repubblica promuove lo sviluppo e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
La storia
Questo articolo fu approvato dopo un’animata discussione. Al centro del dibattito vi era la questione se la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico spettasse allo Stato oppure alle Regioni. Una buona parte dei costituenti era favorevole alla prima ipotesi poiché “l’eccezionale patrimonio artistico italiano” costituiva un tesoro nazionale. Alla fine, l’Assemblea decise di sostituire nel testo Repubblica a Stato poiché il primo termine comprendeva “tanto lo Stato quanto le Regioni”. Tuttavia, la questione fu nuovamente esaminata durante il dibattimento dell’art. 117 e, in quella sede, prevalsero le ragioni di quanti volevano affidare la tutela del patrimonio paesaggistico e storico-artistico allo Stato.
Commento
Il primo comma dell’art. 9 garantisce la piena libertà nella divulgazione della cultura e nello svolgimento delle attività di ricerca. Il secondo comma è molto importante perché è riferito ad un concetto – quello di paesaggio – che ha assunto sempre maggiore importanza. I costituenti, infatti, avevano una concezione statica del paesaggio, inteso come panorama (ovvero un insieme di bellezze naturali e di oggetti aventi un significativo valore estetico e/o culturale). Oggi, invece, prevale una concezione dinamica per cui con paesaggio si intende l’ambiente naturale così come viene modificato dall’uomo.
Questo cambiamento di sensibilità ha fatto diventare l’art. 9 il fondamento giuridico della legislazione di tutela ambientale. Nel corso degli anni Ottanta, infatti, la Corte Costituzionale si è espressa a favore di un’interpretazione estensiva del termine paesaggio, permettendo, così, sia di qualificare l’ambiente come valore costituzionale sia di affermare che la protezione dell’ambiente non deve perseguire finalità astratte, ma deve esprimere “l’esigenza di un habitat naturale nel quale l’uomo vive e agisce e che è necessario alla collettività e, per essa, ai cittadini”. A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, quindi, è stata sviluppata una legislazione ambientale che poggia sulla categoria di danno ambientale, inteso come “qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima”.
L’articolo nove, unito al 1° comma dell’art.33 che recita: “L’arte e la cultura sono libere e libero ne é l’insegnamento”, costituiscono la base della costituzione culturale, così come esiste una costituzione politica e una costituzione economica, ciascuna delle quali contribuisce, per la sua parte, alla costruzione della tri-funzionalità su cui si regge la società. Chiaramente parliamo qui di cultura come fatto sociale che rimanda allo stare insieme, al formare società.
Cultura, coltura e culto, hanno la stessa radice derivata dal verbo latino colere (coltivare). Come si riconosce l’arte di custodire e governare con intelligenza la terra e tutto l’ambiente naturale per trarne il cibo necessario alla vita dell’uomo (agri-coltura), senza manomettere l’habitat da renderlo inospitale, così si costituisce un ambiente di relazioni che consente e accompagna la vita delle persone all’interno delle comunità. I piccoli numeri di persone che hanno rapporti tra di loro basati su concrete esperienze vitali comuni possono stare insieme anche senza una cultura originaria comune (sempre maggiori sono le famiglie i cui componenti sono portatori di culture diverse). A tenerli insieme e a fare unità possono bastare sentimenti, affetti e interessi.
Ma come può accadere che ci si senta parte di un’unità di vita più vasta quando non vi sono legami concreti, addirittura quando non ci si é mai incontrati e forse mai ci si incontrerà? Riconoscersi senza conoscersi é condizione d’esistenza di ogni società fatta di grandi numeri. La società, infatti, non è la semplice somma di molti rapporti bilaterali concreti di persone che si conoscono reciprocamente. È un insieme di rapporti astratti tra persone che si ri-conoscono parte di un’unica cerchia umana, senza che gli uni sappiano chi siano gli altri. Questo qualcosa di comune é un terzo che sta al di sopra di ognuno e di ogni altro. Tutti e ciascuno si riconoscono in qualcosa che li sovrasta ma li anima, e, da questo riconoscimento, discende il senso di appartenenza che va al di là della semplice vita biologica individuale e dei rapporti solo intersoggettivi.
Quando parliamo di fraternità (tradizione cristiana, e illuminista -che le conferisce uno spessore politico) o di solidarietà (tradizione cristiana e socialista) – concetti fondamentali delle costituzioni moderne – implicitamente ci richiamiamo a qualcosa che sta più su dei singoli fratelli o amici, in quanto si converge verso un unico riferimento: un valore, una visione della vita, una fede, una dedizione, una missione e quindi, la sottomissione ad un unico comune destino. Nelle società antiche religiose il terzo era il Dio venerato. A lui si rivolgeva il culto, in liturgie comuni e simultanee che unificavano uomini e donne, disparati e distanti. La fedeltà a Dio era garanzia di unità del popolo (come nell’antico Israele) dovunque fosse disperso sulla terra. Le religioni tutte, ricchissime di segni e simboli, con essi caratterizzano luoghi, edifici, corpi, a volte perfino l’abbigliamento, rimandano alla relazione ad un terzo oltre il noi. Il legame con lui ne genera uno effettivo tra gli esseri umani che condividono la stessa fede.
Accantonato il legame con Dio, come principio fondativo, le costituzioni laiche, in senso profondo e sostanziale, rappresentano l’organizzazione equilibrata di questa triade: economia per assicurare i beni necessari alla vita; politica, per assicurare governo ordinato della vita nella sicurezza e pace; cultura per creare senso di appartenenza comune. Nella sfera economica troviamo divisioni e rivalità per acquisire proprietà; nella sfera politica ugualmente, per acquisire potere. Economia e politica producono conflitti e disgregazioni.
Tutte le società sono destinate a fallire se non sono tenute insieme da una forza indipendente dalle due precedenti, proprio quella di natura culturale. In ogni tempo la funzione culturale, per principio, non é stata riservata ad una classe definita per nascita o ad una classe sociale; conformemente alla vocazione d’insieme, era aperta a tutti, perché parlava a tutti, al di sopra di ogni divisione ed era anima di tutti, partecipata da tutti. ☺
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