Frammenti di stoltezza
13 Luglio 2020
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Frammenti di stoltezza

“Ti prego non riesco a respirare”. Queste sono le ultime parole di George Floyd, l’afroamericano di 46 anni ucciso lo scorso 25 maggio a Minneapolis da un agente di polizia che lo ha bloccato, faccia a terra e disarmato, premendogli il ginocchio sul collo con tutto il suo peso. Dopo quasi nove minuti, George ha smesso di supplicare e ha chiuso gli occhi. La sua morte è stata dichiarata poco dopo. Le immagini del tragico evento, diffuse e condivise da tutti i media americani e internazionali, mostrano chiaramente come si sia trattato dell’ennesimo abuso di potere da parte della polizia nei confronti di un cittadino di colore. Così per settimane, mentre nelle città statunitensi si susseguivano azioni di protesta con scontri violenti e sanguinosi, nel resto del mondo la perdita senza senso di una vita umana veniva ricordata con altrettanto numerosi cortei e flash mob. Tutto questo testimonia come profonde tensioni animino ancora oggi l’America (e, con essa, gran parte del mondo occidentale) e riporta alla mente i tanti casi di violenze razziste perpetrate dalle autorità statunitensi, ma che solo negli ultimi decenni hanno cominciato a essere documentati, creando un ampio dibattito pubblico e trovando eco perfino nel mondo dell’arte.

È per questo che appaiono in tutta la loro drammatica attualità le opere esposte in questi giorni, fino al prossimo 25 luglio, a Palazzo Strozzi a Firenze, nell’ambito della mostra American Art 1961-2001. Attraverso più di cento lavori provenienti dalle collezioni del Walker Art Center, proprio di Minneapolis, vengono ripercorsi quarant’anni di storia americana, dalla guerra in Vietnam fino all’attacco alle Torri gemelle. Viene inoltre dato “ampio spazio”, come ha spiegato il direttore della mostra, “ai temi della diversità e della lotta per i diritti: valori fondanti e, allo stesso tempo, profondamente contraddittori nella costruzione dell’identità culturale americana”. Fra le opere spiccano le celebri stampe dell’artista afroamericano James Marshall, che hanno per soggetto slogan storici del movimento per i diritti civili degli anni Cinquanta e Sessanta: “Black is Beautiful”, “Black Power”, “We Shall Over- come”.

Ma mentre queste parole continuano a vibrare in una battaglia mai vinta né conclusa, ve ne sono altre che risuonano in tutta la loro ignoranza. Così, dopo aver ipotizzato di iniettare disinfettante nel corpo dei malati per sconfiggere il Covid, dopo aver flirtato con varie teorie complottiste per fare della Cina il capro espiatorio dell’emergenza sanitaria, non senza definire “un distintivo d’onore” per gli Stati Uniti il primato nel numero dei morti per Covid, Donald Trump ha sentenziato: “I leader guidano. I codardi si inginocchiano”. Il riferimento era a due foto, di cui una che lo ritrae mentre a passo sostenuto esce dalla Casa Bianca, l’altra che mostra il suo rivale Joe Biden con la mascherina e inginocchiato, nel gesto del movimento Black Lives Matter, simbolo della protesta di questi ultimi giorni. Un autentico frammento di stoltezza, la frasetta retorica di Trump, alla quale non si può che replicare con le stesse parole di Biden: “Non possiamo dargli altri quattro anni alla Casa Bianca”.☺

 

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