
Franca rame
Le preziose: con questo titolo apro articoli che parlano di donne di ieri, l’altro ieri, oggi che, come le preziose del settecento hanno agito o vissuto per lasciare il testimone alle altre.
Ho conosciuto Franca Rame in due occasioni teatrali, la prima al festival di teatro a Roma, l’altra in un convegno sul teatro delle donne a S. Arcangelo di Romagna, anno 1993. Parlava a voce bassa, con i suoi immancabili occhiali neri, la sciarpetta al collo. Concluse che per fare teatro bisognava sudare sulle assi del palcoscenico anni e anni. “ ‘recitare’ significa tradurre con gesti e parole la scrittura, convincere usando il minimo dei mezzi, sia vocali che gestuali, non strafare, evitare gli effetti facili e soprattutto comunicare. (…); accetto di essere classificata “attrice”, ma con l’aggiunta di qualche altra definizione. Nella compagnia in cui sono nata e cresciuta ho imparato tutto quello che può servire per fare questo mestiere, dal restaurare un costume a calare un fondale”.
Come tanti, spesso ho confuso la sua figura con quella di Dario Fo “ma la gran parte degli spettacoli che trattavano di questioni prettamente femminili è stata Franca ad averli scritti, elaborati e poi li ha recitati al completo spesso anche da sola”, dirà anche Dario Fo il giorno dei funerali della donna che ha amato per tutta la vita. “Franca è stato il mio pilastro. E adesso è il grande buco della mia vita. Anche nel sogno mi tormenta la sua assenza, il suo sparire”.
Scrive Benedetta Tobagi in un suo bel saggio “Facendo un calembour col suo nome, ho voluto intitolare questo mio lavoro dedicato a Franca Rame Zona Franca, perché essa è, essenzialmente, uno spazio politico libero, nel quale è possibile immaginare relazioni umane e sociali che si ridefiniscono dal basso, per opera di coloro che le mettono in atto, senza controlli da parte di qualunque potere: esattamente la concezione che Franca Rame ha sempre avuto sia del teatro sia dell’attività̀ politica. La “Zona Franca”, in questo senso, è anche uno spazio politico concepito al femminile, perché rinuncia al concetto (elaborato, nel corso dei secoli, al maschile) di potere, per sostituirlo con quello – elaborato dalla riflessione femminista – di autorità”.
Franca, come attrice, è stata spesso considerata una sorta di Dario Fo in versione minore, un’attrice dalla tecnica inferiore rispetto al marito, una teatrante che, senza il sodalizio con Dario, avrebbe fatto solo la soubrette, sfruttando la propria bellezza. In realtà, è proprio la Rame (che, come abbiamo detto, proviene da una famiglia di attori di lunga tradizione) a insegnare a Dario l’arte di recitare a soggetto e all’improvvisa. Ed è sempre Franca a far scoprire a Fo il patrimonio della Commedia dell’Arte. Inoltre, Franca ha una propria specifica arte attorica, diversa da quella di Dario. Fo ha una recitazione istrionica, carica, connotata da un uso ampio e marcato del corpo: una recitazione basata sull’“aggiungere”; la Rame, invece, ha una recitazione molto più contenuta, sobria, essenziale, fatta di movimenti generalmente più piccoli e di un uso del corpo in cui si privilegia lo strettamente necessario: una recitazione basata sul “togliere” (o “per sottrazione”).
“Per tutta la vita ho sperimentato quanto sia pesante la condizione della donna, se poi questa donna è pure ‘moglie’ è la fine. Non esisti, non ci sei. Per fortuna ho avuto anche persone che mi hanno frequentata, collaboratori, editori, visto il lavoro che portavo avanti, e hanno quindi sempre saputo quale fosse il mio ruolo, il mio peso, nella vita di un uomo di altissimo livello come Dario”.
Franca Pia Rame, questo è il suo nome per esteso, è nata a Villastanza, frazione di Parabiago, a Milano, il 18 luglio 1929. Sin dalla tenera età, ha respirato teatro: suo padre, Domenico Rame, la madre Emilia Baldini e suo fratello Enrico erano tutti attori. Non a caso, infatti, i genitori la utilizzavano come neonata nelle loro commedie. Il 24 giugno 1954 sposò l’attore Dario Fo. Con Fo, nel ’58, fondò la Compagnia omonima ‘Dario Fo-Franca Rame’ che li consacrò a livello teatrale in tutta Italia e anche nel mondo. Dagli anni Sessanta, Franca Rame, con Dario Fo, si espone politicamente con un teatro militante, dal 1962 sono banditi dalla RAI per 15 anni per aver osato parlare di morti sul lavoro e di mafia a Canzonissima. Poi l’esperienza della Comune, lo smascheramento delle menzogne di Stato sulla morte di Pinelli in Morte accidentale di un anarchico, la creazione del Soccorso rosso a sostegno delle persone arrestate per reati a sfondo politico. Franca, per di più, è una donna libera e bellezza prorompente che in scena smaschera e sbeffeggia il moralismo cattolico e borghese. Per tutto questo deve essere punita: il 9 marzo 1973, una banda di neofascisti la trascina in un furgoncino, la picchia, la stupra e la tortura con rasoi e bruciature di sigaretta.
“Avrebbe dovuto servire a toglierci la voglia di continuare a fare politica, specie col teatro”, racconta poi. Invece accade proprio il contrario. “Avevo capito che ‘loro’ mi avevano violentata soprattutto perché si sapesse”, spiega, “era la grande punizione, lo sfregio”. Come negli stupri “politici” in tempo di guerra, si colpisce la donna per umiliare gli uomini legati a lei e soprattutto l’idea, o l’identità, che incarna.
Per privare gli aggressori di questo trofeo, Franca Rame non denuncia lo stupro, nemmeno lo racconta. Non riesce a parlarne nemmeno con le persone care, è distrutta, ci mette dei mesi a tornare in scena. Col tempo, comprende che solo scrivendo della violenza subita potrà liberarsene. Nel 1975, butta giù di getto quella che sarà la base del monologo Lo stupro. Lo fa leggere a Dario Fo: prima non era riuscita a raccontarlo nemmeno a lui, e, mentre lo guarda leggere, per la prima volta riesce a piangere. Porta in scena il testo solo nel 1979 quando, nel clima creato dalle battaglie femministe, capisce che può contribuire a una battaglia comune. Rinfrancata dal successo del monologo, dall’impatto dirompente che ha sulle spettatrici, tra cui molte che trovano attraverso lei la forza di rompere il silenzio sulle violenze subìte, contatta Claudia Mori: Adriano Celentano sta conducendo il varietà Fantastico, 15 milioni di spettatori in media, un successo tale che il Molleggiato ha carta bianca. Il 29 novembre 1987, nella prima serata di Rai1, Franca Rame, da sola, semisdraiata su una sedia, unico elemento della scenografia, porta in scena i suoi otto minuti di monologo [vedetelo su youtube]. L’impatto è dirompente. Per Franca Rame è il momento di raccontare la verità. Rivela che è la sua storia. È successo a lei. Nel frattempo, le rivelazioni di alcuni pentiti consentono di fare luce su quanto accaduto. A stuprarla sono stati neofascisti. Gli aggressori sono stati istigati da alcuni carabinieri della caserma “La Marmora”; il potente generale Giovanbattista Palumbo, affiliato P2, a violenza consumata aveva esclamato “Era ora!”.
Lo “stupro politico” di Franca Rame ci deve far pensare, oggi, dove molti dichiarano che il fascismo è finito. Le barzellette (perché sono tali), le bugie, gli occultamenti dei nostri politici che non si sono mai definiti antifascisti ci devono essere da monito. Franca ci avrebbe fatto uno spettacolo, uno dei suoi, di quelli che l’hanno resa una delle icone più radiose della forza vitale del teatro.