Guai ai poveri
18 Aprile 2023
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Guai ai poveri

In ogni parte del mondo ci sono gruppi sociali che vengono colpiti dalle malattie piú di altri, e sono sempre, in genere, i poveri, le persone con disabilità e le minoranze etniche. Inesorabilmente vi sono delle grandi e ingiustificate disuguaglianze a livello delle cure, dell’assistenza e del trattamento delle malattie. Tutto dipende dalla capacità delle politiche nazionali e mondiali di garantire un accesso equo a farmaci, assistenza, strutture sanitarie presenti sul territorio e disponibilità dei vaccini. I paesi svantaggiati dispongono di servizi sanitari più scadenti; il Covid ha messo in evidenza lo stato di abbandono in cui versano le strutture sanitarie pubbliche a livello mondiale. Nei paesi piú ricchi esistono grandissime divisioni tra servizi sanitari privati, per coloro che possono pagarsi un’assicurazione o le cure, e le strutture pubbliche. Secondo le Nazioni Unite, “i paesi sviluppati hanno 55 letti di ospedale, più di 30 medici e 81 infermieri ogni 10.000 persone. Per lo stesso numero di persone, in un paese meno sviluppato ci sono 7 letti, 2,5 medici e 6 infermieri. Persino i beni di prima necessità come il sapone e l’acqua non contaminata sono un lusso per troppe persone”.

Quando è stato disponibile il vaccino, si è posta la questione circa la priorità nell’accedervi: disuguaglianze da questo punto di vista si sono rapidamente manifestate in tutto il mondo. In Italia una “personalità politica” come Letizia Moratti ha affermato che bisognava vaccinare i lombardi per primi perché la Lombardia è il cuore economico dell’Italia. Le nazioni più povere non sono riuscite ad accedervi subito, mentre quelle più ricche si sono lanciate in una corsa sfrenata per accaparrarseli, con persone facoltose che hanno fatto ricorso a cliniche private. L’intera popolazione del pianeta ha dovuto subire restrizioni dei diritti a causa del Covid, ma chi aveva poche risorse in partenza ne ha avute ancora meno dopo una pandemia.

In questi ultimi tre anni le persone con reddito basso o nullo – disabili, bambini in condizioni di povertà, persone affette da piú malattie, coloro che non hanno accesso al digitale – hanno visto peggiorare le proprie condizioni di vita. Il mondo sta affrontando una “pandemia di violazioni dei diritti umani”, in cui un numero estremamente ristretto di persone gode di tutti i privilegi associati alla ricchezza e dispone quindi di ottime opportunità di condurre una “buona vita”. Un’enorme massa di persone resta invece esclusa dal benessere che invece sarebbe possibile avere con una più equa distribuzione dei soli beni essenziali. Gli studiosi sostengono che quello delle disuguaglianze è ormai divenuto uno dei problemi piú scottanti del pianeta: ecco alcuni dati concreti:

– Nel 2020, i 2.153 miliardari più ricchi del mondo avevano piú ricchezza dei 4,6 miliardi di persone che costituiscono il 60% della popolazione mondiale.

– L’1% più ricco guadagna piú del doppio del reddito della metà della popolazione mondiale.

– Nel 2015 il 10% della popolazione mondiale viveva in condizioni di estrema povertà (ossia con meno di 1,90 dollari al giorno).

– La metà dei 736 milioni di persone in condizioni di povertà estrema a livello globale vive in cinque paesi: India, Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Etiopia e Bangladesh.

– Tre miliardi di persone non hanno accesso all’assistenza sanitaria. La malnutrizione è la principale causa di problemi di salute e decessi nel mondo. A livello globale, una persona su nove soffre di fame o di malnutrizione. L’intero budget sanitario dell’Etiopia (105 milioni di abitanti) equivale ad appena l’1% del patrimonio dell’uomo piú ricco del mondo, il CEO di Amazon, Jeff Bezos.

– Le disuguaglianze variano notevolmente a seconda delle regioni del pianeta: le persone che guadagnano di più rappresentano il 37% del reddito nazionale in Europa, il 41% in Cina, il 46% in Russia, il 47% in Canada e negli Stati Uniti. I paesi scandinavi sono quelli che soffrono meno di disuguaglianze; all’estremo opposto troviamo invece il Sudafrica e gli stati arabi.

–  Inconfutabile, quindi, che miliardi di persone vivono oggi in una situazione di povertà assoluta o estrema, mentre pochissime persone godono di una ricchezza infinita. [Fonte:Thomas Piketty e colleghi del World Wealth and Income Database; Rich List (Forbes, Sunday Times)]

In Italia dobbiamo purtroppo registrare che, malgrado la pandemia, si continua a colpire uno dei cardini dello stato sociale: la sanità. La Corte dei Conti ha studiato gli effetti della scellerata spending review. Negli ultimi anni i governi di ogni colore politico, o tecnici, che si sono succeduti hanno scelto di tagliare quelle che ritenevano spese superflue. “Le politiche di contenimento della spesa sanitaria condotte attraverso i Piani di rientro regionali e aziendali”, scrivono i magistrati contabili, “sono state nel corso del decennio passato assai efficaci”.  La spesa sanitaria corrente nel periodo compreso tra il 2008 e il 2019 è aumentata soltanto del 6,6%, tre punti in meno dell’incremento del PIL (+9,7%). Gli esborsi per pagare infermieri, medici, farmaci e cure per i pazienti sono stati contenuti in modo estremamente drastico.

Il capitolo del documento della Corte dei Conti dedicato al confronto con gli altri grandi Paesi UE delinea i contorni di uno scenario assolutamente negativo. Nel 2020 la spesa sanitaria pubblica pro capite in Italia si è attestata a 2.851 dollari all’anno (2.630 euro), contro i 5.905 dollari assicurati a ogni cittadino tedesco, i 4.632 dollari dei francesi e i 4.158 dollari degli inglesi. Un abisso che si è  progressivamente allargato nel periodo 2008-2019 e che nemmeno durante la pandemia si è riusciti a colmare. Nel 2020, la spesa pro capite italiana è cresciuta dell’8,4% e l’anno dopo del 7,1%, molto meno che nel Regno Unito (+20,2%), meno che in Germania (+9,7%) e Spagna (+9,5%) e un po’ di più che in Francia (+5%). Tuttavia, le maggiori risorse stanziate dai governi per far fronte all’emergenza sono state insufficienti per recuperare oltre dieci anni di tagli. Tra il 2008 e il 2019, infatti, la spesa sanitaria pro capite è aumentata del 34,5% in Francia, del 40,1% nel Regno Unito, dell’81,4% in Germania e solo del 15,4% in Italia. Appare quindi evidente che il problema è strutturale.

Il Covid ha inciso su un sistema sanitario che già scontava una situazione di grandissimo sottofinanziamento, con liste d’ attesa infinite, cure non erogate e carenza cronica di risorse umane. La spesa sanitaria in rapporto al PIL, tra il 2008 e il 2019, in Italia si è ridotta, passando dal 6,6% al 6,4%, mentre Francia, Germania e Regno Unito l’hanno aumentata in media di quasi due punti, portandola, nel 2020, su valori pari o superiori al 10%. Nel 2021, il nostro Paese ha speso in sanità il 7,1% del PIL, una percentuale superiore soltanto alla Grecia (5,9%), mentre Madrid destinava il 7,8%, Londra il 9,9%, Parigi il 10,3% e Berlino addirittura il 10,9%.

I magistrati contabili – non persone rivoluzionarie! – ci dicono che la maggior crescita della spesa nei Paesi europei dipende da scelte politiche. Tutti i governi italiani hanno preferito destinare ad “altro”, negli ultimi mesi in particolare a spese militari e armamenti, le poche risorse a disposizione, tagliando, vergognosamente, la spesa sanitaria.☺

 

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