Guardare avanti
8 Settembre 2022
laFonteTV (3191 articles)
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Guardare avanti

Lo spettacolo che il Partito Democratico ha dato nel giorno della scelta della candidature non lascia ben sperare; più che un esercito che si prepara alla battaglia, è sembrato un gruppo di naufraghi alla ricerca del collegio sicuro e del posto in prima fila nei listini proporzionali. Personaggi autorevolissimi (si fa per dire) blindati nei collegi sicuri delle solite, ormai stanche regioni rosse o nel proporzionale di grandi centri urbani più che sicuri. Lo spettacolo è stato molto eloquente e poco edificante. Rimuoviamo que- sto scenario e proviamo a ragionare su tre questioni: cosa dire e fare nella campagna elettorale; come evitare di compromettere il futuro per i molti anni a venire; come attrezzarsi per le prossime elezioni regionali in Molise.

La lista democratici e progressisti e le altre liste apparentate, l’attuale centro-sinistra che va da Fratoianni a Letta passando per la Bonino, se pensano di presentarsi allo scontro elettorale come un’armata Brancaleone, senza avere nulla in comune, se non l’antifascismo, farebbe un grave errore. Questo vuoto progettuale e programmatico sarebbe stato comprensibile nel vago “campo largo” di Letta, ma oggi dopo aver perso prima i Cinque Stelle e poi Calenda, sarebbe una prova di debolezza incomprensibile. Se ne faccia una ragione l’orfano del duo Renzi – Calenda, il  presidente della regione Emilia Romagna Bonaccini, il quale evoca un riformismo che non ha né capo, né coda e quando prova a dargli un contenuto elenca gassificatori e termovalorizzatori a gogò, manca solo il nucleare e l’elogio della chimica di sintesi in agricoltura. Se Letta vuole avere una speranza nella difficile battaglia contro la destra, più che evocare il fantasma di Draghi, dovrebbe impegnarsi con i suoi alleati su pochi e chiari punti di programma. Si tratta di interpretare con rigore le due grandi questioni che sono al primo posto nella nostra epoca: declinare senza incertezze e opportunismo programmi e scelte coerenti di quella transizione ecologica che la destra intende trasformare in un foglio di carta igienica.

In secondo luogo, affrontare con determinazione quel problema che giorno dopo giorno ha acquisito una radicalità straordinaria, ovvero la povertà, la marginalità sociale e le grandi diseguaglianze dei nostri tempi. È questa la questione delle questioni che, esplosa nelle mani della sinistra, ha aperto le porte alla destra sovranista e populista. Salari e pensioni fermi da anni, precarizzazione pressoché totale del mercato del lavoro, delocalizzazione selvaggia delle aziende, moltiplicazioni dei guadagni del capitale finanziario, dilatazione delle diseguaglianze, svuotamento dei servizi e del welfare state. Cos’altro deve accadere, perché la sinistra ritrovi se stessa e rompa la sua subalternità ad un sistema che umilia i lavoratori, compromette diritti e produce marginalità e povertà?!

Se il centro-sinistra vuole avere qualche possibilità di cambiare il corso degli eventi elettorali deve presentarsi non come una forza conservatrice, come  “i moderati” che difendono le ragioni e la stabilità del sistema, ma come un soggetto rivoluzionario che guarda al futuro e che interpreta la crisi di questa nostra epoca affermando la necessità di un profondo e radicale cambiamento.

Questo ragionamento assorbe molto della seconda questione. Come evitare che la vicenda elettorale, la non improbabile sconfitta elettorale comprometta il futuro politico della sinistra e dei progressisti per un lungo periodo? È un interrogativo al quale va data una risposta oggi e non domani. La ragione squisitamente politica per la quale siamo in questa difficile situazione è la rottura del rapporto e della alleanza Pd – Cinque Stelle. Letta e tanti altri, per lo più “gufi”, hanno ripetuto sino alla nausea che la responsabilità di questa rottura va ricercata nell’ultimo “non voto” dei parlamentari grillini al governo Draghi. È una verità apparente ed illusoria. La realtà è che durante il governo Draghi nulla, ma proprio nulla si è fatto per rendere ai grillini sostenibile la loro presenza nell’esecutivo; nel governo si è lasciato che i Cinque Stelle fossero isolati e che i loro obiettivi programmatici venissero umiliati, sino alla infausta scissione di Di Maio che certo non è tutta farina del suo sacco. Siamo arrivati al paradosso, che ben testimonia la scarsa capacità o la cattiva fede del gruppo dirigente del PD. La rottura di Conte sulla fiducia al governo Draghi è avvenuta sul termovalorizzatore di Roma che ha un sindaco PD e che fu ministro autorevole del secondo governo Conte. Questi sono i fatti.

Le campagne elettorali sono il momento più difficile perché si abbia un clima unitario, ma se si vuole guardare al domani è bene che queste elezioni non diventino un campo di battaglia fra Partito Democratico e Cinque Stelle, che si trovi un filo comune sui programmi e che la destra resti il vero nemico.

Sulle elezioni regionali molisane torneremo dopo le politiche. Per ora poche parole ma chiare. La fonte ha dato molto, nel corso di tanti e lunghi anni, perché si arrivasse alla possibilità di un’alternativa a quel sistema di potere trasversale amicale, familistico, partitocratico che per decenni ha ‘sgovernato’ la nostra regione. Abbiamo dato un contributo importante nei mesi recenti, perché si potesse arrivare alla possibilità di un movimento civico “autonomo”, non trasformista, non inquinato da interessi particolari che fa della “discontinuità” politica nella scelta di programmi, di donne ed uomini la sua missione. Da qui non ci muoviamo, né ci muoveremo. Hic manebimus optime!☺

 

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