Se diamo uno sguardo al calendario non possiamo avere dubbi. Mezzo secolo è passato dalla nascita della Regione Molise e siamo sulla linea di partenza di quella che potrebbe essere la seconda metà del suo primo secolo di vita. È bene, però, precisare subito che sul futuro dell’autonomia del Molise pende una ponderosa spada di Damocle. La separazione dall’Abruzzo, sancita con legge costituzionale del 27 dicembre 1963, ha alimentato speranze diffuse e concreti processi positivi per i nostri concittadini ma, al traguardo dei 50 anni di autonomia, i molisani arrivano delusi e smarriti.
La crisi economica e sociale toglie il respiro ed offusca l’orizzonte e sono in molti a non sapere più se l’autonomia amministrativa del Molise possa essere uno strumento da utilizzare per il superamento delle attuali difficoltà o se, al contrario, sia essa stessa una della cause dell’attuale drammatica situazione. D’altro canto, la collettività nazionale, che ha a lungo ostentato una conoscenza approssimativa della nostra regione, comincia ad attribuirci primati non invidiabili di cattiva politica e cattiva amministrazione e non soffrirà molto se la Regione Molise dovesse sparire.
Con queste premesse può risultare saggia la proposta, che viene fatta da più parti, di riunificare Abruzzo e Molise o, in alternativa, di entrare a far parte di una macroregione che includa anche le Marche. Se l’operazione potesse, di per sé, innalzare la qualità della nostra politica e della nostra amministrazione e ridare slancio alla nostra economia, non esiterei a sostenere una di queste proposte. Aggiungo che, se non cambieremo rotta, una delle due soluzioni ci sarà comunque imposta, con giusta ragione. Ma il cambiamento di rotta non può essere attivato senza una corretta analisi dei principali mali che ci affliggono e dai quali dobbiamo guarire, sia nell’ipotesi di conservare l’autonomia sia nell’eventualità di perderla.
Innanzitutto, nell’implementazione di un’analisi che qui possiamo soltanto abbozzare, non dobbiamo pensare che questi mali siano solo nostri né che essi siano conseguenza dell’attuale crisi. Al contrario è bene specificare che essi son da considerare endemici e che hanno il potere di amplificare la portata di tutte le crisi, passate, presenti e future. I mali in questione sono di carattere valoriale e sono riferibili sopratutto alla sistematica violazione delle regole democratiche, dei diritti umani, della legalità, dell’etica pubblica e della responsabilità. Queste violazioni si manifestano, tra l’altro, attraverso fenomeni come l’evasione fiscale, la corruzione e le attività malavitose. Per evitare di attribuirci, in questo dannato campo, un’esclusiva che non ci spetta, sarà bene ricordare che dai rilevamenti e dagli studi fatti da Transparency International risulta evidente che in materia di corruzione i paesi del nord Europa sono tra i più virtuosi mentre quelli dell’area mediterranea risultano essere i peggiori.
Il Molise è dunque inserito in un contesto in cui i valori sono negletti, perciò, se vuole collegarsi all’Europa più virtuosa, non basta che si unisca all’Abruzzo e alle Marche, è necessario, invece, che intraprenda una via molto più difficile e lunga. Deve darsi una strategia capace di influenzare positivamente e sinergicamente la cultura, la politica, la pubblica amministrazione e l’economia. In quest’ottica la ridotta dimensione geografica e demografica può cessare di essere uno svantaggio per diventare un punto di forza e l’autonomia regionale può essere agita come prezioso strumento di innovazione politica, istituzionale ed economica con l’ambizione di dar vita ad esperienze esemplari a livello nazionale ed europeo.
Il piccolo Molise, con la sua plurisecolare eredità cattolica e laica, fecondata dalle elaborazioni e dalla passione civile dei protagonisti della rivoluzione napoletana del 1799, con i suoi beni culturali ed ambientali, può staccare il suo biglietto per il futuro puntando su tre scelte innovative: la buona politica, la buona amministrazione e la clean economy. Le prove fin qui date dai rappresentanti politici ed istituzionali regionali, in fatto di buona politica e di buona amministrazione, sono tutt’altro che esaltanti. Vogliamo sperare che le scelte sbagliate vengano corrette e che l’impegno manifestato in prima persona dal presidente Frattura in favore di una “economia pulita” molisana abbia un seguito concreto.
Nonostante la crisi, ci sono imprenditori pronti ad investire, strumenti normativi e finanziari nazionali da attivare e i fondi strutturali 2014/2020 da programmare. Una nuova partenza è possibile, ma non facile da attivare, perché la credibilità di tutte le classi dirigenti, in Molise come in Italia, è a livelli minimi ed esse non possono oggettivamente reggere il peso della progettazione e dell’attuazione di un cambiamento profondo come quello richiesto. Serve un supplemento di generosità e di intelligenza per consentire al Molise di fare uno scatto in avanti e nella giusta direzione e questa riserva di energia può essere messa in campo solo attraverso un impegno corale e democratico, basato sulla consapevolezza di non poter più contare su inesistenti salvatori della patria e sulle loro ricette miracolistiche.☺
Se diamo uno sguardo al calendario non possiamo avere dubbi. Mezzo secolo è passato dalla nascita della Regione Molise e siamo sulla linea di partenza di quella che potrebbe essere la seconda metà del suo primo secolo di vita. È bene, però, precisare subito che sul futuro dell’autonomia del Molise pende una ponderosa spada di Damocle. La separazione dall’Abruzzo, sancita con legge costituzionale del 27 dicembre 1963, ha alimentato speranze diffuse e concreti processi positivi per i nostri concittadini ma, al traguardo dei 50 anni di autonomia, i molisani arrivano delusi e smarriti.
La crisi economica e sociale toglie il respiro ed offusca l’orizzonte e sono in molti a non sapere più se l’autonomia amministrativa del Molise possa essere uno strumento da utilizzare per il superamento delle attuali difficoltà o se, al contrario, sia essa stessa una della cause dell’attuale drammatica situazione. D’altro canto, la collettività nazionale, che ha a lungo ostentato una conoscenza approssimativa della nostra regione, comincia ad attribuirci primati non invidiabili di cattiva politica e cattiva amministrazione e non soffrirà molto se la Regione Molise dovesse sparire.
Con queste premesse può risultare saggia la proposta, che viene fatta da più parti, di riunificare Abruzzo e Molise o, in alternativa, di entrare a far parte di una macroregione che includa anche le Marche. Se l’operazione potesse, di per sé, innalzare la qualità della nostra politica e della nostra amministrazione e ridare slancio alla nostra economia, non esiterei a sostenere una di queste proposte. Aggiungo che, se non cambieremo rotta, una delle due soluzioni ci sarà comunque imposta, con giusta ragione. Ma il cambiamento di rotta non può essere attivato senza una corretta analisi dei principali mali che ci affliggono e dai quali dobbiamo guarire, sia nell’ipotesi di conservare l’autonomia sia nell’eventualità di perderla.
Innanzitutto, nell’implementazione di un’analisi che qui possiamo soltanto abbozzare, non dobbiamo pensare che questi mali siano solo nostri né che essi siano conseguenza dell’attuale crisi. Al contrario è bene specificare che essi son da considerare endemici e che hanno il potere di amplificare la portata di tutte le crisi, passate, presenti e future. I mali in questione sono di carattere valoriale e sono riferibili sopratutto alla sistematica violazione delle regole democratiche, dei diritti umani, della legalità, dell’etica pubblica e della responsabilità. Queste violazioni si manifestano, tra l’altro, attraverso fenomeni come l’evasione fiscale, la corruzione e le attività malavitose. Per evitare di attribuirci, in questo dannato campo, un’esclusiva che non ci spetta, sarà bene ricordare che dai rilevamenti e dagli studi fatti da Transparency International risulta evidente che in materia di corruzione i paesi del nord Europa sono tra i più virtuosi mentre quelli dell’area mediterranea risultano essere i peggiori.
Il Molise è dunque inserito in un contesto in cui i valori sono negletti, perciò, se vuole collegarsi all’Europa più virtuosa, non basta che si unisca all’Abruzzo e alle Marche, è necessario, invece, che intraprenda una via molto più difficile e lunga. Deve darsi una strategia capace di influenzare positivamente e sinergicamente la cultura, la politica, la pubblica amministrazione e l’economia. In quest’ottica la ridotta dimensione geografica e demografica può cessare di essere uno svantaggio per diventare un punto di forza e l’autonomia regionale può essere agita come prezioso strumento di innovazione politica, istituzionale ed economica con l’ambizione di dar vita ad esperienze esemplari a livello nazionale ed europeo.
Il piccolo Molise, con la sua plurisecolare eredità cattolica e laica, fecondata dalle elaborazioni e dalla passione civile dei protagonisti della rivoluzione napoletana del 1799, con i suoi beni culturali ed ambientali, può staccare il suo biglietto per il futuro puntando su tre scelte innovative: la buona politica, la buona amministrazione e la clean economy. Le prove fin qui date dai rappresentanti politici ed istituzionali regionali, in fatto di buona politica e di buona amministrazione, sono tutt’altro che esaltanti. Vogliamo sperare che le scelte sbagliate vengano corrette e che l’impegno manifestato in prima persona dal presidente Frattura in favore di una “economia pulita” molisana abbia un seguito concreto.
Nonostante la crisi, ci sono imprenditori pronti ad investire, strumenti normativi e finanziari nazionali da attivare e i fondi strutturali 2014/2020 da programmare. Una nuova partenza è possibile, ma non facile da attivare, perché la credibilità di tutte le classi dirigenti, in Molise come in Italia, è a livelli minimi ed esse non possono oggettivamente reggere il peso della progettazione e dell’attuazione di un cambiamento profondo come quello richiesto. Serve un supplemento di generosità e di intelligenza per consentire al Molise di fare uno scatto in avanti e nella giusta direzione e questa riserva di energia può essere messa in campo solo attraverso un impegno corale e democratico, basato sulla consapevolezza di non poter più contare su inesistenti salvatori della patria e sulle loro ricette miracolistiche.☺
Se diamo uno sguardo al calendario non possiamo avere dubbi. Mezzo secolo è passato dalla nascita della Regione Molise e siamo sulla linea di partenza di quella che potrebbe essere la seconda metà del suo primo secolo di vita.
Se diamo uno sguardo al calendario non possiamo avere dubbi. Mezzo secolo è passato dalla nascita della Regione Molise e siamo sulla linea di partenza di quella che potrebbe essere la seconda metà del suo primo secolo di vita. È bene, però, precisare subito che sul futuro dell’autonomia del Molise pende una ponderosa spada di Damocle. La separazione dall’Abruzzo, sancita con legge costituzionale del 27 dicembre 1963, ha alimentato speranze diffuse e concreti processi positivi per i nostri concittadini ma, al traguardo dei 50 anni di autonomia, i molisani arrivano delusi e smarriti.
La crisi economica e sociale toglie il respiro ed offusca l’orizzonte e sono in molti a non sapere più se l’autonomia amministrativa del Molise possa essere uno strumento da utilizzare per il superamento delle attuali difficoltà o se, al contrario, sia essa stessa una della cause dell’attuale drammatica situazione. D’altro canto, la collettività nazionale, che ha a lungo ostentato una conoscenza approssimativa della nostra regione, comincia ad attribuirci primati non invidiabili di cattiva politica e cattiva amministrazione e non soffrirà molto se la Regione Molise dovesse sparire.
Con queste premesse può risultare saggia la proposta, che viene fatta da più parti, di riunificare Abruzzo e Molise o, in alternativa, di entrare a far parte di una macroregione che includa anche le Marche. Se l’operazione potesse, di per sé, innalzare la qualità della nostra politica e della nostra amministrazione e ridare slancio alla nostra economia, non esiterei a sostenere una di queste proposte. Aggiungo che, se non cambieremo rotta, una delle due soluzioni ci sarà comunque imposta, con giusta ragione. Ma il cambiamento di rotta non può essere attivato senza una corretta analisi dei principali mali che ci affliggono e dai quali dobbiamo guarire, sia nell’ipotesi di conservare l’autonomia sia nell’eventualità di perderla.
Innanzitutto, nell’implementazione di un’analisi che qui possiamo soltanto abbozzare, non dobbiamo pensare che questi mali siano solo nostri né che essi siano conseguenza dell’attuale crisi. Al contrario è bene specificare che essi son da considerare endemici e che hanno il potere di amplificare la portata di tutte le crisi, passate, presenti e future. I mali in questione sono di carattere valoriale e sono riferibili sopratutto alla sistematica violazione delle regole democratiche, dei diritti umani, della legalità, dell’etica pubblica e della responsabilità. Queste violazioni si manifestano, tra l’altro, attraverso fenomeni come l’evasione fiscale, la corruzione e le attività malavitose. Per evitare di attribuirci, in questo dannato campo, un’esclusiva che non ci spetta, sarà bene ricordare che dai rilevamenti e dagli studi fatti da Transparency International risulta evidente che in materia di corruzione i paesi del nord Europa sono tra i più virtuosi mentre quelli dell’area mediterranea risultano essere i peggiori.
Il Molise è dunque inserito in un contesto in cui i valori sono negletti, perciò, se vuole collegarsi all’Europa più virtuosa, non basta che si unisca all’Abruzzo e alle Marche, è necessario, invece, che intraprenda una via molto più difficile e lunga. Deve darsi una strategia capace di influenzare positivamente e sinergicamente la cultura, la politica, la pubblica amministrazione e l’economia. In quest’ottica la ridotta dimensione geografica e demografica può cessare di essere uno svantaggio per diventare un punto di forza e l’autonomia regionale può essere agita come prezioso strumento di innovazione politica, istituzionale ed economica con l’ambizione di dar vita ad esperienze esemplari a livello nazionale ed europeo.
Il piccolo Molise, con la sua plurisecolare eredità cattolica e laica, fecondata dalle elaborazioni e dalla passione civile dei protagonisti della rivoluzione napoletana del 1799, con i suoi beni culturali ed ambientali, può staccare il suo biglietto per il futuro puntando su tre scelte innovative: la buona politica, la buona amministrazione e la clean economy. Le prove fin qui date dai rappresentanti politici ed istituzionali regionali, in fatto di buona politica e di buona amministrazione, sono tutt’altro che esaltanti. Vogliamo sperare che le scelte sbagliate vengano corrette e che l’impegno manifestato in prima persona dal presidente Frattura in favore di una “economia pulita” molisana abbia un seguito concreto.
Nonostante la crisi, ci sono imprenditori pronti ad investire, strumenti normativi e finanziari nazionali da attivare e i fondi strutturali 2014/2020 da programmare. Una nuova partenza è possibile, ma non facile da attivare, perché la credibilità di tutte le classi dirigenti, in Molise come in Italia, è a livelli minimi ed esse non possono oggettivamente reggere il peso della progettazione e dell’attuazione di un cambiamento profondo come quello richiesto. Serve un supplemento di generosità e di intelligenza per consentire al Molise di fare uno scatto in avanti e nella giusta direzione e questa riserva di energia può essere messa in campo solo attraverso un impegno corale e democratico, basato sulla consapevolezza di non poter più contare su inesistenti salvatori della patria e sulle loro ricette miracolistiche.☺
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