I pugni di bergoglio
3 Febbraio 2015 Share

I pugni di bergoglio

Sono agnostico. Cresciuto secondo i valori della religione cattolica, ho scientemente tenuto per me gli insegnamenti ricevuti come riferimenti morali, depurandoli dell’aspetto mistico che non riuscivo ad indagare. Ho vissuto come travagliato il mio rapporto con la religione, sulla quale scaricavo tutte le nefandezze storiche commesse in suo nome, dalle crociate alla santa inquisizione, dalla chiusura verso gli omosessuali alle ingerenze nella vita politica. “Dio ti vede, Stalin no” – il motto con cui la Democrazia Cristiana cercava subdolamente di recuperare consensi in occasione della seconda consultazione elettorale a suffragio universale del ’48 – rappresentava, ai miei occhi di studente appassionato di politica, una sorta di ammissione di uno scudo crociato mandante morale della strage di Portella della Ginestra. Dallo studio di quegli anni e dalla visione di Salvatore Giuliano di Francesco Rosi, recentemente scomparso, la mia avversione verso una Chiesa che ricollegavo ad un partito politico si faceva cesura, ripudio. Ma era solo il preludio, prima di toccare il fondo.

Circondato dai santini di Wojtyla, che mia madre, da buona cattolica e catechista, disseminava in giro per casa, divenni presto ossessionato dall’affaire IOR. Si vociferava che l’Istituto per le Opere di Religione, la banca vaticana, riciclasse soldi della mafia e fosse aperto non solo ai religiosi, ma anche a politici democristiani e a “faccendieri” di dubbia levatura morale. E quando trovai, nero su bianco, prove di parte di ciò che credevo nel capolavoro giornalistico di Gianluigi Nuzzi, Vaticano S.p.A., che riportava scansioni dell’archivio segreto di Mons. Dardozzi, quel po’ di fede che mi restava andava in fumo.

Qualcuno si starà chiedendo il perché di questo incipit in stile “flusso di coscienza” e in parte ne sono sorpreso anch’ io, solitamente contrario all’uso della prima persona in un articolo. Il punto è che, finalmente, anche gli agnostici come me possono apprezzare i piccoli e grandi gesti di una Chiesa che riparte dal basso, dall’attenzione ai più deboli, con forza, chiarezza e semplicità. L’entusiasmo per l’elezione al soglio pontificio di un gesuita con un vissuto sui generis (chi non è rimasto basito quando ha letto del filarino adolescenziale del papa o della sua esperienza come buttafuori?) e con un’ attenzione quasi maniacale alla povertà, eletta a tema centrale del pontificato già dalla scelta del nome Francesco, era tuttavia ancora prudente. Da bravo agnostico mi chiedevo: non è che in Vaticano si son resi conto di aver perso completamente appeal su intere generazioni, a partire dalla mia, e stanno facendo in modo che tutto cambi affinché tutto resti uguale, in perfetto stile gattopardesco? Poi sono arrivate le prime cesure nette, le prese di posizione inconfutabili di un papa che sembrava sempre più intenzionato a ripulire la Chiesa: la riforma dello IOR verso la trasparenza, le parole forti di denuncia contro l’insabbiamento degli scandali sessuali, le telefonate e le visite agli “ultimi”. Ma è in queste ore che l’ammirazione per Jorge Bergoglio, come uomo e come papa, si sta facendo ancora più sincera. Quella che è stata vista da molti come una gaffe, una caduta di stile non consona ad un pontefice, quel “se qualcuno offende la mia mamma si aspetti un pugno”, nasconde a mio modesto avviso, una dirompente verità. Che Bergoglio non volesse giustificare gli attentatori di Parigi è fuori discussione. Ma il papa sembrava voler lanciare un monito a tutti coloro che non rispettano il prossimo, che siano vignettisti o guerriglieri. Un messaggio “palindromo”, lanciato con buon senso dall’uomo più che dal papa.

Comunque la si voglia vedere, l’uomo ha bisogno di un sistema di valori, che ha il dovere di conoscere, rispettare e tutelare. Non dico che questi debbano essere necessariamente dettati da un papa, un patriarca, un imam o un rabbino, bensì che sono necessari. In un mondo globalizzato, come quello in cui viviamo, gli equilibri tra i popoli si muovono sul filo del rasoio e la minaccia dell’individualismo puro e semplice, del consumismo come dio assoluto, anche nei rapporti umani, è sempre in agguato. Dove andrebbe il Mondo se ciascuno anteponesse i propri fini egoistici al bene comune? Non si potrebbe che degenerare in una guerra fratricida del tutti contro tutti, assoggettati alla legge del più forte. C’è un disperato bisogno di morale, tanto in politica quanto nelle regole della civile convivenza.

Per allontanarci dalla trita dialettica sulla rivisitazione in chiave moderna di un Islam battagliero, seppur storicamente pacifico, può essere utile fare un altro esempio. Se Cina e India perpetrassero un atteggiamento egoistico nella corsa all’egemonia economica e assumessero uno stile di vita americano, le risorse energetiche del pianeta si esaurirebbero in un batter d’occhio e il buco nell’ ozono diventerebbe ben presto una voragine sconfinata. Se invece, rilanciando un’ idea di rispetto e cooperazione, si sedessero ad un tavolo e firmassero degli impegni seri di tutela del bene comune “Terra”, non ci sarebbe bisogno di usare i “pugni”.

Altrettanto significativo è stato il messaggio di Bergoglio contro la corruzione. Gli “Uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini” ci stanno rubando il futuro e stanno condannando intere generazioni ad una scelta sofferta: emigrare o accettare di essere schiavi ed elemosinare, testa bassa, ciò che spetta loro per diritto. Credo che Jorge, venendo da una famiglia di emigrati italiani, abbia ancora tanto da dire ai nostri politici – “sepolcri imbiancati”.

Caro Francesco, sono agnostico ma ti ascolto con attenzione e rispetto assoluto.☺

 

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