I segreti dell’olio
16 Dicembre 2017
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I segreti dell’olio

A metà novembre sicuramente abbiamo fatto scorta del nuovo olio extra vergine di oliva (EVO)! Quali parametri considerare nella scelta (amaro e piccante) e come lo conservo (lontano da luce, ossigeno e alte/basse temperature) l’abbiamo descritto nel precedente numero de la fonte. Ci occupiamo ora di come consumarlo, tenendo conto soprattutto che l’olio extravergine di oliva è un grasso vegetale di alto valore nutrizionale. Partiamo dalle abitudini ormai consolidate che hanno sviluppato, nel nostro contesto sociale, tanti luoghi comuni e che i tecnici sono costretti a sfatare, per certi versi, perché sono limitanti il consumo consapevole di oli di qualità. Ci sono consumatori che, pur disponendo di olio nuovo, preferiscono usare l’olio vecchio: sicuramente, oggi come ieri, non possiamo permetterci di buttare alimenti e quindi rimanenze di olio vanno consumate! Qui, però, si possono fare diverse considerazioni: nel fare la scorta di olio mai dotarsi di prodotto oltre quello che ipotizziamo come consumo annuale! Spiego meglio: se la mia famiglia consumasse annualmente mediamente 80 litri di olio EVO è inutile fare la scorta di 120 litri poiché sicuramente avrò rimanenze importanti da gestire; al massimo posso arrivare a 90 litri (considerando qualche ospite in più, qualche regalia, o semplicemente qualche frittura in più) ma non oltre!

Di fronte alle rimanenze come ci comportiamo? Sviluppiamo alcuni concetti per comprendere il da farsi: un olio vecchio, pur conservato decentemente, ha perso parte dei polifenoli e quindi alcune molecole di acidi grassi, attaccati dall’ossigeno e con l’ausilio della luce e delle temperature alte, si sono staccate dai gliceridi (sostanze composte da glicerolo esterificato con acidi grassi). Avremo delle molecole instabili che andranno alla ricerca di una stabilità elettronica e queste sostanze altro non sono che i famosi e tanto temuti radicali liberi!! Quindi, in sintesi, un olio vecchio è povero di antiossidanti e ricco di radicali liberi. Che ci facciamo allora con un olio vecchio? Una volta ci facevano il sapone perché non si buttava niente, oggi, nell’era dello spreco, saremmo tentati di buttarlo in contenitori per gli oli esausti, invece, senza demonizzare nulla, possiamo utilizzare gli oli vecchi per un breve periodo ma avendo cura di non cucinarci poiché le alte temperature concorrono a formare altri radicali liberi e non è salutare ingerirne troppi soprattutto se conduciamo una vita sedentaria e abbiamo un metabolismo rallentato (anziani e lavoratori da scrivania). L’olio vecchio in definitiva può essere consumato ma a crudo anche se manifesta qualche difetto ed è poco gradevole al gusto.

Assodato che è cosa buona consumare sempre un olio nuovo, passiamo al suo uso in cucina. Dobbiamo ricordare che l’olio extra vergine di oliva ha un posto privilegiato nella famosa piramide alimentare ed il suo uso, per condire i nostri piatti, è una esigenza alimentare imprescindibile. Un piatto di legumi, un pesce lesso, una fetta di carne ai ferri, una mozzarella di bufala senza un filo di un buon EVO diventano piatti che non riescono a dare la massima espressione nutrizionale e salutistica. Immaginate se condissimo i suddetti piatti con un olio difettato (vergine); non solo non darebbe espressione nutrizionale e salutistica, ma questo olio toglierebbe qualcosa alla nostra salute poiché andremmo ad ingerire radicali liberi!

Una trattazione a parte merita l’uso dell’olio di oliva extravergine nelle fritture: dobbiamo sapere che nemico deleterio di un olio sono le alte temperature ed è risaputo che per friggere occorre portare l’olio a temperature alte. Dobbiamo sapere anche che tra gli oli vegetali quello che resiste meglio alle alte temperature è l’olio di oliva extravergine (in realtà sarebbe l’olio di palma ma questo è ricco di acido palmitico che è un acido grasso saturo ossia costituito da una catena senza doppi legami ed è un acido che, assimilato, si deposita nelle nostre arterie riducendo il lume arterioso – pertanto non lo prenderemo in considerazione per effettuare le nostre fritture). Friggere, come sanno bene le nostre cuoche, è un’arte e non solo dobbiamo usare un olio resistente alle alte temperature ma dobbiamo saper friggere. È necessario portare l’olio prossimo alla temperatura di fumo (il punto di fumo di un olio è il limite massimo a cui deve giungere la temperatura di un olio prima che esso cominci a degenerare in tanti radicali liberi). Perché per friggere bene bisogna portare l’olio a temperature alte? Perché nel fritto si deve giungere alla cristallizzazione dell’amido (la pastella o la farina è necessaria nella frittura perché la crosta di amido cristallizzato isola l’alimento sottoposto a cottura e non consente all’olio di inzuppare il prodotto, inoltre evita che i vapori acquei dell’alimento escano da esso e quindi avremo un fritto che sarà croccante esternamente e morbido internamente). Il segreto di un buon fritto è friggere a temperature più alte possibili (l’EVO ci consente di arrivare oltre 150 C°) poiché più la temperatura è alta e più rapidamente l’amido cristallizza e meno l’olio inzuppa l’alimento. Qualcuno potrebbe eccepire sul costo dell’olio extravergine di oliva ma un buon EVO potrebbe essere anche riciclato un paio di volte poi, se proprio non si può, possiamo sempre usare un olio di semi che, per composizione acidica e resistenza alle temperature, sia simile all’olio extra vergine. L’olio di arachide è quello che meglio risponde a queste caratteristiche. Non usare olio di girasole, mais, semi vari o peggio ancora prodotti spacciati ottimi per friggere tipo “friol” o similari. Ricordiamo che i fritti vanno consumati con parsimonia ma sicuramente per un buon fritto possiamo fare delle eccezioni. ☺

 

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