il fuoco della passione
31 Dicembre 2010 Share

il fuoco della passione

 

Un nuovo anno non è mai anno zero. Ignorare il passato è da schizofrenici, ma rimanerne prigionieri è sbarrare la strada al dinamismo insito nella vita stessa. Astrologi e cartomanti possono infondere ottimismo o pessimismo ma queste sono categorie alienanti, perché non fanno i conti con la storia, tendono a prescinderne; solo il realismo misto ad entusiasmo, in una parola solo la speranza, che non è mai neutrale, ci fa impegnare nella realizzazione dei nostri obiettivi. Jung ci spronerebbe ricordandoci che “abbiamo un debito con l’im- maginazione”.

I faticosi centocinquant’anni dell’unità d’Italia, culminati con la Costituzione, punto fermo che nessuno deve azzardarsi ad imbrattare cercando di cucirla addosso al proprio inconsistente progetto utilitaristico, soprattutto in questo fragile momento, ci invitano a non arrestare il nostro cammino cedendo a un bieco federalismo, ma anzi a dare compimento al progetto di unità per il quale in tanti lottarono.

I professionisti della politica hanno sempre meno a che vedere con il bene collettivo, ma non riusciranno a farci rintanare, schifati, nel nostro guscio, né a farci tacere di fronte a chi persegue meschini interessi di parte, perché abbiamo un’idea molto alta della politica: è amore, premura, servizio. Ci aspettavamo, in verità, il tonfo del cittadino Berlusconi a livello parlamentare e giudiziario. Gli è stato concesso invece, su entrambi i fronti, come ai condannati a morte, il tempo di un’ultima sigaretta. Riuscirà ad assaporarne gusto e piacere senza fare ancora altri danni? Il card. Bagnasco, presidente dei vescovi italiani e generale di corpo d’armata, complimentandosi con il premier per la fiducia comprata, ha perso un’occasione preziosa per tacere. Almeno per una volta poteva mettere al primo posto il bene comune, anziché gli interessi privati! In ogni caso non parlava a nome mio.

Gli onorevoli, che di onorevole hanno poco o niente, in fondo sono da compatire. Da comuni mortali hanno fatto di tutto per salvare il posto di lavoro, con gli annessi privilegi, soprattutto in questo momento di crisi occupazionale. I capi-bastone li hanno scelti a loro immagine e somiglianza e se li scambiano secondo l’occorrenza in un gioco delle parti che ci trova estranei ad ogni tifo. Abbiamo una gerontocrazia mentale prima che fisica da rimandare semplicemente a casa, perciò trovano ogni pretesto per non cambiare la pessima legge elettorale, che, così come è, fa comodo a tutti, checché ne dicano in pubblico.

A livello regionale, il pluricommissario Iorio, nonché presidente della giunta, riesce a far parlare di sé tutti i media, di ogni tendenza, e anziché rendersi conto che il danno di immagine al Molise è lui, imperterrito, minaccia querele a destra e a manca. Ma ad una notizia, passata in sordina, va dato risalto: ha fatto tredici e nessuno si è complimentato con lui, anzi per questo la solita opposizione lo bistratta. Forse è il caso di riprendere il libro in bianco sul terremoto che ha dato alle stampe lui stesso e costatare che dopo otto anni, per sua ammissione, la ricostruzione è ancora al 13%. Il suo scagnozzo gongola, forse spera di non tirare le cuoia, politicamente s’intende, prima di aver gestito il restante 87% del flusso di denaro. Sembra imminente il risveglio della magistratura, sempre troppo tardi per chi vive nelle casette di Barbie.

Ed è proprio il risveglio che ci sta a cuore. Dei terremotati che cominciano a dire con forza basta a una gestione miope che non ha saputo individuare le priorità, interessata solo a protrarre l’emergenza. Dei molisani che vogliono sapere se l’inquinamento delle loro terre nel basso Molise non sia irreversibile, mentre intanto possono tirare un sospiro di sollievo per aver arginato l’eolico selvaggio, pronto a impiantarsi dappertutto senza nessun rispetto di siti archeologici, ambiente e natura. Che cominci a tirare un vento contrario? Dei lavoratori che scendono in piazza per far sentire tutta la loro disperazione, stanchi di versare lacrime di nascosto, fino a gesti inconsulti. Del popolo dell’acqua che ha visto riconosciuto l’impegno nella raccolta delle firme perché l’acqua resti un bene pubblico e ora si prepara perché i tre referendum ammessi spazzino via governi e governucoli pronti a vendersi anche il culo per denaro. Ma è soprattutto il mondo dei giovani, per troppi anni cloroformizzato, a far ben sperare, ora che finalmente è salito sui tetti per dare una spinta propulsiva a questo vecchio mondo senza più ideali. Se rinasce la voglia di istruzione seria, pubblica e per tutti, anche le televisioni potranno essere travolte perché non addomesticheranno più nessuno. Mangiamo la cultura e troveremo la forza di soffiare sui carboni che ancora ardono sotto la cenere. E tornerà a divampare il fuoco della passione civile.

Buon anno, allora. ☺

 

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