il peccato di essere donna
13 Aprile 2010 Share

il peccato di essere donna

 

La storia di Eufrosia Cruz Mendoza è un caso di discriminazione avvenuto in Messico, in un piccolo municipio dello stato di Oaxaca. Una vicenda che ha fatto di questa giovane donna l’emblema della lotta per l’emancipazio- ne femminile indigena. Il 4 novembre del 2007,  nella scelta del presidente municipale della sua comunità, fu esclusa dalla competizione elettorale perché professionista e di sesso femminile. La legge elettorale dello stato di Oaxaca non proibisce la partecipazione delle donne ma lo proibiscono le regole proprie della tradizione millenaria di alcune comunità. A Santa Maria Quiegolani la donna non ha il diritto di partecipare alla vita politica, né quello di votare o essere votata. Nei municipi indigeni dello stato messicano vige il sistema degli “usos y costumbres”, ossia l’esistenza di norme interne di carattere consuetudinario che regolano la vita nelle comunità. Sono modelli di autogoverno basati sulle tradizioni ancestrali, con caratteristiche proprie e specifiche in ogni popolo, trasmessi per generazioni e adattati nel tempo alle diverse circostanze.

La costituzione messicana riconosce e garantisce il diritto dei popoli e delle comunità indigene alla libera determinazione e, di conseguenza, all’autono- mia di decidere le forme interne di convivenza e di organizzazioni sociali, economiche, politiche e culturali. Consente di applicare i sistemi normativi delle comunità, circa la soluzione dei conflitti, nel rispetto delle leggi, delle garanzie individuali, dei diritti umani e, in modo rilevante, della dignità e integrità donna. Costituzionalmente, quindi, lo Stato promuove la piena partecipazione della donna indigena alla vita politica messicana ma, di fatto, gli “usos y costumbres” la degradano in una condizione di inferiorità. Questo sistema, in diversi luoghi del paese, è stato utilizzato dai gruppi etnici per perpetuarsi negli ayuntamientos, ossia gli organi di governo locale, impedendo così la partecipazione di altri. In molti municipi indigeni le donne sono considerate soggetti passivi della vita comunitaria. Il maschilismo le relega al margine della società, impedendole di sentirsi uguale agli uomini. Molta letteratura accademica assegna alla figura della donna la capacità di preservare, riprodurre e trasmettere la cultura del suo gruppo etnico attraverso le semplici faccende quotidiane.

Sotto questa veste, di custode di una identità collettiva, si nasconde un mondo fatto di discriminazione, di violenza e di razzismo. Essere donna non è facile. La sua condizione di vita in una comunità indigena è molto dura. Le funzioni cui deve assolvere sono quelle di soddisfare il marito, preparare tortillas e fare molti figli. Se non può averli, non serve. Per l’umile vita che conduce, nella povertà estrema, spesso è vittima di maltrattamenti domestici e deve obbedire alle inalienabili prerogative dell’uomo o del proprio marito. Ecco perché la ribellione di Eufrosina è una rivoluzione di cultura, un riscatto sociale, un segno di speranza. Nasce nell’universo indigeno e mostra la difficile armonia tra il diritto e la tradizione. Non si tratta solo del sessismo ma anche dell’esigenza di trasformare un mondo, quello indigeno, incapace di riprodurre un ordine sociale più giusto. Un nuovo ambito di comunità che superi il maschilismo, ridefinendo l’accesso alla cittadinanza e le forme per esercitarla. Un processo culturale che cambi la mentalità degli uomini. Questo è il primo ostacolo che le donne devono superare per avere spazi di partecipazione.

L'universo indigeno ha bisogno di questo e il Messico moderno deve saper conciliare realmente i diritti umani con le pratiche e le norme millenarie radicate nella sua cultura. Eufrosina ha posto un problema, scuotendo l’opinione pubblica sugli usi e abusi che alcune consuetudini silenziosamente avallano. L'esclusione dalla contesa elettorale ha trasformato una giovane zapoteca in un simbolo della lotta per la dignità, contro la discriminazione delle donne. In occasione della “Dìa Internacionl de la Mujer”, celebrato il 10 marzo del 2008 nel municipio Emiliano Zapata dello stato di Morelos, Eufrosina disse testualmente al presidente messicano Felipe Calderòn “ Forse Lei, Signore Presidente, ha saputo del caso del 4 novembre, competei per essere presidente municipale di Quiegolani sotto il regime degli usos y costumbres, però il potere, la violenza, l’intimidazione e l’intolleranza degli uomini al potere mi strapparono il trionfo che i paesani mi avevano concesso… La ragione è che sono donna e professionista, e in Quiegolani più che un privilegio, è un delitto e quasi è un peccato”. La sua lotta per i diritti e l'uguaglianza delle donne, identificata col fiore dell'alcatraz, potrebbe passare alla storia del suo popolo. “Le donne indigene – dice Eufrosina – sono una parete bianca sulla quale nessuno osa scrivere”. Il suo peccato un disegno di speranza in un futuro da colorare.  ☺

pinobruno@yahoo.it

 

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