il pio monte
27 Aprile 2010 Share

il pio monte

 

Sette nobili napoletani, intendendo costituire un’istituzione laica che esercitasse le opere di misericordia corporale, fondarono nel 1602 il Pio Monte Della Misericordia. L’architetto Giovan Giacomo Conforto progetta l’immobile che ben presto divenne disagevole per il dislivello e fu sostituito dalla sede attuale in via Dei Tribunali.

L’architetto incaricato del progetto, Francesco Antonio Picchiatti, nel 1658 dovette affrontare diversi problemi di esiguità spaziali che risolse dividendo gli spazi della facciata in tre ordini, espressione dell’accoglienza adottata dalla pia istituzione e ricordata dalla iscrizione del fregio superiore “Fluent ad eum omnes gentes”. Forse gli stessi committenti vollero che prevalessero elementi di architettura civile su quella religiosa a conferma della laicità dell’opera.

 La sobrietà e la compostezza della facciata esterna sono replicate dal Picchiatti anche nel disegno della chiesa, che non è visibile dall’esterno, a pianta ottagonale con cupola a spicchi a sesto acuto e due ordini di finestre che diffondono luce soffusa. Elementi barocchi e classicizzanti, come le mensole su cui poggiano le lesene dei pilastri, le singolari acquasantiere, il pavimento in cotto incorniciato da marmi policromi si inseriscono con estro in questo contesto.

La quadreria del Pio Monte

Della Misericordia

Nei suoi quattro secoli di storia il sodalizio ha riscosso come “centro propulsore di cultura” un notevole successo; una ragguardevole collezione di dipinti, argenti, arredi liturgici, mobili, e libri antichi costituiscono un fondo di inestimabile valore. Il piano nobile della sede del Pio Monte ospita la Quadreria, allestita secondo il criterio della casa-museo, in cui sono esposti la collezione di dipinti (circa 150) ed altri beni artistici del sodalizio. L’ingente patrimonio pittorico è costituito da tre nuclei di opere: 41 dipinti di Francesco De Mura, da lui stesso lasciati in eredità al Monte nel 1783; il legato Capece Galeota; dipinti di artisti commissionati per la chiesa di Nostra Signora della Misericordia o diversamente pervenuti al Pio Monte.

Un molisano

al Pio Monte

Mentre in questi giorni la mostra del Caravaggio sta riscuotendo un enorme successo di pubblico a Roma, nel catalogo è visibile l’opera che campeggia sull’altare centrale della Chiesa del Pio Monte della Misericordia di Napoli. Nel quadro successivo al Caravaggio, nella stessa chiesa, il Buon Samaritano, ricompare visivamente il tormento di Giovan Vincenzo da Forli.

Un viandante, dopo un’aggres- sione violenta rimane ferito e ignorato da due passanti; un terzo, invece si prende cura di lui e lo ricovera presso un albergo. Il tema rinvia all’Opera di visitare gli infermi, primo e fondamentale impegno dei fondatori del Pio Monte, i quali scelsero non a caso questo tema da rappresentare in successione immediata dopo la tela del Caravaggio. Durante la sua vasta attività di pittore, il Forli riuscì a conciliare diverse maniere: dagli esordi, legati al Barocci e alla pittura  toscana, entrò in contatto con alcuni dei pittori fiamminghi napoletani e con la pittura di Belisario Corezio; tendenze tutte visibili nella tela del Pio Monte dove il tema veneto del paesaggio, al crepuscolo, accoglie figure e scene narrative sullo sfondo. Appare un elemento nuovo: il gruppo della Madonna col bambino sorretto dagli angeli, un chiaro omaggio al Caravaggio. Il Forli non poteva ignorare le novità esposte chiaramente sull’altare maggiore a poca distanza dal suo Buon Samaritano.

Giovan Vincenzo D’Onofrio da Forli, nasce a Campobasso nella metà del Cinquecento. È molto attivo a Napoli tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento. Nel 1592 è a Napoli. Nel 1594 è console dell’arte dei pittori insieme ad altri artisti, tra cui Teodoro D’Errico. Gli vengono affidati lavori per la chiesa dell’Annunziata, del Carmine, dello Spirito Santo e Santa Maria della Sanità. Il Previtali in La pittura del Cinquecento a Napoli e nel Vicereame gli attribuisce una tela nella chiesa del Gesù delle Monache, sostenendo che “al pari di altri artisti italiani e spagnoli prima di adeguarsi alle nuove rivoluzionarie tendenze naturalistiche, avrebbe partecipato al gran corale barroccesco di fine secolo”.☺

jacobuccig@gmail.com

 

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