il progetto fenice
20 Febbraio 2010 Share

il progetto fenice

La mattina del 31 ottobre 2002 una forte scossa di terremoto (di magnitudo Richter pari a 5,4) colpì il basso Molise e la parte nord della Puglia. Una tragedia contrassegnata soprattutto dalla morte dei 27 bambini della scuola di San Giuliano: quest’ultimi, come i giovani universitari morti nel crollo della casa dello studente dell’Aquila, diventeranno il simbolo di uno Stato incapace di tutelare la parte migliore del Paese. Oltre alle trenta vittime, i dati ufficiali, ad un mese dal terremoto, indicavano le seguenti cifre: 62 comuni richiedenti assistenza a vario titolo, 5.500 sfollati, 21 tendopoli allestite, 2.930 edifici parzialmente agibili, 3.883 edifici inagibili.

In tale contesto nasce l’idea del Progetto Fenice: il modello di intervento, elaborato dalla Consulta della Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Termoli-Larino, è stato fatto proprio da Caritas Italiana e da tutte le Diocesi colpite dal sisma con l’aggiunta della Diocesi di Trivento; lo studio ha inoltre visto il contributo dell’Università Cattolica di Milano. La ricerca strutturata su due questionari (uno diretto agli amministratori ed uno rivolto ai cittadini) ha inteso analizzare il territorio onde cogliere i punti di debolezza e di forza: un’osservazione considerata fondamentale per comprendere in che modo le aree interne potessero aprirsi a un futuro di speranza e di sviluppo. Un cambiamento di rotta che ha visto il coinvolgimento di 100 persone: tra queste 61 giovani diffusori appartenenti ai comuni maggiormente colpiti dallo spopolamento. Creare fraternità, lottare contro le passività, formare i giovani e guardare in positivo: queste le direttrici che sin dall’inizio hanno animato il percorso, a volte accidentato, di un progetto imponente per la rivitalizzazione sociale ed economica del territorio. Un processo di conoscenza capillare reso possibile attraverso 11.389 interviste a fronte dei 52.000 cittadini residenti nei 34 comuni raggiunti dallo studio: “Quindi Fenice non è solo una semplice ricerca da cui estrarre dati utili, ma una ricerca – azione per promuovere una concezione dell’azione sociale ed economica capace di sviluppare riflessività sociale e favorire l’elaborazione di conoscenze che sono il prodotto collettivo di ricercatori, attori e utilizzatori potenziali. In quanto tale, la ricerca-azione può diventare un’importante opportunità per l’espressione di intenzionalità collettive, per progettualità condivise da porre alla base di uno sviluppo locale possibile per una “comunità responsabile (A. De Lellis)”. Gli intervistati (cittadini e  amministratori) hanno avuto modo di comunicare una chiara ed articolata visione della realtà.  Innanzitutto la percezione di un tessuto economico produttivo ulteriormente indebolito dal sisma: una fragilità consumata all’interno di una comunità “meno fiduciosa nel futuro” e  più conflittuale. Diversi  soggetti hanno dichiarato di essere disponibili ad abbandonare il luogo di residenza per una diversa collocazione professionale, per un reddito più elevato o per garantire un futuro migliore ai propri figli. Molti altri hanno sottolineato la debolezza del proprio reddito, la solitudine degli anziani e la scarsa offerta di servizi alla persona. Questi, ed altri dati, hanno consentito l’avvio di una progettazione tesa a favorire lo sviluppo del territorio oggetto di studio. Diverse, in tale ottica, la tipologia delle azioni intraprese. Tra queste vale la pena ricordare: l’assistenza scolastica e l’attività di formazione per giovani e minori; l’attività finalizzata all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate; il servizio di assistenza alla persona a domicilio; il centro di ascolto; il centro di orientamento al lavoro; il centro di socializzazione per minori in area e rischio di devianza; il centro diurno di riabilitazione; il servizio di assistenza alla persona in ospedale e a domicilio; l’animazione di strada per la prevenzione del disagio, il percorso di reinserimento socio-lavorativo con detenuti. Sul versante finanziario il progetto Senape ha teso a rivitalizzare il territorio favorendo il micro-credito a favore delle famiglie e delle imprese non bancabili. Interessante anche il progetto, denominato “Acqua e Vita: percorsi di educazione ambientale sul lago di Occhito”: intervento  volto a promuovere uno sviluppo socio-economico a carattere comunitario, valorizzando le risorse naturali e umane del contesto di riferimento. L’insieme di queste azioni, pur se positive, non possono però sopperire alle carenze degli interventi istituzionali: dopo oltre sette anni il livello politico non ha dato risposte alle tante famiglie che ancora oggi sono costrette a vivere nei prefabbricati nonostante le promesse di una ricostruzione che a molti appare ormai priva di ogni credibilità.☺

a.miccoli@cgilmolise.it

eoc

eoc