In principio la cura
Il mito e la filosofia classica greco-romana hanno cercato di trovare risposte esaustive ai grandi dilemmi della vita: la creazione del mondo, la nascita dell’uomo, il perché della sofferenza, lo scopo della vita umana, le motivazioni dell’impegno politico. Molti autori hanno chiamato in causa il concetto (o il personaggio) di “cura” quale chiave per orientare l’arte di vivere dell’uomo. Socrate nell’Alcibiade discutendo con l’ambizioso personaggio desideroso di occuparsi della città e di rivaleggiare con i re delle potenze limitrofe sottolinea la necessità di imparare anzitutto a occuparsi di sé stessi. Vuol far comprendere all’interlocutore l’importanza di prendersi cura della propria anima per crescere nella virtù e divenire virtuoso amministratore della polis. Lo stesso pensiero è espresso da Socrate nel Gorgia: governare una città spetta solo a colui che riesce a governare sé stesso. Nell’Apologia lo stesso Socrate si presenta come un maestro della cura di sé intesa come cura della propria anima, perseguimento delle virtù, conquista di abilità, ma anche come esercizio di canalizzazione della propria forza. Proprio quest’ultimo tema costituisce un importante argomento della tradizione filosofica successiva.
Le istanze che tornano nelle diverse forme della cura, come argomento della tradizione filosofica successiva, sono il governo e la canalizzazione della propria potenza; la necessità inevitabile di darsi una condotta, perché l’essere umano costruisce sé stesso nel modo con cui agisce: è attraverso le sue azioni che “tesse” sé stesso, contrae un abito e perciò si vincola: é l’etica, le buone abitudini. L’acquisizione di una condotta che permette agli uomini di decidere tra il bene e il male. Da qui, nell’antichità, la pratica dell’ascesi. Non tanto come rinuncia, ma soprattutto una continua sperimentazione di sé finalizzata all’ acquisizione di nuove abilità. Un’espressione plotiniana simboleggia bene questa finalità degli esercizi ascetici: scolpire la propria statua. Per gli antichi la scultura è un’arte che “toglie”, contrariamente alla pittura che “aggiunge”. La statua preesiste nel blocco di marmo, basta togliere il superfluo per farla apparire. Cura diventa sinonimo di sollecitudine, attenzione e consapevolezza e deve accompagnare l’esistenza umana lungo tutto l’arco della vita, per consentire all’anima guarita di liberarsi dei pesi delle passioni e orientarsi vigorosamente verso il bene. La cura sui (cura di sé) si configura come un vero percorso per modificare e trasformare sé stessi.
Oltre il piano filosofico, la cura ha trovato una sua particolare declinazione nella tradizione cristiana come insieme di pratiche che possiamo riunire sotto l’espressione di cura proximi; la ‘cura del prossimo’ che papa Francesco, ora appena defunto, ha tratteggiato nel riferirsi ai poveri di oggi, alle persone in difficoltà, ai migranti (il suo primo viaggio a Lampedusa), agli “scarti” della comunità degli uomini viventi. Le metafore usate dal suo magistero spingono a relazioni nuove l’intero mondo cristiano e l’intera umanità verso un nuovo progetto ospitale, condiviso e paritario in dignità, e senza barriere che impediscano la possibilità di esistenza
La differenza cristiana si gioca sulla cura. La novità del cristianesimo ha spostato l’oggetto della cura da sé stessi al prossimo, soprattutto verso il povero e il bisognoso che rappresentano la “misura” della nostra umanità, ma ugualmente della comunità tutta dei discepoli di Cristo; la chiesa come “ospedale da campo” per curare le ferite dell’essere umano. La cura determina un modo di essere essenziale, è parte integrale della struttura dell’uomo. Potremmo dire che l’uomo non ha cura, ma è cura! La personalità matura o la finalità del progetto formativo personale è imparare ad “aver cura di sé, aver cura dell’altro e aver cura del mondo”: era la definizione di maturità che padre B. Haring ci consegnava nelle sue lezioni alla Accademia Alfonsiana.
Dignitas Infinita – dichiarazione circa la dignità umana richiesta da papa Francesco al dicastero della dottrina della fede – non ci offre solo un aggiornamento teologico, ma ci invita ad avviare processi che dalla costatazione della mutua dipendenza ci spingano a sviluppare la virtù e il dovere reciproco della cura.☺
