Mi piace leggere ai miei alunni “Il Piccolo Principe” di A. de Saint Exupèry, fiaba moderna delicata e poetica che racconta, con gli occhi innocenti dell’infanzia e con sorridente ironia, il mondo dei “grandi” e dei potenti.
Mi piace soprattutto il brano della volpe e il Piccolo Principe.
Quando la volpe vuole rendersi amico il Piccolo Principe lo prega: Per favore, addomesticami! – Cosa vuol dire “addomesticare”? – chiede il Piccolo Principe.
-Vuol dire “creare dei legami”- spiega la volpe – Tu fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. Io non sono, per te, che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se mi addomestichi, noi vivremo l’una per l’altro. Tu sarai, per me, unico al mondo e io sarò, per te, unica al mondo… Conoscerò il rumore dei tuoi passi che sarà diverso da tutti gli altri. Il tuo passo non mi farà nascondere, mi farà uscire fuori come una musica…
Vedi, laggiù, i campi di grano? Essi non mi ricordano nulla, ma tu hai i capelli color dell’oro, quando mi avrai addomesticata, il grano che è dorato mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…
Questo brano, che ho amato più da adulto che da bambino, chiarisce bene il senso dell’ incontro.
Interpretato in chiave pedagogica, “l’incontro non indica il semplice trovarsi accanto ma è dirigersi in direzione di…, è accogliere per…, è riconoscere una singolarità di volti, di parole, di gesti… e lasciarsi irretire dall’unicità di questi, valorizzando ciò che distingue. E’ascoltare le “storie”, è lasciare lo spazio interiore per poter progettare un cammino insieme.
Un incontro per essere tale, deve essere diretto, senza sguardi “ciechi”, ma con sguardi che guardano, riconoscono, danno vita ad emozioni…”
La promessa/speranza di incontri veri, l’invito ad accogliere i nostri alunni come ospiti graditi, con atteggiamenti di serena disponibilità all’ascolto della ricchezza interiore di ognuno, vale per chiunque ci è messo sulla nostra strada.
Mille visi, ogni giorno, sfilano sotto i nostri occhi, apparenze opulenti o disadorne che svaniscono in noi, come cerchi nell’acqua; mille parole rimbombano nelle nostre orecchie, suoni di cui non ricordiamo neppure l’eco; mille persone ci vivono quotidianamente vicino, presenze senz’anima di cui non conosciamo i dolori gridati o taciuti, gli assilli, gli affanni abituali, lo sfinimento, la gioia… e la sera la solitudine ci confina come in un esilio…
Per quante di esse ci siamo rivelati un dono? di quante ce ne siamo fatto carico? quante abbiamo guardato con lo sguardo del cuore? quante possiamo dire di avere veramente incontrato? ☺
Mi piace leggere ai miei alunni “Il Piccolo Principe” di A. de Saint Exupèry, fiaba moderna delicata e poetica che racconta, con gli occhi innocenti dell’infanzia e con sorridente ironia, il mondo dei “grandi” e dei potenti.
Mi piace soprattutto il brano della volpe e il Piccolo Principe.
Quando la volpe vuole rendersi amico il Piccolo Principe lo prega: Per favore, addomesticami! – Cosa vuol dire “addomesticare”? – chiede il Piccolo Principe.
-Vuol dire “creare dei legami”- spiega la volpe – Tu fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. Io non sono, per te, che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se mi addomestichi, noi vivremo l’una per l’altro. Tu sarai, per me, unico al mondo e io sarò, per te, unica al mondo… Conoscerò il rumore dei tuoi passi che sarà diverso da tutti gli altri. Il tuo passo non mi farà nascondere, mi farà uscire fuori come una musica…
Vedi, laggiù, i campi di grano? Essi non mi ricordano nulla, ma tu hai i capelli color dell’oro, quando mi avrai addomesticata, il grano che è dorato mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…
Questo brano, che ho amato più da adulto che da bambino, chiarisce bene il senso dell’ incontro.
Interpretato in chiave pedagogica, “l’incontro non indica il semplice trovarsi accanto ma è dirigersi in direzione di…, è accogliere per…, è riconoscere una singolarità di volti, di parole, di gesti… e lasciarsi irretire dall’unicità di questi, valorizzando ciò che distingue. E’ascoltare le “storie”, è lasciare lo spazio interiore per poter progettare un cammino insieme.
Un incontro per essere tale, deve essere diretto, senza sguardi “ciechi”, ma con sguardi che guardano, riconoscono, danno vita ad emozioni…”
La promessa/speranza di incontri veri, l’invito ad accogliere i nostri alunni come ospiti graditi, con atteggiamenti di serena disponibilità all’ascolto della ricchezza interiore di ognuno, vale per chiunque ci è messo sulla nostra strada.
Mille visi, ogni giorno, sfilano sotto i nostri occhi, apparenze opulenti o disadorne che svaniscono in noi, come cerchi nell’acqua; mille parole rimbombano nelle nostre orecchie, suoni di cui non ricordiamo neppure l’eco; mille persone ci vivono quotidianamente vicino, presenze senz’anima di cui non conosciamo i dolori gridati o taciuti, gli assilli, gli affanni abituali, lo sfinimento, la gioia… e la sera la solitudine ci confina come in un esilio…
Per quante di esse ci siamo rivelati un dono? di quante ce ne siamo fatto carico? quante abbiamo guardato con lo sguardo del cuore? quante possiamo dire di avere veramente incontrato? ☺
Mi piace leggere ai miei alunni “Il Piccolo Principe” di A. de Saint Exupèry, fiaba moderna delicata e poetica che racconta, con gli occhi innocenti dell’infanzia e con sorridente ironia, il mondo dei “grandi” e dei potenti.
Mi piace soprattutto il brano della volpe e il Piccolo Principe.
Quando la volpe vuole rendersi amico il Piccolo Principe lo prega: Per favore, addomesticami! – Cosa vuol dire “addomesticare”? – chiede il Piccolo Principe.
-Vuol dire “creare dei legami”- spiega la volpe – Tu fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. Io non sono, per te, che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se mi addomestichi, noi vivremo l’una per l’altro. Tu sarai, per me, unico al mondo e io sarò, per te, unica al mondo… Conoscerò il rumore dei tuoi passi che sarà diverso da tutti gli altri. Il tuo passo non mi farà nascondere, mi farà uscire fuori come una musica…
Vedi, laggiù, i campi di grano? Essi non mi ricordano nulla, ma tu hai i capelli color dell’oro, quando mi avrai addomesticata, il grano che è dorato mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…
Questo brano, che ho amato più da adulto che da bambino, chiarisce bene il senso dell’ incontro.
Interpretato in chiave pedagogica, “l’incontro non indica il semplice trovarsi accanto ma è dirigersi in direzione di…, è accogliere per…, è riconoscere una singolarità di volti, di parole, di gesti… e lasciarsi irretire dall’unicità di questi, valorizzando ciò che distingue. E’ascoltare le “storie”, è lasciare lo spazio interiore per poter progettare un cammino insieme.
Un incontro per essere tale, deve essere diretto, senza sguardi “ciechi”, ma con sguardi che guardano, riconoscono, danno vita ad emozioni…”
La promessa/speranza di incontri veri, l’invito ad accogliere i nostri alunni come ospiti graditi, con atteggiamenti di serena disponibilità all’ascolto della ricchezza interiore di ognuno, vale per chiunque ci è messo sulla nostra strada.
Mille visi, ogni giorno, sfilano sotto i nostri occhi, apparenze opulenti o disadorne che svaniscono in noi, come cerchi nell’acqua; mille parole rimbombano nelle nostre orecchie, suoni di cui non ricordiamo neppure l’eco; mille persone ci vivono quotidianamente vicino, presenze senz’anima di cui non conosciamo i dolori gridati o taciuti, gli assilli, gli affanni abituali, lo sfinimento, la gioia… e la sera la solitudine ci confina come in un esilio…
Per quante di esse ci siamo rivelati un dono? di quante ce ne siamo fatto carico? quante abbiamo guardato con lo sguardo del cuore? quante possiamo dire di avere veramente incontrato? ☺
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