infiltrazioni malavitose
1 Ottobre 2010 Share

infiltrazioni malavitose

 

Non c’è occasione d’incontro che non si parli di legalità e di cosa significhi questo termine; oseremmo riferire un numero esorbitante di definizioni, ma in questo caso potremmo anche dissentire dalle dotte esegesi. Una cosa è certa che di legalità oggi si parla troppo e non sempre in modo opportuno. L’assidua, odierna, sottolineatura dei temi afferenti alla legalità appare, senza dubbio, come un elemento utile e conveniente, in quanto sta a significare che l’approccio alle tematiche sulle illegalità diffuse e praticate e a quelle sulla legalità è molto più esteso rispetto a qualche decennio scorso. Nello stesso momento, però, tale costante diffusione delle problematiche sulla legalità può apparire come un atteggiamento conformistico, espressione di una moda e ciò poco di buono lascia presagire per il futuro.

Infatti, proviamo a calarci in questa dinamica dialettica e cerchiamo di capire cosa ciò possa significare: noi assistiamo alla cattura di boss malavitosi in questi ultimi tempi e anche all’alienazione dei loro beni patrimoniali, mobili e immobili. Ciò, ovviamente, comporta un giudizio positivo nei confronti di quei settori che da anni lavorano in questa direzione, ossia le Procure, i Carabinieri, la Guardia di finanza: costoro sono i soggetti realmente identificabili come gli autori di tali successi. Tuttavia, a fronte di ciò, noi constatiamo lo scadimento di tensioni ideali, civili che l’attuale ceto politico parlamentare e la classe dirigente del paese dimostrano: “querelles”, liti, ambigui ammiccamenti a questo o a quel personaggio, la disattenzione verso i problemi reali delle persone e tutto ciò fa perdere di vista alla classe politica le consistenti “afflizioni”, materiali, economiche (vedi, per esempio il piano Marchionne di feroce ristrutturazione antioperaia del lavoro  industriale), esistenziali (il malessere economico comporta lo scadimento della qualità della vita e quindi un reale processo di depressione psicologica collettiva!) di tutti coloro che l’attuale proletarizzazione sta coinvolgendo in maniera dolorosa.

La disoccupazione, l’illegalità diffusa, la malavita che s’infiltra nei gangli delle amministrazioni locali, nella banche, la cultura mafiosa che dilaga nei Palazzi del potere e che tende soltanto alla salvaguardia di un ceto politico ed imprenditoriale corrotto: leggi ad personam, ad aziendam, scudi fiscali, lodi protettivi di atteggiamenti ladroneschi e banditeschi, dileggio dell’opinione dei cittadini che non si rivedono in questi turpiloqui da trivio. Tutto ciò ci lascia presagire che la cosiddetta “vittoria” dello Stato sulla “pars militaris” delle mafie sia soltanto un paravento protettivo nei confronti dell’altra “pars”, quella politica e finanziaria, che è il volto reale delle mafie e che oggi in molti luoghi del nostro territorio spadroneggia e governa indisturbata. La morte – 6 settembre scorso – di Angelo Vassallo, sindaco di Acciaroli e di Pollica (in provincia di Salerno), l’attentato al procuratore di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro – il 26 di agosto scorso – sono episodi molto gravi che lasciano intendere quanto beffarde e menzognere siano le parole del ministro degli interni e del capo del governo, quando essi parlano di successi del governo e dell’esecutivo in generale sulle mafie.

La verità, lo ribadiamo, è un’altra ed è molto più amara di quello che possa apparire. Don Ciotti, in un suo intervento giornalistico il 27 di agosto scorso ha scritto che “…le mafie ingrassano dove c’è vuoto di diritti, di politiche sociali, dove il lavoro è ridotto a merce e le persone sono  sottoposte ad abusi e sfruttamenti. Dove l’interesse privato aggira le norme a difesa del bene comune. Dove la legalità non è saldata all’uguaglianza, ai diritti e ai doveri sanciti dalla nostra Carta Costituzionale”.  Oppure, toccando il tasto della riforma della giustizia così come la paventa l’attuale classe dirigente e parlamentare, egli tra l’altro così scrive: “…così la riforma del reato di voto di scambio è un passo necessario se vogliamo colpire i legami tra mafia e politica. E ugualmente non è accettabile un disegno di legge sulle intercettazioni che stralcia la norma Falcone, quella che dispone indagini ad ampio raggio anche per i reati non direttamente collegati alle associazioni mafiose, ma che da sempre sono lo spunto per l’accertamento di gravi crimini mafiosi. È evidente qui l’intento di coprire le tante forme di illegalità e di corruzione che molte indagini recenti hanno individuato, anche ai livelli più alti…” (In “Il Manifesto, venerdì, 27 agosto 2010).

Lo stesso Nicola Gratteri (direzione antimafia) in una dichiarazione rilasciata alla stampa afferma tra l’altro: “… per capire se la mafia è forte o meno dobbiamo sentire qual è il grado di vivibilità della gente, qual è il grado di investimenti delle mafie nel terziario, nella grande distribuzione e negli immobili. Così si isola la mafia, non con la cattura dei latitanti, dei soliti noti. Bisogna sapere quanti ragazzi in questo momento si stanno facendo battezzare dalla ‘ndrangheta. Ci sono migliaia di nuovi ingressi, ragazzi incensurati e che per noi sono illustri sconosciuti”. (ibidem).

Qui ci accorgiamo di entrare in un ambito analitico che appare essenziale indagare ma anche pieno di esperienze e situazioni che parlano delle sofferenze delle persone; tale sfera attiene non soltanto all’ingresso tout court di giovani come manovali “pratici” delle mafie ma anche ad un altro elemento non meno preoccupante, che è quello dello spaccio e dell’uso di droga oggi fra le giovani generazioni.

In questa fase ci limiteremo semplicemente ad indicare le problematiche e la loro effettiva gravità, il loro reale peso terribile sia sui giovani che sulle loro famiglie. Vorremmo solo abbozzare la questione per affrontarla compiutamente in un’altra, prossima, circostanza. Camminare, andare in giro al fine settimana per le vie della nostra città, nottetempo, fa emergere quanto grande appaia la dipendenza delle giovani generazioni sia dall’alcool che dalle droghe, leggere o pesanti che siano. Volti allampanati e stralunati; comportamenti dissociati dalla routine quotidiana; espressioni, queste, comunque di una notevole angoscia che si esprime con un atteggiamento di rifiuto della consolidata quotidianità piccolo borghese. Rimane la pena dipinta sui visi, espressa dalla scansione senza senso delle parole, dagli sguardi spersi nel vuoto e pieni di sgomento: accanto a costoro si aggirano furtivi individui, infami mercanti di morte.

Dobbiamo riflettere su tutto ciò e noi di LIBERA tenteremo un viaggio all’interno di questo mondo, per coglierne ancora di più le sofferenze, i messaggi, il dolore  malinconicamente solitario delle famiglie, vere isole di solitudine e di abbandono. La nostra società sta rotolando verso il baratro della gheenna e dell’egoismo infinitamente straccione… ☺

bar.novelli@micso.net

 

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