Ius scholae, verso il diritto alla cittadinanza
10 Ottobre 2024
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Ius scholae, verso il diritto alla cittadinanza

Vivere in Italia non significa essere cittadini italiani. Cittadinanza e sua attribuzione si fondano, in Italia, sullo ius sanguinis: essere nato da genitori italiani. Sono 59 milioni circa i residenti in Italia, di cui 5 milioni circa stranieri. Non sono cittadini italiani. È una distinzione fissata dalla legge che varia da Paese a Paese. Si discute su una possibile riforma della legge sulla cittadinanza. Vi è chi propone di concederla a chi è nato in Italia da genitori stranieri, altri a chi ha frequentato, in Italia, un ciclo scolastico completo.
La legge 5 febbraio 1992, n. 91: “Nuove norme sulla cittadinanza” (revisione 18 ottobre 2023) sancisce, all’ art. 1, che “è cittadino italiano per nascita”: a) “il figlio di padre o di madre cittadini italiani”; b) “chi è nato nel territorio della Repubblica italiana, se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, […] se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato a cui questi appartengono”; c) “il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica italiana, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza”.
Si è dibattuto in passato su una riforma della legge sulla cittadinanza senza apportarvi sostanziali modifiche. Se ne discute oggi. Emergono problemi di natura giuridica, sociale, culturale e, soprattutto, identitari che contribuiscono a fissare chi è “italiano” e a delimitare la comunità di appartenenza: “cittadini” e “stranieri”.
La legge italiana evidenzia un forte squilibrio tra ius solis e ius sanguinis a scapito del primo. È “italiano” chi nasce da genitori italiani, indipendentemente dal luogo di nascita. Lo hanno radicato i dibattiti dei primi anni del Novecento. L’Italia è un Paese di emigrazione più che di immigrazione. Ciò ha portato a privilegiare il ‘sangue’ per mantenere i legami con i migranti italiani e i loro discendenti. L’immigrazione in Italia era, allora, embrionale per cui il problema dei figli degli immigrati non si era ancora posto. Chi si batte per una riforma ha colto le difficoltà ormai evidenti nel continuare a considerare “Italiani” i discendenti di chi è emigrato un secolo fa e “stranieri” i figli degli immigrati nati in Italia che hanno frequentato le scuole in Italia. I primi, formalmente, italiani non potrebbero mai essere stati in Italia, non conoscerne la storia e la lingua, mentre i secondi, considerati “stranieri”, spesso non sono mai stati nei Paesi di origine dei loro genitori e non ne conoscono la storia e la lingua.
Esiste una sorta di ius soli. Chi è nato in Italia da genitori stranieri può chiedere la cittadinanza al compimento del diciottesimo anno di età sottoposto, però, a rigide condizioni e non è automatico. Si è cercato nella legislatura 2008-2013 di estendere lo ius soli. La Camera ha approvato, nel 2015, una riforma con cui si introduceva uno ius soli temperato, non automatico, e lo ius culturae: la possibilità di ottenere la cittadinanza dopo un ciclo scolastico completo. Il testo di legge non venne discusso in Senato.
La legge italiana è una delle poche in Europa e nel mondo caratterizzata quasi esclusivamente dallo ius sanguinis. Lo ius soli puro vige negli USA. Diventa automaticamente cittadino americano chi vi nasce. Vige lo ius soli temperato in vari Stati europei. Bastano, in Germania, gli anni di residenza legale dei genitori (cinque anni). È automatica l’acquisizione della cittadinanza in Belgio se almeno uno dei genitori vi sia nato o vi abbia vissuto da almeno cinque anni negli ultimi dieci. Si acquisisce per ius soli la cittadinanza, con alcuni requisiti, in Francia. È una legge sostanzialmente inclusiva. È automatica al compimento del diciottesimo anno, se i genitori godevano di un permesso di soggiorno al momento della nascita del figlio. Si acquisisce per ius soli dopo un anno di residenza in Spagna.
I dati ISTAT quantificano i minori stranieri tra 0-17 anni residenti in Italia in più di un milione: 20,1% degli stranieri regolarmente presenti in Italia e l’11,4% del totale dei minori. Studi recenti mostrano che lo ius soli puro e automatico garantirebbe la cittadinanza a tutti i minori nati in Italia indipendentemente da quella dei genitori. I bambini stranieri nati in Italia tra il 2006-2023 sono 1,2 milioni: circa 67mila ogni anno, ridotti, ora, a circa 50mila. Si garantirebbe la cittadinanza a tutti i minori e ai futuri nati (50mila). Nessun disegno di legge depositato in Parlamento prevede lo ius soli puro. Il progetto approvato, a suo tempo, dalla Camera nel 2015 prevedeva lo ius soli temperato che attribuisce il diritto di richiedere la cittadinanza a chi “è nato nel territorio della Repubblica italiana da genitori stranieri di cui almeno uno sia in possesso del permesso UE per soggiornanti di lungo periodo (cittadini extra UE) o il diritto di soggiorno permanente (cittadini UE)”. Possono richiederla i figli di immigrati in Italia dal 2006-2023, oggi ancora minorenni, i cui genitori dispongono dei requisiti sopra menzionati. Soddisfano tali requisiti il 67% dei bambini nati stranieri (dati ISTAT): 817mila con genitori residenti da almeno cinque anni, a cui va aggiunta la quota dei nuovi nati (50mila ogni anno) quantificabili tra 35-40mila quelli con genitori residenti da almeno 5 anni.
Il progetto di legge del 2015 prevedeva, accanto allo ius soli temperato, anche lo ius culturae: il diritto di chiedere la cittadinanza italiana per il minore straniero nato in Italia o che vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età, che abbia frequentato regolarmente un percorso scolastico regolare per almeno 5 anni in Italia. Si è ripresentato il progetto di legge con piccole variazioni circa i requisiti come ius scholae nel 2022. Ius culturae e ius scholae non esistono in quasi tutti i Paesi europei. Lo ius scholae può essere considerato un ‘attenuazione’ dello ius soli temperato. Prevede la frequenza scolastica come condizione aggiunta al luogo di nascita.
Gli alunni stranieri, nel 2022-2023, sono stati circa 900mila: 11,2% del totale. Più del 65% di costoro è nato in Italia. Si stima che 135mila alunni nati all’estero abbiano frequentato cinque anni di scuola in Italia, aggiungendo 6-7mila alunni ogni anno. Sono stime. È, infatti, difficoltoso stabilire quanti siano coloro che vi possono fare ricorso.
Esiste lo ius soli sportivo dal 1956. Prevede che i minori stranieri, regolarmente residenti in Italia “almeno dal compimento del decimo anno di età”, possano essere tesserati presso le Federazioni sportive come previsto per il tesseramento dei cittadini italiani. È una sorta di naturalizzazione per meriti sportivi. Non è una legge sulla cittadinanza.
Si devono porre le basi per un senso di appartenenza condiviso. La scuola può giocare un ruolo forte. Lo ius scholae vi può contribuire attraverso l’alfabetizzazione e l’insegnamento della storia e della lingua. Non può essere, però, la ‘soluzione’ del problema dell’acquisizione della cittadinanza. Continuerebbe a essere una cittadinanza concessa su richiesta ai figli degli immigrati e non acquisita automaticamente per nascita.☺

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