La carta del cambiamento
4 Settembre 2014 Share

La carta del cambiamento

Il giorno 22 dello scorso mese di luglio sono stati presentati a Palazzo Chigi dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi 24 contratti di sviluppo. Sono state in tal modo attivate le procedure per investimenti pari a 1,44 miliardi di euro a sostegno di progetti strategici da realizzare in Italia e soprattutto nel Mezzogiorno. Vale la pena precisare che sono stati messi a disposizione 700 milioni di euro di fondi pubblici e che l’80% dei programmi riguardano, giustamente, la Campania, la Puglia, la Calabria e la Sicilia. Nelle regioni dell’Obiettivo Convergenza saranno così salvaguardati o creati nella stragrande maggioranza i 25mila posti di lavoro previsti, con una media di circa 1000 occupati per ogni contratto di sviluppo. Gli interventi produttivi e la conseguente ricaduta occupazionale riguarderanno il made in Italy e l’innovazione nell’ambito industriale, commerciale e turistico.

Sarebbe stato bello il varo di un 25° contratto di Sviluppo denominato “Clean Economy Molise”, ma non bisogna rinunciare all’idea di vararlo in futuro. Il Molise, che negli ultimi anni ha conquistato il record nazionale in fatto di decrescita del PIL, ha un disperato bisogno di sviluppo e occupazione che scaturiscano da iniziative imprenditoriali legate al territorio e sostenute da interventi finanziari aggiuntivi rispetto a quelli disponibili a livello regionale.

L’idea progettuale denominata Clean Economy Molise serve alla nostra regione, ma serve ancora di più all’Italia in quanto contiene indicazioni che, se recepite nei decreti attuativi relativi ai contratti di sviluppo, consentiranno al nostro Paese di investire con maggior profitto le sue risorse future. Nei contratti del 22 luglio, infatti, c’è l’industria mentre manca l’agroalimentare, quell’agroalimentare che è al centro di Clean Economy Molise.

Per comprendere la gravità di tale assenza, possiamo chiamare in causa il brillante intervento di Fabrizio Barca, pubblicato dal Sole 24 ore proprio in data 22 luglio 2014 con il titolo La nuova agricoltura dell’Italia. Barca sottolinea “l’importanza di costruire un’agricoltura innovativa, diversificata, contrattualmente forte, consapevole delle proprie connessioni con il paesaggio e con l’ambiente, attenta al rapporto con il lavoro, capace di attrarre giovani”. Per parte sua il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina ha scritto, nel Piano strategico per l’innovazione e la ricerca nei settori di sua competenza, che “é prioritario favorire l’integrazione fra aziende (agricole e agroalimentari), sia a livello orizzontale che verticale nelle filiere (…) per ottimizzare l’organizzazione dei processi, riequilibrare le posizioni contrattuali dei produttori”.

Siamo totalmente d’accordo con Barca e Martina e, per questo, invitiamo entrambi a riflettere sul fatto che il contratto di sviluppo è lo strumento più appropriato per raggiungere gli obiettivi che essi si prefiggono. L’agricoltura è stata confinata per troppo tempo in un ruolo subalterno all’interno delle filiere agroalimentari oltre che nel dibattito politico-economico. Negli ultimi decenni sono cresciute le sue responsabilità rispetto all’esigenza di mettere sul mercato prodotti di qualità, ma si sono ridotti i margini operativi degli imprenditori agricoli. D’altro canto, perfino la gestione dei fondi comunitari destinati all’agricoltura, al di là dei proclami e dei bei titoli inseriti nei Piani di Sviluppo Rurale predisposti e gestiti dalle regioni, punta alla mera sopravvivenza del settore.

Possiamo anche aggiungere, senza tema di smentita, che la stessa formazione e attuazione di tali Piani avviene in un clima di scarsa partecipazione, insufficiente trasparenza, diffuso disinteresse per il reale raggiungimento degli obiettivi fissati e inadeguata verifica dei risultati raggiunti. Serve, dunque, uno scatto di reni che consenta ai nostri imprenditori agricoli di stringere una robusta alleanza con i cittadini per i quali producono e di porsi come facilitatori di una corretta fruizione dei beni agroalimentari, paesaggistici e culturali presenti sui territori di loro pertinenza. Con questa nuova forza contrattuale gli imprenditori agricoli potranno negoziare un rapporto corretto con gli altri interlocutori delle deboli filiere agroalimentari esistenti e strutturare insieme ad essi attività economiche robuste e durature.

Il progetto di Clean Economy Molise è lo strumento adatto per muoversi in questa direzione. I tempi sono, dunque, maturi. Bisogna decidere, qui e ora, se attardarsi su un’anacronistica manutenzione ordinaria dell’esistente o osare la carta del cambiamento. Il Molise, con la sua Clean Economy, propone un radicale cambiamento di rotta che punta ad una nuova prospettiva strategica attraverso strumenti operativi disponibili che aspettano solo di essere affinati e attivati.

Con queste motivazioni abbiamo deciso di incontrarci come associazioni, imprenditori, sindacati e amministratori pubblici e siamo certi che il presidente della regione Molise Frattura sarà con noi. Lo faremo a Casacalenda il prossimo 27 settembre e proporremo al presidente Frattura di farsi portabandiera di una battaglia presso il governo nazionale per il varo di un Contratto di Sviluppo Clean Economy Molise che possa contribuire a risolvere i nostri problemi regionali, ma possa anche dare una indicazione utile per la ripresa dell’intero paese. ☺

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