La chiave dell’amore
Gli esempi, quelli belli. Gli stimoli, quelli veri. I sogni che diventano progetti, si incarnano e si calano nella vita di ogni giorno come motori per nuove esperienze, per arricchire la propria vita e quella di chi ci circonda. E Cristiana. Una ragazza. Una studentessa. Che, a 22 anni, ha spalancato il cuore agli altri ed ha accettato di regalarci la sua testimonianza di volontaria nella Clownterapia.
In una rubrica che si occupa di scuola, si parla alla fine sempre di loro, i nostri giovani, ed è bello ospitare modelli sani di cui sarebbe bello innamorarsi per coltivare un rapporto sano con sé stessi e con gli altri. L’educazione cos’è, se non questo? Grazie, Cristiana. La parola a te.
Com’è nata, in te, la spinta a dedicare gratuitamente un po’ del tuo tempo agli altri?
L’idea di entrare a far parte della Clownterapia, ma più in generale di dedicarmi al volontariato, nasce un anno fa, nel momento in cui, non riuscendo a realizzare il mio sogno di entrare alla facoltà di medicina e chirurgia, inizio il mio attuale percorso universitario di scienze e tecniche psicologiche. L’idea di trovare “strade alternative” per dedicarmi al prossimo, di mettermi al servizio dell’altro, mi ha spinto verso questa scelta.
In particolare, nell’esperienza che hai scelto di vivere, di cosa ti occupi?
Faccio parte dell’associazione di Clownterapia Paciok Odv del Dott. Fulvio Fusco. Le attività che andiamo a svolgere sono rivolte a persone quali bambini, diversamente abili, anziani, pazienti ospedalizzati, categorie protette. Come ci tiene a sottolineare anche il Dott. Fusco non si tratta di mere attività ricreative bensì di momenti in cui quel che facciamo noi clownterapeuti mira a una riabilitazione psicofisica del paziente.
In che modo ti senti arricchita dal percorso che fai? E quanto influisce su altre dimensioni della tua vita?
Il percorso mi arricchisce enormemente. Mi capita di entrare nella struttura dove andiamo ad operare e uscirne con la sensazione di portare a casa più di quel che ho donato ai pazienti. Capita spesso che ti dicano grazie anche solo per aver teso loro una mano, aver detto loro una parola, aver alleviato la sofferenza quotidiana con una canzone, con uno scherzo. Inevitabilmente essere a contatto con situazioni del genere ha cambiato la mia prospettiva di vita, globalmente, con chiunque io abbia a che fare, in termini di empatia ma anche di coraggio nel guardare la sofferenza per quel che è.
Quale opportunità ritieni possa rappresentare, nella crescita di un giovane, un’esperienza di dono di sé e del proprio tempo?
È un’opportunità incredibile. Un giovane che si trova a donare gratuitamente il suo tempo a chi è più fragile o semplicemente a chi è lì desideroso di vedere il tuo volto e la tua dedizione nei suoi confronti, cresce umanamente parlando, riconsidera la bellezza del dono disinteressato che ad oggi credo stia scomparendo o comunque si ben nasconde, presi come siamo dal consumismo sfrenato che ci impedisce di fermarci per guardare l’altro negli occhi e capire di cosa possa aver bisogno.
Pensi che “fare volontariato” possa aiutarci a coltivare anche relazioni migliori con noi stessi?
Come dice sempre il Dott. Fusco, la prima clownterapia che facciamo è a noi stessi, ai nostri colleghi, poi ai pazienti. Sicuramente fai i conti con te stesso, in bene e in male, durante un percorso del genere.
Quali sono i momenti più forti, emotivamente, che vivi nella tua esperienza?
I momenti più forti sono quelli in cui capisci di essere stato scelto da uno dei pazienti. Quando è ora di andar via e ti senti dire da grandi e piccini “Quando tornate?” “Ma ci rivediamo?”, a me personalmente si stringe il cuore. Sicuramente non è facile poi vedere un paziente sofferente ma anzi, è così difficile, che emotivamente devi tenerti ben saldo e far prevalere una certa tempra, non puoi lasciarti andare alla commozione.
Quali, invece, le eventuali, maggiori difficoltà?
Ripeto innanzitutto che difficile sicuramente è mettere da parte le proprie emozioni, per così dire, per offrire al paziente il miglior sostegno possibile, poi essere attento anche a come e quanto avvicinarsi, perché non è sempre facile, non è sempre liscio l’ approccio. Non è detto che chi soffra ti voglia accanto, per ovvie ragioni. O anche un bambino, non è detto che voglia allontanarsi dalla sua mamma, ad esempio. D’altra parte, trovare l’approccio e il canale più giusto e delicato possibile per entrare in contatto con il paziente è una grande soddisfazione.
Papa Francesco, alcuni anni fa, ad una delegazione di studenti, disse: “Donare fa sentire più felici noi stessi e gli altri”. Quanto senti tue queste parole?
A fronte di tutto ciò che ho detto, non posso che sentirla e condividerla completamente questa citazione. Donare e donarsi è una boccata di aria pura laddove purtroppo l’egoismo dilaga e fa dimenticare agli uomini di guardarsi fra loro per aiutarsi, dove spesso ci si guarda sommariamente e solo per giudicarsi. Il volontariato è quel piccolo angolo di mondo che raccoglie persone con le loro difficoltà, le loro storie, che mettono al servizio dell’altro ciò che non hanno avuto o non hanno più. La chiave dell’amore è tutta qua.
Grazie a Cristiana Ricciardi per aver gentilmente collaborato con noi.☺