La democrazia si mangia?
3 Dicembre 2014 Share

La democrazia si mangia?

Questa domanda l’ho sentita per la prima volta quest’estate a Cecina e mi ha accompagnato nelle notti inquiete e senza pace. Ma la domanda mi ha rinviato subito ad un’altra: perché il debito distrugge la vita di una comunità? Perché una regione piccola come la nostra si è indebitata a tal punto che tutti i servizi sono stati interessati dai tagli alla cosiddetta spesa pubblica che invece rappresenta investimento per l’istruzione, la sanità e il sociale? Potrei dare le mie risposte, ma non sarebbero le vostre. Quel che è certo è che a pagarne le conseguenze sono gli ultimi, i senza voce, i poveri, i senza diritti e i lavoratori. Ed anche noi, piccola comunità nata dalla solidarietà di famiglie contro quel flagello che si chiama droga e alcolismo, patiamo scelte scellerate di avventurieri della politica e di uomini senza scrupoli che con i loro calcoli egoistici hanno offeso e umiliato chi ogni giorno chiede solo di avere una speranza di vita. Le risorse sottratte al bene comune impediscono di adeguare i rimborsi alle effettive spese minime previste nelle altre regioni come essenziali per la cura di chi cade sotto il peso di un potere che se la ride dei diritti dell’uomo e del Vangelo.

Ecco perché noi poveri tra gli impoveriti dobbiamo stare all’opposizione e in lotta contro chi chiude ogni speranza in nome di un’efficienza che viene applicata solo al popolo e mai agli interessi egoistici di chi governa le nostre vite e i nostri territori. Guardandola dall’esterno la regione Molise sembra così piccola, eppure così viva di lotte e di sapere che può trasformarsi in soggettività sociale e politica che tenta in tutti i modi di difendere ciò che di più sano abbiamo: l’acqua, l’aria, il mare, il paesaggio, i monti, la storia, la memoria, i giovani, l’ostinazione per un futuro possibile fatto di pane e lavoro. Se la partecipazione alla vita sociale e politica è scesa sotto i livelli minimi (vedi astensionismo) è perché ci hanno fatto credere che la democrazia è qualcosa che non si mangia, ma che, guarda caso, fa mangiare gli scaltri che occupano spazi senza lavorare davvero per tutti, ma solo per il proprio elettorato e spesso decidendo di entrare nel gioco democratico solo per difendere i propri interessi economici.

Il passaggio subìto dalle nostre coscienze è stato: la democrazia non si mangia, quindi a che serve partecipare, ma il fine vero era ed è consentire alla democrazia di diventare strumento che consenta a chi la pratica, fregandosene del popolo ed anzi allontanandolo dalla partecipazione, di continuare a fare i propri affari oscuri e sporchi.  La propaganda politica significa denaro e chi vuol vincere può investire molto di più di chi è animato da buona volontà ed onestà: i poteri forti del cemento, dell’eolico selvaggio, dell’acqua e servizi privatizzati, delle mega stalle, delle trivelle, delle finte bonifiche e delle biomasse ovvero inceneritori, investono sulla propaganda e nelle mazzette destinate a chi deve decidere del futuro del nostro territorio. Salvo poi, quando il popolo si organizza e protesta, fare marcia indietro, previo indennizzo milionario, altra mazzetta travestita. Chi paga quando questo accade? Noi. Chi crede di aver vinto viene rabbonito, ma paga. È come se in una causa la parte vittoriosa pagasse quella che soccombe e venisse condannata a pagare un indennizzo milionario. Ma possiamo essere così miopi? La vicenda di Campochiaro apparentemente è stata una vittoria meritata di un popolo che ama di più il proprio territorio che gli interessi del presidente della regione Molise, ma se abbassasse la guardia consentirebbe al potere di imporre ancora una volta quella scelta scellerata altrove, come per esempio nel nucleo industriale di Termoli e più precisamente trasformando lo Zuccherificio in una perfetta macchina da guerra all’ ambiente ed al territorio. Peraltro tentando di giustificarla come macchina per la produzione di energia laddove altri impianti di produzione di energia, fortemente contestati dalla popolazione, stanno oggi ammettendo il proprio fallimento.

La politica che non programma è preda di chi finanzia le campagne elettorali e chiede in cambio sempre il proprio tornaconto sottraendo a tutti risorse, territorio, salute e vita. La democrazia invece si mangia perché solo la partecipazione consente di contribuire alle scelte di programmazione sul territorio e stabilire ciò che mangeremo e ciò che ci consentirà di acquistare ciò che mangeremo. Ma la democrazia si mangia anche perché è il pane quotidiano che onestamente vorremmo decidere di guadagnarci. La democrazia non deve far mangiare chi non crede ad un’economia della sobrietà orientata socialmente e dal punto di vista ambientale e deve invece consentire a tutti di scegliere come vivere e cosa mettere a tavola col sudore e l’ingegno del proprio lavoro. Il Molise come tutti i territori è su questo crinale e si avvia ad una scelta epocale che deciderà il futuro di molte generazioni.☺

 

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