
La dignità
Mi sorprende ancora oggi il fatto che nelle varie edizioni (1973, 1983, 2020) del messale in italiano per la liturgia eucaristica, tradotto dal testo tipico in latino, al momento in cui il sacerdote, dopo l’ offertorio, inizia la preghiera eucaristica con un breve dialogo tra lui e l’assemblea racchiuso in tre piccole frasi, alla terza “rendiamo grazie al Signore nostro Dio”, l’assemblea risponde “è cosa buona e giusta”, ma il testo latino della risposta recita “vere dignum et iustum est”. Penso che risulterebbe buona traduzione anche l’espressione “è veramente degno e giusto”; invece rimane la parola “giusto” sparisce la parola “degno” sostituito da “cosa buona”. In tutti i prefazi che il sacerdote proclama – vi sono molte formulazioni differenti a seconda della memoria liturgica che si celebra – non ricorre mai la parola degno o dignità. Solo dopo la elevazione del pane e del vino, c’è una breve presenza della parola, in contesto sacerdotale: “ti offriamo Padre… e ti rendiamo grazie perché ci hai resi degni di stare alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale”. Eppure è un termine che non disdice alla cultura cristiana, anzi ci vantiamo e ne siamo convinti che abbiamo la dignità di chiamarci figli di Dio e lo siamo veramente, in più anche coloro che non ne hanno consapevolezza. Nel Concilio Vaticano II, all’ultima assemblea, nell’ultimo giorno prima della chiusura fu votata ed approvata la Dichiarazione sulla libertà religiosa intitolata Dignitatis humanae. Ma abbiamo dovuto attendere gli incontri di Assisi, voluti da Giovanni Paolo II per vedere persone di tutte le religioni pregare con pari dignità, gli uni accanto agli altri, e ancora, papa Francesco per alcuni incontri e documenti sottoscritti con i responsabili di altre religioni e il documento Dignità infinita che riprendiamo a sfogliare per scoprirne la portata di cultura e operosità che può generare.
Stupore genera anche la consapevolezza che il Concilio Vaticano II e il Magistero successivo è ricco di affermazioni circa la “dignità” della persona umana. Ne ricordiamo pochi passaggi. Giovanni XXIII: “La dignità umana al primo posto tra i valori”, in Mater et Magistra (n.192); “La dignità umana esige la verità, la giustizia, l’amore e la libertà nelle relazioni” in Pacem in terris, (n.34-38.45); “Dignità dei cittadini, obbedienza all’autorità e obiezione di coscienza” (n.50-51) La Gaudium et Spes (GS) riflette sulla dignità della persona umana (12-24); “la dignità dell’uomo esige che egli agisca liberamente” (17); “chiesa e dignità dell’uomo” (41).
Stupore ancora si accumula andando a sfogliare la “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea” con un orizzonte ben definito nel preambolo: “I popoli europei nel creare tra loro un’unione sempre più stretta hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni”. La Carta infatti è strutturata in sette capitoli i cui titoli sono racchiusi in una sola parola li elenchiamo I Dignità (1-5), II Libertà (6-19), III Uguaglianza (20-26), IV Solidarietà (27-38), V Cittadinanza (39-46), VI Giustizia (47-20), VII Disposizioni Generali (51-54).
L’art.1 del cap.1 recita: “La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata”. La dignità è continuamente proclamata ma, in misura notevole costantemente violata. Forse ci mancano ispirazione e prassi politico-sociale adeguate. Nel 1973 Aldo Moro definì l’ispirazione cristiana in politica come principio di non appagamento dell’ esistente nel suo significato spirituale e nella sua struttura sociale. Si spese per dare forma politica al dialogo cercando di guidare il partito rivale al di fuori dell’opposizione, cercando di coltivare progetti che andassero al di là di un orizzonte di sopravvivenza tenendo conto del dialogo e della convinzione ragionevole come strada maestra e decisiva per affrontare e risolvere i problemi della convivenza collettiva. Questo orizzonte di pari dignità e responsabilità in lui fu stroncato dalla violenza omicida, da noi sembra non trovare operatori che dignitosamente e credibilmente l’incarnino.☺