La follia nell’arte
13 Ottobre 2023
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La follia nell’arte

“Ogni azione che gli uomini compiono è intrisa di pazzia” scriveva agli inizi del XVI secolo Erasmo da Rotterdam (Elogio della follia). La follia, parafrasando il pittore Jean Dubuffet, dona all’uomo le ali e “lo spinge alla chiaroveggenza”. Secondo alcuni il rapporto tra psicopatologia e creatività potenzierebbe l’ispirazione, facendola uscire dalle maglie dell’accademismo e spingendola a librare ver- so nuovi percorsi. Henri F. Ellemberg chiama “sindrome nevrotica creativa” quella che Giacomo Leopardi, nello Zibaldone, definì melanconia leggera, “che partorisce le cose dolci”, e che sarebbe una spinta utile per arrivare alla buona produzione artistica. Xavier Francotte, sull’onda del romantico sturm und drang, intravide, per primo, correlazioni e legami tra genialità e sregolatezza. E Silvano Arieti ritiene che “a volte l’artista riesce a produrre fantasie tali da uguagliare, quasi, il sognatore oppure è capace di ‘quelle orge di iden- tificazione’ tipiche degli schizofrenici”… “Nella psicopatologia, nella normalità come nella creatività, vi è la possibilità di ravvisare somiglianze e analogie”.
Liberazione dall’inconscio
Ma cos’è la follia? Direbbe Sigmund Freud, che essa emerge dalla liberazione dell’inconscio dalle catene della censura o rimozione, mentre nel mondo classico essa era addirittura legata alla sfera sacra mediante i responsi dell’oracolo (il cui termine greco corrispondente è manteias, ovvero divinazione, che ricorda molto il significato impazzito, furioso). Secondo le testimonianze, infatti, la Pizia vaticinava sotto l’effetto di suffumigi e sostanze inebrianti, che la facevano entrare in uno stato di trance estatica, nel corso della quale diveniva lo strumento materiale mediante il quale la divinità poteva parlare agli uomini. Nel Medioevo il folle diventò invece il rappresentante terreno del demonio, da esorcizzare mediante pratiche apposite. Fu solo nel Rinascimento che la visione del folle subì un radicale mutamento: grazie all’Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam, in quest’epoca il folle venne considerato una persona diversa, sia per i valori sia per la sua filosofia di vita, e quindi lo si doveva rispettare e lasciare in libertà, dato che la follia è insita nell’uomo fin dalla nascita come sua inseparabile compagna di vita. In sintesi, non esiste una definizione univoca di follia, anzi, essa assume significati e accezioni differenti a seconda del contesto socio-storico-culturale in riferimento al quale viene considerata.
“L’arte costituisce un regno intermedio tra la realtà che frustra i desideri e il mondo della fantasia che li appaga, un dominio in cui sono rimaste per così dire vive le aspirazioni all’onnipotenza dell’umanità pri- mitiva… L’artista è, originariamente, un uomo che si distoglie dalla realtà giacché non può adattarsi a quella rinuncia dell’ appagamento delle pulsioni che la realtà inizialmente esige, e lascia che i suoi desideri di amore e di gloria si realizzino nella vita di fantasia”(Sigmund Freud).
Nella storia dell’arte è molto lungo l’elenco di artisti famosi che si sono ammalati di disturbi nervosi più o meno gravi, restandone condizionati non solo nella vita di ogni giorno ma anche durante la realizzazione delle loro opere migliori, stregati dalle manifestazioni oscure e instabili della mente. Opere che dimostrano che anche nei malati di mente può esistere un produttività artistica e una creatività esternate con mezzi espressivi non inferiori a quelli degli artisti sani, e ciò fa supporre che l’arte scaturisce da tensioni emozionali molto vicine alla sofferenza della follia.☺

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