la poesia civile di Enzo Bacca: “il custode”
Entrate nel buio per dare luce all’oblio
sull’uscio di casa un tempo scorreva il mondo.
Vincenzo era lì a due passi
anche la vanga era lì tra gli arti degli altri
pupazzi di pezza rattoppata, tra i vicoli
erba alta, tombe bianche antiche di mare.
(Gli eserciti sbarcano
i migranti approdano).
E le croci con remi e pale (di reni sfiancati)
al posto del Dio crocifisso un panno di lana
di sangue, d’azzurro, un fuoco senza memorie.
Vincenzo era lì a due passi custode di lastre
nel perimetro dove il sole vive di riflessi
(ipotenusa rivolta all’orizzonte)
e braccia venose solerti alla sepoltura.
Ogni tanto un fiore un muschio, una coccarda
ci sono ancora brocche di Samaritana
per bocche asciugate dall’humus, dalle blatte.
Nessuna traccia d’uomo con la faccia alta
fasce a tracolla, doppiopetto blu.
Vincenzo era lì a due passi, stesso tanfo-
innocente odore ristagnato di salme
narici che non attendono più fragranza di viole.
(Gli eserciti sbarcano
i migranti approdano).
In una stanza sul molo a Lampedusa
resti di zattera e pezzetti di popoli infranti.
(A volte sono nuvole cosparse di sale
inerti, senza lacrime).
