“Ricorda i giorni del tempo antico… porzione del Signore è il suo popolo, Giacobbe sua parte di eredità. Egli lo trovò in una terra deserta, in una landa di ululati solitari. Lo circondò, lo allevò, lo custodì come la pupilla del suo occhio. Come un’aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, egli spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali” (Dt 32,7.9-11).
Il libro del Deuteronomio si presenta come una raccolta di discorsi di congedo o come il testamento vero e proprio di Mosè che effettua il passaggio delle consegne a Giosuè, leader scelto da Dio per condurre il suo popolo nella terra di Canaan. Il Deuteronomio custodisce la memoria culturaledi Israele per preservare l’identità del popolo seriamente minacciata nel primo periodo post-esilico. Mosè, padre del popolo, prepara la nuova generazione alla conquista della terra promessa. Egli desidera che il popolo non solo riceva il dono di Dio ma impari anche a custodirlo, mostrandosi fedele all’alleanza e osservando la legge ricevuta al Sinai.
L’alleanza si presenta come rapporto intimo tra Dio e Israele, rapporto di natura sponsale che si basa non su meriti o retribuzioni ma sulla straordinaria gratuità divina, rapporto d’amore che non si limita alla sfera sentimentale ma coinvolge ogni aspetto dell’esistenza umana. La fedeltà all’alleanza è legata alla qualità dell’ascolto che è il vero motore dell’amore, come recita il celebre passo dello Shema Ysrael: solo ascoltando la parola di Dio, è possibile riconoscere l’unicità del Signore e innamorarsene, investendo per lui tutte le proprie facoltà. Solo amando Dio e coinvolgendosi pienamente in questo rapporto d’amore, il popolo può tener vivo il ricordo dei benefici divini. La vera catastrofe per il popolo infatti è l’oblio che devitalizza l’amore. La salvezza sta nella memoria.
Ricordare infatti è un verbo caro al Deuteronomio che indica un esercizio non della mente ma del cuore, un’igiene interiore che consiste nel dare ospitalità a Dio e alla sua unicità. È il verbo che dice che l’amore è acceso perché all’amato è stata aperta la porta, è stata data la possibilità di avere pieno accesso ai propri sentimenti, alla propria intelligenza, alla propria emotività, alle proprie capacità e scelte personali. Ricordare, nell’ambito dell’alleanza con Dio, è esperienza di interiorizzazione della parola di Dio, tanto da farla diventare carne della propria carne e da poterla trasmettere non solo con le parole ma anche con i propri gesti. È una custodia degli interventi salvifici di Dio e della sua tenerezza che ha il potere di attualizzare nel presente gli effetti benefici della sua eterna cura e premura.
Ricordare è l’omaggio più grande che il nostro cuore possa rendere a eventi e a persone. Ricordare è decidere che qualcosa o qualcuno abiti in noi per sempre. Dio si ricorda sempre di noi. Paradossalmente una madre può dimenticarsi del frutto del suo grembo, ma Dio no. L’esperienza di fede è provocazione forte a un amore capace di ricordo. Quando il ricordo dell’altro/Altro si sbiadisce, l’amore perde smalto e muore.
“Ricorda i giorni del tempo antico… porzione del Signore è il suo popolo, Giacobbe sua parte di eredità. Egli lo trovò in una terra deserta, in una landa di ululati solitari. Lo circondò, lo allevò, lo custodì come la pupilla del suo occhio. Come un’aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, egli spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali” (Dt 32,7.9-11).
Il libro del Deuteronomio si presenta come una raccolta di discorsi di congedo o come il testamento vero e proprio di Mosè che effettua il passaggio delle consegne a Giosuè, leader scelto da Dio per condurre il suo popolo nella terra di Canaan. Il Deuteronomio custodisce la memoria culturaledi Israele per preservare l’identità del popolo seriamente minacciata nel primo periodo post-esilico. Mosè, padre del popolo, prepara la nuova generazione alla conquista della terra promessa. Egli desidera che il popolo non solo riceva il dono di Dio ma impari anche a custodirlo, mostrandosi fedele all’alleanza e osservando la legge ricevuta al Sinai.
L’alleanza si presenta come rapporto intimo tra Dio e Israele, rapporto di natura sponsale che si basa non su meriti o retribuzioni ma sulla straordinaria gratuità divina, rapporto d’amore che non si limita alla sfera sentimentale ma coinvolge ogni aspetto dell’esistenza umana. La fedeltà all’alleanza è legata alla qualità dell’ascolto che è il vero motore dell’amore, come recita il celebre passo dello Shema Ysrael: solo ascoltando la parola di Dio, è possibile riconoscere l’unicità del Signore e innamorarsene, investendo per lui tutte le proprie facoltà. Solo amando Dio e coinvolgendosi pienamente in questo rapporto d’amore, il popolo può tener vivo il ricordo dei benefici divini. La vera catastrofe per il popolo infatti è l’oblio che devitalizza l’amore. La salvezza sta nella memoria.
Ricordare infatti è un verbo caro al Deuteronomio che indica un esercizio non della mente ma del cuore, un’igiene interiore che consiste nel dare ospitalità a Dio e alla sua unicità. È il verbo che dice che l’amore è acceso perché all’amato è stata aperta la porta, è stata data la possibilità di avere pieno accesso ai propri sentimenti, alla propria intelligenza, alla propria emotività, alle proprie capacità e scelte personali. Ricordare, nell’ambito dell’alleanza con Dio, è esperienza di interiorizzazione della parola di Dio, tanto da farla diventare carne della propria carne e da poterla trasmettere non solo con le parole ma anche con i propri gesti. È una custodia degli interventi salvifici di Dio e della sua tenerezza che ha il potere di attualizzare nel presente gli effetti benefici della sua eterna cura e premura.
Ricordare è l’omaggio più grande che il nostro cuore possa rendere a eventi e a persone. Ricordare è decidere che qualcosa o qualcuno abiti in noi per sempre. Dio si ricorda sempre di noi. Paradossalmente una madre può dimenticarsi del frutto del suo grembo, ma Dio no. L’esperienza di fede è provocazione forte a un amore capace di ricordo. Quando il ricordo dell’altro/Altro si sbiadisce, l’amore perde smalto e muore.
Con i libri della Genesi, dell’Esodo, del Levitico e dei Numeri, presentati i mesi scorsi, abbiamo cominciato a dare uno sguardo veloce, ma non superficiale, ai 73 libri che compongono la bibbia.
“Ricorda i giorni del tempo antico… porzione del Signore è il suo popolo, Giacobbe sua parte di eredità. Egli lo trovò in una terra deserta, in una landa di ululati solitari. Lo circondò, lo allevò, lo custodì come la pupilla del suo occhio. Come un’aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, egli spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali” (Dt 32,7.9-11).
Il libro del Deuteronomio si presenta come una raccolta di discorsi di congedo o come il testamento vero e proprio di Mosè che effettua il passaggio delle consegne a Giosuè, leader scelto da Dio per condurre il suo popolo nella terra di Canaan. Il Deuteronomio custodisce la memoria culturaledi Israele per preservare l’identità del popolo seriamente minacciata nel primo periodo post-esilico. Mosè, padre del popolo, prepara la nuova generazione alla conquista della terra promessa. Egli desidera che il popolo non solo riceva il dono di Dio ma impari anche a custodirlo, mostrandosi fedele all’alleanza e osservando la legge ricevuta al Sinai.
L’alleanza si presenta come rapporto intimo tra Dio e Israele, rapporto di natura sponsale che si basa non su meriti o retribuzioni ma sulla straordinaria gratuità divina, rapporto d’amore che non si limita alla sfera sentimentale ma coinvolge ogni aspetto dell’esistenza umana. La fedeltà all’alleanza è legata alla qualità dell’ascolto che è il vero motore dell’amore, come recita il celebre passo dello Shema Ysrael: solo ascoltando la parola di Dio, è possibile riconoscere l’unicità del Signore e innamorarsene, investendo per lui tutte le proprie facoltà. Solo amando Dio e coinvolgendosi pienamente in questo rapporto d’amore, il popolo può tener vivo il ricordo dei benefici divini. La vera catastrofe per il popolo infatti è l’oblio che devitalizza l’amore. La salvezza sta nella memoria.
Ricordare infatti è un verbo caro al Deuteronomio che indica un esercizio non della mente ma del cuore, un’igiene interiore che consiste nel dare ospitalità a Dio e alla sua unicità. È il verbo che dice che l’amore è acceso perché all’amato è stata aperta la porta, è stata data la possibilità di avere pieno accesso ai propri sentimenti, alla propria intelligenza, alla propria emotività, alle proprie capacità e scelte personali. Ricordare, nell’ambito dell’alleanza con Dio, è esperienza di interiorizzazione della parola di Dio, tanto da farla diventare carne della propria carne e da poterla trasmettere non solo con le parole ma anche con i propri gesti. È una custodia degli interventi salvifici di Dio e della sua tenerezza che ha il potere di attualizzare nel presente gli effetti benefici della sua eterna cura e premura.
Ricordare è l’omaggio più grande che il nostro cuore possa rendere a eventi e a persone. Ricordare è decidere che qualcosa o qualcuno abiti in noi per sempre. Dio si ricorda sempre di noi. Paradossalmente una madre può dimenticarsi del frutto del suo grembo, ma Dio no. L’esperienza di fede è provocazione forte a un amore capace di ricordo. Quando il ricordo dell’altro/Altro si sbiadisce, l’amore perde smalto e muore.
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