
La repubblica dello scaricabarile
Il 2020, annus horribilis, volge al termine. E non posso fare a meno di pensare che abbiamo perso, come popolo, l’ennesima occasione di riscatto. Un anno iniziato con scene apocalittiche, ma anche con una rinnovata coesione sociale. Come non ricordare quell’abbraccio virtuale che avvolgeva gli italiani in un canto dai balconi? Siamo stati, per un attimo, un popolo, una nazione. Ma con il primo calo dei contagi, dovuto inconfutabilmente a delle misure severe, siamo tornati a focalizzarci sul nostro orticello. Dando, ancora una volta, il peggio di noi. E allora il cordoglio nazionale per le ambulanze che trasportavano i morti di Bergamo ha lasciato posto alle scene imbarazzanti dei locali stracolmi in Sardegna. Come dire di no alle pressioni dei noti imprenditori della Costa Smeralda? Avevano sborsato fior di quattrini per ingaggiare dj blasonati, poverini! Ci siamo poi accorti, via via che i contagi tornavano a salire, che ci sono una ventina di italiette diverse.
Alcune regioni erano troppo impegnate a battere i pugni sui tavoli ministeriali per occuparsi della salute dei propri amministrati, altre si genuflettevano alle lobby delle cliniche private, assicurando loro un posto a tavola. Altre ancora, come la nostra, preferivano il più comodo e rassicurante scaricabarile. In quello, si sa, siamo imbattibili. C’è sempre qualcun altro su cui scaricare le proprie responsabilità, che avrebbe dovuto fare di più, c’è sempre un nemico su cui puntare il dito, quasi sperando che sbagli per dimostrare la propria presunta superiorità.
Mi chiedo se ci sia una sorta di maledizione negli anni ’20 di ogni secolo, ma spero di non dover attendere gli anni ’50 per vedere uno spiraglio di rivalsa. Sta di fatto che c’è voluta nientemeno una pandemia, una sciagura globale, per capire che, forse, qualcosa non va nel nostro Belpaese. Abbiamo avuto bisogno di un’intervista in tv per renderci conto che in Calabria non erano “solo” le aziende sanitarie sciolte per infiltrazioni mafiose a non funzionare. Che, ancora, c’è un enorme problema di classe dirigente che ci impedisce di uscire dal pantano. E allora, mentre i medici stremati da mesi di emergenza lanciavano appelli disperati, da ospedali vetusti oltre i limiti della decenza, ci siamo d’un tratto accorti che i superuomini non esistono. Che ci vogliono 4 o 5 tentativi per trovare un professionista presentabile disposto a mettere le mani nella sanità peggiore d’Italia. Che dietro un’ottima campagna di marketing, lo sceriffo campano non ha fatto altro che stipulare accordi coi privati e vomitare insulti irripetibili a chiunque, dai privati cittadini, al governo, al sindaco della città capoluogo.
Abbiamo dovuto attendere la seconda ondata di Covid, ben più cruenta della prima – come sempre in un’epidemia – per renderci conto che gli articoli della nostra vilipesa Costituzione non hanno tutti lo stesso peso. Il diritto alla salute è subordinato al rispetto dei vincoli di bilancio e può variare da Nord a Sud, dal centro alla periferia. Che ci piaccia o no. Il diritto alla proprietà privata viene prima di quello al lavoro e dell’uguaglianza dei cittadini. Altrimenti non si spiega perché si è potuto fare il possibile per ristorare le attività chiuse per Covid, ma non si è potuto mettere un freno agli affitti e alle utenze. Abbiamo riscoperto poi il diritto allo sciopero, nella sola accezione negativa che mi venga in mente: i medici di base che rifiutano di assistere i malati Covid, sostenuti nella “nobile” battaglia addirittura da un Tribunale amministrativo. Ma, soprattutto, abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione che alla politica il prossimo appuntamento e- lettorale interessa molto più della vita delle persone.
Assistere a continui bracci di ferro ingaggiati col governo da questo o quel governatore, il nostro in primis, è stato forse il momento più basso di quest’anno già nefasto. Non è questo il momento di spiegare come funzionano i ricatti impliciti che tengono bloccati i tavoli di concertazione. Ma dietro le verità spiattellate dal presidente a reti unificate, c’è una vera e propria guerra nascosta. Vuole farci credere che le sue pressioni con i ministeri non contino, perché di diverso colore politico. Ma se così fosse non si spiegherebbe perché tanti governatori, in maggioranza di centrodestra, tengano spesso sotto scacco il governo nazionale. È la cruda realtà: la politica è fatta di compromesso, ci sono tante materie ripartite (la sanità è l’esempio più eclatante) e mettersi contro i presidenti di regione può far rischiare uno stallo. In conferenza Stato-Regio- ni, tanto per iniziare. Ma di questo parleremo un’altra volta.
Per ora voglio augurare buon Natale (siamo un mensile, tocca anticipare) a tutti i complottisti, i menefreghisti del “tanto muoiono solo i vecchi”, quelli del “è una congiura dei cinesi”, gli ignoranti dell’acqua di fogna nei vaccini, quelli che esultano se a morire sono 500 persone invece delle 600 del giorno prima, quelli della “resilienza”, che si ostinano ad infrangere le regole perché fa figo o si sentono al di sopra delle stesse. Un augurio speciale va poi ai commissari a loro insaputa, che beccati a trastullarsi scoprono di dover fare qualcosa a fronte dei 10mila euro al mese che ricevono. Vi svelo un segreto: non ve li manda Babbo Natale. Ma il più caldo dei saluti lo riservo a chi ha perso una buona occasione per dimostrare di avere a cuore il bene comune, preferendo il più rassicurante starsene in panciolle e dare la colpa agli altri. Quando a Natale vedrete scorrere quegli agghiaccianti sottopancia che chiamano all’appello i medici, nel frattempo emigrati, quando vi volterete e qualche “inutile” anziano non ci sarà più, spero ritroviate un briciolo d’umanità. Ah, se solo quei “vecchi” potessero ancora raccontarvi di quando siamo stati un Popolo, che partendo dalle ceneri di una guerra è arrivato, fiero, tra le 7 potenze mondiali.☺