La rimozione dei crimini compiuti
13 Novembre 2017
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La rimozione dei crimini compiuti

È indissolubile il legame intercorrente tra lo sviluppo economico di alcune grandi potenze – Germania, Francia, Belgio, Inghilterra in particolare – e l’estensione del dominio imperialistico europeo per circa la metà del globo terrestre, soggiogando e sottoponendo ad una sistematica spoliazione oltre un miliardo di esseri umani.

Le pratiche di dominio sono stati il commercio iniquo, l’occupazione diretta o indiretta attraverso la creazione e l’uso di classi dirigenti, spesso autoctone, corrive e complici dei piani di dominazione e sfruttamento, l’esportazione di capitale, la suddivisione delle sfere di influenza. Scrive lo storico Fieldhouse che “comunque, in regime protezionistico o di libero scambio, la tipica colonia moderna produceva ed esportava materie prime o semilavorati, importando la maggior parte dei manufatti di cui necessitava. Ciò la rendeva complementare alla sua madrepatria industrializzata e la metteva in condizione di sfruttare al massimo la sua dotazione di fattori produttivi e il principio del vantaggio comparato. Tale specializzazione, tuttavia, lasciava la colonia pericolosamente vulnerabile alle fluttuazioni del mercato internazionale, come avvenne nel corso degli anni trenta; inoltre le impediva di realizzare un rapido sviluppo economico attraverso l’industrializzazione[…] Un altro risultato comune a molti paesi è stato un enorme debito con l’estero, contratto per finanziare il nuovo sistema industriale”. Insomma l’arretratezza economica e sociale delle ex colonie è stato il prodotto storico di relazioni di dipendenza che le società occidentali hanno loro imposto, facendone il serbatoio a cui attingere sia materie prime, sia   manodopera a basso costo. Tale rapporto di dipendenza è stato mantenuto anche a seguito della decolonizzazione. Scrive sempre Fieldhouse che “nello stesso tempo i capitalisti occidentali riuscirono a fare investimenti in ogni campo in cui intravedevano ampi margini di profitto, con il risultato che, al momento dell’indipendenza, le ‘leve del comando’ dell’economia coloniale erano nelle mani di multinazionali estere. Il colonialismo, dunque, fu soprattutto responsabile dell’eccesso di specializzazione e della povertà di quasi tutte le ex colonie, e la decolonizzazione giunse solo quando, e in quanto, il capitalismo occidentale si convinse che il processo di ristrutturazione delle economie coloniali in base ai suoi interessi era giunto a un punto così avanzato che persino l’indipendenza non avrebbe più potuto invertirlo.”

Giustamente la CEI della Liguria parla di “fenomeno sociale epocale”ed accusa l’occidente di “smemoratezza storica”. “Nel modo con cui il fenomeno delle migrazioni forzate viene affrontato, è contemporaneamente cancellata la storia: spesso non si riconosce il minimo coinvolgimento nelle cause storiche (economiche, politiche, ambientali, sociali, ecc. …) che sono alla base dell’attuale fenomeno delle migrazioni. Questo, di contro, non è per nulla un fenomeno casuale, ma ha salde e profonde radici che legano tra loro gli enormi flussi migratori degli ultimi secoli. Nessuno può tirarsi fuori da questo esame di coscienza”.

D’altro canto papa Francesco nel III Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari, svoltosi dal 2 al 5 novembre 2016 a Roma, ha detto che “siamo creditori di un debito storico, sociale, economico, politico e ambientale che deve essere saldato”. Giustamente i vescovi liguri sottolineano che quella di Francesco “è un’espressione che rovescia la visione del mondo e pone i popoli sfruttati non tra i debitori dei ricchi, ma tra i creditori degli stessi e non solo da un punto di vista economico e finanziario, ma anche da un punto di vista sociale, ambientale, storico e, pertanto, politico”.☺

 

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