L’area matesina
8 Settembre 2018
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L’area matesina

La recente istituzione del Parco Nazionale del Matese, in armonia con la Strategia Nazionale delle Aree Interne, ha posto all’attenzione della pubblica opinione delle Regioni direttamente interessate (Campania e Molise) le concrete possibilità di uno sviluppo integrale dell’intera area matesina, attraverso la radicale inversione della direzione dei flussi che merci ed energie hanno gradualmente subìto all’indomani del secondo dopoguerra.

Fonti energetiche      

Dalla metà degli anni cinquanta, infatti, le fonti energetiche disponibili per le attività lavorative inerenti all’agricoltura, all’industria, all’artigianato e ai servizi, erano in genere ancora in prevalenza di natura rinnovabile e sostenibile. L’energia disponibile, per le attività civili e industriali dei centri maggiori, presenti sul territorio nazionale sia al nord che al sud, essendo di origine idroelettrica, proveniva dalle aree interne, appenniniche o alpine, là dove cioè le condizioni geomorfologiche e idrauliche ne consentivano la giusta ed efficace produzione.

Emblematico è l’esempio di produzione e trasporto di tale forma di risorsa energetica, tuttora esistente ed attivo, nel centro-sud d’Italia, rappresentato sia dalla centrale idroelettrica, sita nel comune dell’entroterra abruzzese di Popoli, che dalla linea elettrica ad alta tensione che, tuttora, continua ad assicurarne il trasporto fino a Frattamaggiore, alle porte di Napoli. Tutto ciò ad evidenziare l’ordinario trasferimento di tale risorsa da un’area marginale, e a bassa densità abitativa, a quella di un grosso centro urbano, per permettere il funzionamento dell’insieme delle presenti attività civili e industriali. Inoltre, sia pure in scala ridotta e all’interno delle stesse aree marginali, era ancora e in prevalenza la stessa energia idraulica, pur con potenziali energetici minori, ma pur sempre con impianti diffusi sul territorio, che consentiva il funzionamento di un gran numero di attività, a partire dal geniale e prezioso ingegno del mulino ad acqua. Al tutto si aggiungevano le numerose centraline che, sfruttando i tanti piccoli salti morfologici, presenti lungo i corsi d’acqua, permettevano di produrre e rendere disponibili quantitativi energetici per le quotidiane attività agricole, artigianali e/o per gli usi civili, in primis l’illuminazione pubblica e privata degli insediamenti urbani.

Altra importante risorsa energetica, presente e disponibile nelle stesse zone interne, era quella rappresentata dalla biomassa, propria della risorsa bosco, da cui sia l’uso diretto del legname che quello derivante dalla sua trasformazione in carbone di legna, al fine di aumentarne la concentrazione energetica a parità di volume disponibile. Da non trascurare, in ultimo, il potenziale energetico biologico degli animali e umano, sia per tutte le attività agricole, come l’aratura, la trebbiatura, la molitura delle olive, la vendemmia, sia quelle concernenti i lavori artigianali e per il trasporto dei prodotti che man mano si andavano definendo nel contesto delle mansioni e delle diverse esigenze materiali, tipiche delle comunità umane presenti.

Coltivazioni e allevamento

In parallelo, e nello stesso verso dei flussi energetici, procedevano quelli delle sostanze agroalimentari (coltivazioni agrarie e allevamenti di bestiame), che dall’entroterra partivano alla volta dei centri maggiori. Le materie prime destinate all’alimentazione, sia quelle derivanti dalle coltivazioni agrarie (cereali, patate, ortaggi e frutta) che quelle provenienti dagli allevamenti del bestiame e dai prodotti derivati (uova, latte e formaggi vari), sia grezze che semilavorate, fluivano, infatti, pressoché a chilometro zero o direttamente o in seguito ai trattamenti cui erano sottoposti nei laboratori artigianali, quali i caseifici e i macelli, in direzione del più vicino centro cittadino.

In quegli stessi anni, però, a cominciare dalla scoperta dei primi giacimenti di idrocarburi, sia gassosi che liquidi, in particolare nella pianura Padana, ma anche in altre aree del Paese (Gela in Sicilia) e poi con la nascita dell’ENI, ad opera di Enrico Mattei, le fonti primarie per la produzione di energia elettrica e non solo, diventano, sempre più, quelle di origine fossile, provenienti, soprattutto, dagli imponenti giacimenti del Medio Oriente.

In tale contesto, l’ltalia, per la sua stessa posizione geografica, diventa la più grande raffineria d’Europa per il trattamento del greggio. Dagli impianti presenti nei maggiori porti della nostra penisola, partono, infatti, per gran parte dei Paesi della Comunità Europea, enormi quantitativi di prodotti finiti. Conseguentemente, i residui oleosi, meno pregiati e a basso costo, ma utilissimi per far funzionare le sempre più numerose centrali termiche, diventano la panacea per il decollo di quello sviluppo, repentino e inaspettato, definito e conosciuto come “miracolo economico italiano”.

È tutto ciò che consente l’affermarsi dell’industria e dell’agricoltura dei grandi numeri che s’insediano nelle aree pianeggianti del Paese, sia per l’accresciuta disponibilità dell’approvvigionamento energetico, sia per la maggiore flessibilità nella localizzazione degli impianti di produzione, non più dettata dalle condizioni geomorfologiche dei luoghi. I flussi di merci e di energia invertono, pertanto e definitivamente, la direzione prevalente di marcia e iniziano quel percorso che, rendendo di fatto le aree interne non più economicamente competitive, ne determina lo stato di abbandono e di continuo e inarrestabile impoverimento.

Prospettive future

In questi ultimi anni, la riscoperta della qualità della vita legata ai prodotti e ai loro luoghi di provenienza, e la sempre più ampia disponibilità, proprio nelle aree più distanti dai centri urbani maggiori, delle fonti energetiche alternative, ancorché di variegata provenienza, ha indicato la possibilità (finalmente!) di ribaltare, in forme nuove e culturalmente elevate, la direzione dei flussi di cui sopra e permettere a moderne e complesse aziende multifunzionali agricole e non solo, di affermarsi, sia dal punto di vista ecosostenibile che quali presìdi, economici e sociali, definitivi e duraturi.

È in via di concreta affermazione, la possibilità di: a) rendere disponibili prodotti di alto livello qualitativo, strettamente legati al contesto paesaggistico e geomorfologico dei luoghi unici nella loro specificità, così come la trasformazione degli stessi, attingendo sia agli antichi saperi popolari che alle più avanzate conoscenze che la ricerca scientifica e tecnologica è in grado di rendere disponibili, al fine di massimizzarne qualità e sapori; b) considerare la stessa azienda agricola sia come laboratorio sperimentale di ricerca, che come centro didattico per la divulgazione delle conoscenze, tanto alle scolaresche che ai comuni visitatori, desiderosi di acquisire informazioni, attraverso la partecipazione diretta alle attività presenti e disponibili in loco; c) far sì che l’azienda agricola moderna possa essere sia fonte di produzione energetica, ovviamente rinnovabile, tanto per se stessa quanto da immettere in rete, che presidio territoriale per la salvaguardia e la valorizzazione dei luoghi, attraverso la loro manutenzione continua e costante; ciò non può che favorire il ripristino di quelle situazioni economico-sociali, ritenute, a torto, definitivamente compromesse.☺

 

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