Latte di gallina
11 Aprile 2021
laFonteTV (3191 articles)
Share

Latte di gallina

Latte di gallina è una breve fiaba ambientata nel lontano Oregon. Il protagonista è Spitz, proprietario di una fattoria che vende un latte di gallina cui sono attribuite proprietà miracolose per la cura delle malattie e per il prolungamento della vita. Sebbene il prodotto costi molto, la gente si adatta a fare lunghe file pur di ottenerne un bicchiere.

Ma latte di gallina, o ornitogallo, è anche il nome dato alla pianta di cui ci occupiamo. Perché latte di gallina? Per via del colore bianco intenso dei fiori simile a quello del latte oppure per il liquido bianco prodotto dai rami spezzati della pianta.

L’ornitogallo è una pianta bulbosa, perenne, che abbonda dalla primavera all’ estate nei campi e in tutti i luoghi erbosi, dove è facilmente riconoscibile per la sua infiorescenza. Originario di vaste aree dell’Asia, dell’Europa, del Nord Africa e del Nord America, raggiunge un’altezza che varia dai 30 agli 80 centimetri. Le foglie sono strette, lunghe, di un bel colore verde scuro, e presentano una striscia bianca lungo il solco centrale. Questa, pur essendo simile a un’ombrella, a un attento esame, si rivela come un racemo in cui i peduncoli fiorali sono inseriti in modo molto ravvicinato, come in un corimbo, tanto che la pianta è classificata come una Liliacea e non una Ombrellifera. In altre parole, i fiori, ampi con tipiche nervature verdognole, sono dotati di un perigonio a sei tepali, cioè non vi è distinzione tra calice e corolla perché i sepali e i petali, carnosi, sono saldati insieme.

Il suo nome scientifico Ornithogalum umbellatum, per quanto riguarda il genere, deriva dal greco hórnis, hórnithos = “uccello” e gála, gálaktos = “latte”, per il colore bianco latteo dei fiori o per la forma che essi assumono quando sono chiusi, simile alla cresta di una gallina o di un gallo, e anche per il colore bianco dei bulbilli che ricordano le uova delle galline. Il nome della specie umbellatum deriva invece dal latino umbellatus = “a forma di ombrellino”, anche se, come si diceva sopra, i fiori sono portati da un corimbo e non da un’ombrella. I numerosi piccoli bulbi esterni alle tuniche del bulbo principale sono alla base di una specificazione nel nome attribuito nel passato a questa pianta: Ornithogalum umbellatum subspecie paterfamilias. Altri nomi con i quali è conosciuta sono cipollone bianco, per la tunica bianca e sottili, che avvolge il bulbo con i numerosi bulbilli che vi sono attaccati, e stella di Betlemme perché i suoi fiori, quando sono aperti, hanno la forma di una stella e perché, secondo un’antica leggenda, avrebbero accolto il capo di Gesù Bambino.

Il genere Ornithogalum comprende una ricchissima varietà di specie adatte anche alla coltivazione nei giardini a scopo ornamentale sia per l’odore tenue e gradevole, sia per la colorazione dei fiori: oltre che bianchi, questi possono essere infatti anche arancioni o tendenti al rosso oppure gialli.

Se si vuole ottenere una fioritura abbondante e compatta, da aprile a maggio, si consiglia di interrare i bulbi a breve distanza. Allestire un piccolo angolo di colore sul balcone è facilissimo, tanto più che la pianta resiste sia a temperature molto basse che a quelle più alte. È possibile interrare, nello stesso vaso dell’ornitogallo, anche il tubero del ciclamino, che si può prelevare nel bosco, e ottenere una doppia fioritura, primaverile e autunnale. Queste due piante richiedono poca o nessuna cura particolare: i bulbi si lasciano tranquillamente nel vaso, dato che in estate e in inverno sono in quiescenza e non temono né il caldo né il freddo, e ogni anno tornano puntualmente a fiorire. Un consiglio: la terra del vaso deve contenere una buona quantità di sabbia e torba al fine di riprodurre l’ambiente ideale per la loro coltivazione.

Alcune varietà di Ornitogallo secernono colchicina, un composto chimico che è presente in piccole dosi in alcuni medicinali, ma che nel suo stato naturale può essere tossico per l’uomo.

Durante le carestie che imperversarono in Europa sino al secolo XVII, i bulbi di questa piantina, arrostiti e mescolati al miele, erano usati come alimento. Gli stessi bulbi crudi, sono invece velenosi per il bestiame.

Una curiosità: intorno a mezzogiorno, se il cielo è coperto, questa pianta, molto sensibile alla luce, arriccia i suoi tepali bianchi. Tale comportamento le ha procurato diversi nomi popolari: “signora delle undici” o “Betty che dorme a mezzogiorno”. ☺

 

laFonteTV

laFonteTV