Le aree archeologiche di larino
18 Ottobre 2019
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Le aree archeologiche di larino

Prima di tutto una precisazione. La denominazione “Area Archeologica Torre Sant’Anna”, induce ad un errore se si vuole localizzare il Foro della Larino romana. Il toponimo torre Sant’Anna come si evince dal foglio 154 della carta d’Italia dell’I.G.M., individua un luogo distante dall’area del Foro circa 2 Km lungo la direttrice nord-ovest. L’area del Foro, si trova invece, tra la linea ferroviaria Termoli-Campobasso, alle spalle del campo sportivo e si estende proprio in quell’area pianeggiante che abbraccia la torre De Gennaro ed è stata battezzata Piano della Torre. Pertanto l’area archeologica dovrebbe più propriamente essere denominata “Area Archeologica di Piano della Torre”, così come è stata indicata nelle relazioni delle attività di scavo. Un’area molto importante essendo il Foro presso gli antichi romani il centro religioso, commerciale, amministrativo, culturale della città, dove si teneva il mercato, si trattavano gli affari, si amministrava la giustizia, si celebravano cerimonie.

Ma andiamo con ordine. Ripercorriamone la storia. I primi scavi nell’area risalgono al 1949 per opera di V. Cianfarani ed ebbero come risultato la parziale messa in luce di una domus con il “mosaico dei pesci”, mosaico rinvenuto e denunciato già nel 1912 da un certo Matteo Della Corte. Bisogna attendere il 1973 e successivamente il 1974, con l’allora soprintendente prof. A. La Regina, per una nuova campagna di scavi, necessari a: “Verificare la consistenza quantitativa e qualitativa delle evidenze archeologiche eventualmente presenti in Piano della Torre ai fini del rilascio del nulla osta della Soprintendenza alla realizzazione della variante della SS 87”. La direzione dei lavori fu affidata all’archeologo prof. Eugenio De Felice.

Gli scavi hanno svelato la presenza di diversi monumenti: un tempio, ambienti in opus mixtum, la domus con impluvium e pavimento musivo, tabernae e un sacello con pavimento musivo. Per la prima volta dopo il 1949 è stata mappata tutta l’area e il De Felice parla di “probabile area del foro”. Sul giornale del 23 agosto 1974, Il Mattino, Claudio de Luca scrive: “Ad avvalorare la tesi del dott. De Felice sta anche l’escavazione di due tempietti che in base a misurazioni ed a rapporti intessuti con ruderi circostanti si è convenuto essere situati … nel pieno centro urbano dell’antica capitale frentana … Sempre secondo il dott. De Felice non vi dovrebbero essere più dubbi circa la venuta alla luce in Piano della Torre del vecchio nucleo della città frentana”. Sulla domus ulteriori interventi della Soprintendenza, portati a termine nel 1981/82, hanno restituito quanto oggi è “visibile”.

Dal 2007 al 2011 e poi nel 2014, un gruppo di ricerca dell’Università La Sapienza, coordinato dal prof. E. Lippolis, ha indagato l’area in maniera sistematica con una campagna di scavi ed è stato possibile identificare definitivamente il foro della città. Una delle motivazioni che ha spinto il gruppo ad intraprendere la ricerca è stata “l’ importanza del sito e del suo patrimonio archeologico, architettonico e urbanistico, che non ha ancora ricevuto una considerazione adeguata”. Ma anche perché “Larino (è) un caso di studio veramente esemplare” in quanto “può fornire indicazioni di grande interesse e contribuire all’analisi delle forme e dei modelli che hanno, di volta in volta, informato la crescita urbanistica dell’Italia peninsulare”.

Da questo succinto excursus emergono due elementi su cui riflettere: la Soprintendenza è intervenuta (1973/74) su richiesta dell’ANAS a fronte di un progetto di variante della sede stradale SS 87 e per tutelare beni culturali rinvenuti (1949, 1981/82); l’ Università interviene con un proprio progetto di ricerca concordato con la Soprintendenza del Molise (2007/14).

È stato così. Nulla quaestio. Nel passato gli interventi privilegiavano la tutela e la conservazione piuttosto che la valorizzazione. L’accesso al patrimonio culturale era riservato agli addetti ai lavori, ai pochi “eletti” ritenuti in grado di apprezzarne il valore. Nel ventunesimo secolo NO, non si può continuare così.

I larinesi vogliono valorizzare questo patrimonio che considerano memoria e testimonianza acquisita del passato, che considerano eredità e luogo della propria identità. Pertanto ne vogliono fare esperienza nel presente ed essere protagonisti del prossimo futuro. Il binomio bene culturale e turismo rappresenta un elemento di rilevante centralità. Quindi: tutela, conservazione e valorizzazione.

Secondo l’art. 6 del Codice dei Beni culturali e del paesaggio, la valorizzazione “consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso”. Ebbene rispettiamolo. “… assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso”.

Se ci avviciniamo all’area del Foro o alle altre zone archeologiche ben delimitate e vincolate, siamo presi da sdegno nel constatare l’abbandono in cui versano. Si ha l’impressione di un luogo depredato di quanto era possibile portare via e abbandonato perché inutile. Non vogliamo questo. Chi amministra questo territorio dovrebbe ricercare e praticare quelle azioni volte alla valorizzazione di tali risorse, con l’energia e la voglia di chi crede realmente nella cultura.

L’infingardaggine non paga! ☺

 

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