Le nuove sfide
5 Maggio 2017
La Fonte (351 articles)
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Le nuove sfide

A più di trent’anni dalla svolta epocale che ha segnato il passaggio dall’ospedale psichiatrico alla miriade di offerte alternative, (credo sia più opportuno parlare ancora oggi e per molte realtà di case famiglia) permane nella comunità terapeutica il fulcro di un nuovo corso. Questo voleva caratterizzarsi – discendendo in parte dalla riflessione intorno alla comunità terapeutica di matrice anglosassone – per i valori di democrazia e responsabilità, condivisione e non solo reclusione.

Un resoconto dei risultati di quel processo, ancora in corso, sarebbe complesso e obbligherebbe ad ampie digressioni; possiamo notare, però, che oggi siamo di fronte ad una nuova serie di emergenze e di richieste, che obbligano l’operatore della salute mentale ad una riflessione rinnovata.

Nella nostra regione esistono diverse comunità/case famiglia, convocate ad una seria revisione della propria organizzazione, per ragioni economiche; tali ragioni dovrebbero e potrebbero tramutarsi in stimoli per un reale cambiamento nel senso di un miglioramento dell’offerta terapeutica.

Tra le varie sollecitazioni che potremmo sottolineare, una mi sembra essenziale all’interno della questione sempreverde della de-istituzionalizzazione di fatto: le comunità/case famiglia hanno garantito un passo in avanti secco e decisivo, ma oggi rischiamo di essere carenti dell’anello di congiunzione che ponga insieme istituzione di cura e territorio.

Le strutture denominate Gruppo Appartamento saranno uno dei tasselli che potrebbero costituire quell’anello mancante: si garantirebbe infatti la continuità terapeutica rispetto a percorsi già avviati nella cornice delle istituzioni di cura “classi- che”, con una attenzione all’inserimento sociale, lavorativo ed alla declinazione dei progetti individuali in chiave davvero individuale. Ciò sosterrebbe il passaggio dalla costruzione di progetti generici, universalmente ritenuti validi per ciascuno, a progetti che prendono le mosse dai desideri, dai bisogni del paziente, il quale al termine di un percorso terapeutico potrà usufruire della dovuta gradualità dei trattamenti e della necessaria apertura verso un esterno non più spaventoso o arido di possibilità relazionali e materiali.

 

 

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