le ricadute della crisi
3 Luglio 2011 Share

le ricadute della crisi

 

Da mesi la Cgil, attraverso scioperi, manifestazioni e confronti pubblici, sta ponendo all’attenzione dell’Italia  le sofferenze di un sistema Paese che non riesce a ricostruire la basi di uno sviluppo duraturo. La crescita non può comunque prescindere dalla costruzione di una società più giusta e più equa: per tale motivo è urgente avviare un forte processo di riduzione del prelievo fiscale sul lavoro e sulle pensioni (oggi i salari italiani sono tra i più bassi dell’area euro; mentre le pensioni risultano essere fortemente decurtate dalla tassazione). In tale ottica occorre rivedere il sistema delle aliquote fiscali, riducendo la tassazione alle fasce sociali più deboli; aumentare la tassazione delle rendite finanziarie; potenziare l’attività di contrasto all’evasione; introdurre misure innovative volte a favorire le nuove generazioni.

Tra i settori più colpiti il comparto della meccanica si colloca al primo posto: infatti, sul totale delle ore registrate da gennaio a maggio, la meccanica pesa per 160.286.264, coinvolgendo 187.250 lavoratori. Segue il settore del commercio con 48.338.913 ore di CIG autorizzate per 56.471 lavoratori coinvolti e l'edilizia con 38.446.936 ore e 44.915 lavoratori.

Manca, soprattutto, una politica industriale in grado di sostenere lo sviluppo rafforzando gli assi della ricerca e dell’innovazione di processo e di prodotto. Da qui, la sofferenza di migliaia di aziende in tutto il Paese: solo nel corso del 2010 la cassa integrazione ha superato abbondantemente 1 miliardo di ore. Attualmente il numero di lavoratori parcheggiati in CIG supera il mezzo milione: tale fattore determina pesanti riflessi in busta paga (da inizio anno il taglio del salario è di circa 1 miliardo e 650 milioni pari a 3.300 euro in meno per ogni singolo lavoratore). Va inoltre sottolineato, come nel totale del monte ore di Cassa Integrazione registrate a maggio, pari a 103.215.824, l’incidenza della straordinaria e di quella in deroga tocchi l’80% relegando così ad un 20% l’utilizzo dello strumento.

Questo insieme di dati, nella loro complessa articolazione, ci pone dinanzi ad una crisi di ordine strutturale  che investe centinaia di aziende. Uno scenario di sofferenza che regista anche un aumento delle domande di ricorso al fallimento (+88,50%), mentre quelle che prevedono percorsi di reinvestimento e rinnovamento strutturale delle aziende sono appena il 6,56%.

Si registra, inoltre, un tasso di inattività superiore all’11%: un dato che va considerato tra i più alti in Europa; nel contempo un giovane su tre è disoccupato. Mentre nel settore pubblico, il taglio del 50% della spesa, porterà i 240.000 lavoratori precari alla possibile perdita del posto di lavoro. La stessa riforma della scuola continua ad indebolire la qualità dell’offerta formativa, mentre 200.000 addetti continuano a non avere un posto di lavoro a tempo indeterminato.

In Italia mettere a posto il bilancio dello Stato, significa soprattutto tagliare il welfare: dal 2008 ad oggi si è avuta una riduzione del 78% (dai 2 miliardi e 527 milioni stanziati quattro anni fa si è passati ai 538 milioni di oggi). È stato inoltre azzerato il fondo per la non Autosufficienza (l’anno scorso aveva ottenuto 400 milioni di euro, mentre quest’anno non è stato rifinanziato). Stesso stato di sofferenza per i servizi rivolti all’Infanzia: dai 100 milioni dell’anno scorso, in funzione di nuovi asili nido, si è passati all’azzeramento.

Il governo, inoltre, è tornato a colpire il nostro sistema pensionistico: le recenti misure ridimensionano infatti le pensioni sia delle giovani generazioni che dei più anziani. Nello specifico coloro che  oggi iniziano a lavorare, dopo 40 anni di contributi versati non raggiungeranno neppure il 50% della retribuzione. Va inoltre sottolineata l’impossibilità di costruirsi una pensione decente da parte di tutti coloro che lavorano in modo discontinuo e senza contratti regolari. Si assiste inoltre all’abbas- samento progressivo del rendimento (ossia il rapporto tra pensione ed ultima retribuzione). E in molte simulazioni le stesse carriere lunghe potrebbero non essere sufficienti a garantire una pensione contributiva che superi l’entità dell’assegno sociale.

Dinanzi a tale scenario, tutti i cittadini sono chiamati a unire le forze migliori della Nazione, affinché, la speranza nel  futuro, non rappresenti una semplice aspettativa, ma si trasformi nell’agire etico di quella parte del Paese che non vuole rassegnarsi all’idea di un declino irreversibile e generalizzato.☺

a.miccoli@cgilmolise.it

 

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