Liberiamo la legalità
12 Novembre 2015
laFonteTV (3191 articles)
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Liberiamo la legalità

Quante volte abbiamo ascoltato dibattiti o letto interventi sul significato concettuale della parola “legalità”, sentendone di cotte e di crude. Molteplici e contrapposti significati sono emersi, che hanno, però, nel complesso in comune il rispetto delle regole che la collettività, piccola o grande che sia, si dà. Non c’è dubbio che dare questo significato sia naturale, ma è anche vero che noi non ci accontentiamo di questa semplice definizione. Innanzitutto vorremmo far tacere quanti pensano o dicono apertamente che se ne parli troppo; infatti, non è mai superfluo il tempo che si dedica a queste argomentazioni. Anche i ladri e i corrotti, (pensiamo a quanti siedono sugli scranni parlamentari o delle assemblee eleggibili di ogni ordine e grado, agli amministratori, ai funzionari di enti pubblici e privati che con la loro disonestà infangano il buon nome della democrazia) vogliono dare una definizione di legalità e partecipare al confronto su questi  temi (mafia capitale – le alterne vicende collegate all’Expo di Milano, la corruzione emersa nei lavori del Mose di Venezia, etc.).

Oggi non abbiamo più uno stato o una nazione liberi e autonomi, perché siamo soggetti a decisioni che organi non eletti prendono e impongono agli ex stati nazionali; la Grecia docet.  Nella UE ci sono organi non eletti né rappresentativi, come la cosiddetta “troika”, che intimano percorsi finanziari/ideologici (per esempio, il debito sovrano e la perdita delle libertà democratiche faticosamente conquistate nel corso del XX secolo) che nei fatti rappresentano la fine della democrazia nei singoli stati, con il complice assenso di ampi strati di popolazione, silente e distratta, e di un agguerrito segmento industrial/finanziario.

In Italia il quadro è proprio questo e emerge la miserevole complicità di quel 30-35% vincitore delle elezioni che distrugge la Costituzione, devastando il clima politico complessivo. Dunque, una minoranza governa la nazione, impadronendosi del potere, infestando il clima politico e, a colpi di piccone, distruggendo la democrazia (art. 18; Welfare State; ricerca scientifica…). Questa minoranza ha conquistato le leve del potere con una legge elettorale vergognosamente truffaldina, che la Corte Costituzionale ha definito anticostituzionale e illegittima. Nonostante ciò, la minoranza che governa il paese lo distrugge con una legge che ha massacrato lo Statuto dei lavoratori, sostituendolo con la filosofia della precarietà, divenuta legale, e dei licenziamenti illegittimi e provocatori e questo è quanto è contenuto nel Jobs act, la vera perla di Mompracem, la cocotte di questo parlamento e di questa classe dirigente.

E nel Molise che c’è? Come ci si muove? C’è lo stesso sistema marcio e corrotto? La nostra regione sembra essere il paese dei balocchi, dove è sempre festa, allegria, dove vige la cultura del “vulèmece bene” e tutto resta come prima, vergognosamente falso, pulcinellesco, come modellato sul mondo dei “quaquaraquà”. Il nostro sistema regionale si fonda sull’immobilismo, sul continuismo delle politiche precedenti fondate sulle logiche del nepotismo, sulla corruttela, sull’emarginazione delle energie intellettuali. Ne consegue la messa in mora di intelligenze mature e attive e così la nostra Regione permane consapevolmente nel grigiore esangue, fotocopia fedele di una opinione pubblica che si dimostra distratta, complice del progressivo disfacimento delle forze produttive e di una profonda disaffezione per la politica, e dunque per la democrazia. Il lavoro manca? “Me ne vado all’estero” è la risposta più ricorrente fra le giovani generazioni e noi, adulti, lì a soffrire insieme ai giovani, come impaludati in una melma gelatinosa, incapaci spesso di reagire. Esempi del malaffare, della corruzione, della complicità di interi settori di società civile molisana ce ne sono e tanti: l’inchiesta giudiziaria sulle spese dei gruppi politici regionali (l’accusa è di peculato e di utilizzazione indebita di danaro); la condanna a cinque anni di reclusione di un funzionario che ha sottratto somme rilevanti dai fondi regionali molisani relativi alle attività di cooperazione internazionale. C’è l’inchiesta aperta da poche settimane dal vice procuratore della Procura di Campobasso, dott.ssa Venditti, sul “servizio civile a pagamento”, per cui è indagato il responsabile di una Onlus del capoluogo, nello stesso tempo impiegato regionale. Ci sono state tra il 2013 e il 2014 a Mirabello Sannitico, a Isernia, a Pietracatella, a Casacalenda operazioni dei CC e del Corpo forestale dello Stato relative a sequestri di discariche abusive, dove erano depositati materiale ferroso, plastico e altri rifiuti pericolosi.

Questi processi e queste situazioni condizionano negativamente l’opinione pubblica, inducendola ad allontanarsi dalla politica e ad assumere un atteggiamento di rilassatezza etica e di distrazione civile. Ma come dobbiamo reagire? C’è un modo per riavvicinare la gente comune e i giovani alla politica e al suo universo? Sì, educando l’opinione pubblica al senso di giustizia sociale che appare per noi il perno di ogni iniziativa e di ogni percorso; la giustizia prima della libertà e la giustizia accompagnata alla passione per la partecipazione civile alla “res publica”. Ecco perché è tutto arduo e il percorso è tutto in salita. Ma ci proviamo e lo testimoniamo ai giovani tutti i giorni, perché è dal quotidiano esempio che questi trarranno la forza per riconsiderare responsabilmente la politica come un “bene comune”.☺

 

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