Libri: “Grammamanti” di Vera Gheno
29 Giugno 2024
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Libri: “Grammamanti” di Vera Gheno

“Le parole sono di tutti e invano si celano nei dizionari” sostiene Eugenio Montale, citato da Vera Gheno nel suo recente Grammamanti – Immaginare futuri con le parole, ed. Einaudi. Nel saggio l’autrice riporta quattro “storie d’amore” verso la lingua e le parole, senza abbandonare il rigore e la scientificità che come studiosa ha nei confronti della materia.
Nel titolo è già contenuta la tesi che la professoressa Gheno intende sviluppare nonché la sua posizione: molti considerano la lingua “perfetta, immobile” e si mostrano intransigenti rispetto a qualsiasi variazione o adattamento a seconda dei tempi che cambiano o alle modificazioni della società; costoro che “hanno un rapporto irrisolto, poco sereno, con le parole proprie e altrui” vengono denominati ‘grammarnazi’. Sul versante opposto i ‘grammamanti’ sono coloro che “apprezzano la lingua nella sua adorabile e non sempre prevedibile complessità” ed hanno con essa – soprattutto con le parole – un legame profondo di ‘amore’.
La prima delle storie narrate da Vera Gheno riguarda l’origine del linguaggio: noi umani siamo “la specie che parla” e la vocalizzazione delle emozioni, prima di tutto, ha contribuito alla nascita delle lingue: “la parola ci rende animali narranti e narrati, modifica la realtà che ci circonda, il nostro rapporto con noi stessi e con le altre persone”. In seguito – è la seconda storia – ogni individuo è dotato di strumenti per apprendere il linguaggio, la differenziazione sta nella provenienza sociale: “un ambiente più ricco di stimoli culturali ‘produ- ce’ esseri umani con maggiori competenze linguistiche”.
Buona parte del saggio è dedicata alla terza storia, “esseri umani e parole”, e la riflessione spazia su molti fronti. Partendo dalla domanda “Che cosa facciamo con le parole?”, l’autrice ricorda che ogni individuo ha questa prerogativa e che “avere le parole per definirsi vuol dire avere le parole per capirsi, e capirsi significa, forse, stare un po’ meglio con sé stessi”. Senza dimenticare – da sociolinguista – che non tutte le persone hanno il medesimo bagaglio di esperienze, né provengono dallo stesso ambiente socio-economico, viene posta in rilievo l’importanza del linguaggio cosiddetto ‘inclusivo’ – al fine di evitare emarginazione o ghettizzazione – che Vera Gheno preferisce chiamare ‘linguaggio ampio’ all’interno del quale tutti e tutte possono trovare spazio per parlare di sé.
Con la quarta storia, quella autobiografica, veniamo a conoscenza della famiglia di origine della professoressa Gheno (padre italiano, madre ungherese, entrambi studiosi di lingue straniere), della sua predisposizione – da figlia bilingue – all’apprendimento di più idiomi e delle tante esperienze in campo linguistico: “Io sono una grammamante, sono in grado quindi di grammamare, e questa è la storia di come lo sono diventata”.
“Mi piace pensare al linguaggio come a una carta geografica aperta, nella quale la parte nota è circondata da uno spazio uncharted, ‘sconosciuto, non ancora mappato’; in quella terra incognita possiamo incontrare ogni tipo di novità, arricchendo gli orizzonti linguistici e cognitivi”. (D.C.)

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