L’immunità come muro
13 Maggio 2021
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L’immunità come muro

È più di un anno che siamo dentro la pandemia del Covid 19 e sappiamo già che non saremo gli stessi di prima, perché, pur avvertendo intorno a noi il desiderio di un ritorno alla normalità, appare chiaro proprio da situazioni preoccupanti, ad esempio lo scivolamento verso la povertà assoluta di milioni di cittadini italiani, vittime dei vincoli contrattuali che rendono precario e spesso anche schiavistico il lavoro dei dipendenti, così come lo intende il neocapitalismo, che la pandemia ci sta rendendo diversi, anche più egoisti di prima, sicuramente fobici del contagio da Covid 19 che potrebbe non essere tale da convincere gli stati nazionali a mettere in radicale dissuasione l’attuale modello di sviluppo che tanti danni sta provocando al pianeta e al suo ecostistema. L’attuale situazione sociale ed economica, non solo in Italia ma in tutto il mondo, appare piena di incognite, e facciamo fatica a capire se e quando e in che condizioni ne verremo fuori. Certamente dal viruscorona stanno emergendo sofferenze economiche, nonché angosce psicologiche che nulla di buono promettono. Tuttavia, pur se a fatica, emerge la volontà, individuale e collettiva, a non farci né abbattere dalle tempeste “perfette”, né scoraggiare dalle sofferenze individuali (la solitudine ed il confinamento) o collettive (il silenzio della politica e la paralisi della parola). Il mondo sta cambiando e ce lo sta comunicando un minuscolo batterio che ha messo in ginocchio il gigante Golia, ossia il neocapitalismo, che sta tramortendo, ma che sta facendoci intendere, rinascendo come la fenice dalle ceneri, di voler essere più possente, aggressivo, pre-potente di quello che sta provocando il saccheggio distruttivo della Natura, nonché il disfacimento del nostro pianeta.

Quello che constatiamo è che in questo periodo doloroso della diffusione del Covid 19, la pandemia sta alimentando due risposte esattamente speculari fra loro: da un lato, la tensione a non voler perdere affatto il contatto sociale, dialettico con gli altri. Quindi, tale sofferenza planetaria accresce (nonostante siano quasi 140 milioni i contagi da viruscorona nel mondo e 1 milione e seicentomila decessi al 18 aprile ’21) la solidarietà che emerge quasi sempre quando ci si trovi, come oggi, in un pericolo nel quale potremmo soccombere. Insieme ci si salva molto più facilmente, perché questo è il messaggio più consistente che ci sta pronunciando la pandemia attuale.

Da un altro lato, emerge lo scivolare verso l’isolamento, la divisione, il distacco, che inducono ad erigere muri, bastioni, frontiere, che hanno l’unico obiettivo di allontanarci dagli altri, come nel tentativo di immunizzarci da eventuali contatti infidi e fatali. Lo constatiamo tutti i giorni, purtroppo, dalle cronache che descrivono le migrazioni (ci riferiamo alla rotta balcanica dove stanno morendo di fame e al gelo migliaia di donne, uomini e bambini; al Mar Mediterraneo dove annegano centinaia e centinaia di migranti, come pure ai migranti al confine fra il Messico e gli USA) di milioni di poveri, sopraffatti dalla fame, dalle malattie, dalle persecuzioni politiche nei loro paesi; migranti, che, cercando una via di fuga verso il nord del mondo, verso il nostro opulento e fondamentalmente razzista Occidente, intendono sottrarsi alle ingiustizie e alla disperazione cui sono soggetti nei loro paesi. Noi del nord del mondo li schifiamo, esprimendo disgusto per queste persone; temiamo queste donne con le loro famiglie sui cui volti vediamo scolpito un destino che a noi desta inquietudine, alimentando una paura fobica. La povertà, le sofferenze, la schiavitù noi del nord del mondo le temiamo, miriamo a tenerle lontane da noi e per questo motivo pensiamo a vaccinarci, ad immunizzarci da queste espressioni del dolore e della miseria, mettendo in atto politiche razzistiche, come pure atteggiamenti segregazionistici. Di qui, il significato di immunità tende ad acquisire una accezione negativa, come a sottolineare che ci sono i privilegiati e gli esclusi, i fortunati e gli ultimi dai quali dobbiamo stare lontano, perché potrebbero contaminarci con le loro povere e disgraziate vite. Pertanto, oggi, più che il senso della solidarietà, dalla quale potrebbe sorgere un mondo diverso con una declinazione dello sviluppo completamente contrapposto a questo attuale che ha provocato la pandemia da Covid 19, rischia di emergere nel mondo e nel nostro Paese un egoismo classista molto più pericoloso rispetto a quello che ha preceduto il Covid 19.

Proviamo a scendere nel concreto e offrire una rappresentazione precisa del significato di immunità. Disinteressarsi delle pene dolorose degli altri e privarli della nostra solidarietà significa rivestirsi, metaforicamente ma pericolosamente, di immunità, che ci spinge a non solidarizzare con quanti soffrono e con la loro esclusione sociale. Poi calandoci un poco di più nella quotidianità di questo periodo, notiamo favoritismi parentali, agevolazioni classiste, forme di comportamento arbitrario nei calendari di vaccinazione che sono andate a svantaggio di chi aveva necessità di vaccinarsi presto. E questi soggetti sono i cosiddetti “furbetti” del vaccino. Questa forma di sprezzante e spocchioso comportamento esprime il concetto classista e razzista di immunità.

Abbiamo il terrore della malattia contagiosa e di chi potrebbe contagiarci; ma nello stesso tempo temiamo i poveri, i senza tetto, i migranti, come fossero degli appestati, che vengono a privarci del bene al quale più teniamo, ossia la salute, ma anche il benessere acquisito nei nostri Paesi.

Ecco perché è necessario tenerci lontani da queste tensioni alla “immunità di gregge”. ☺

 

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