
L’inerzia colpevole dell’europa
Più di una settimana fa – oggi è 16 febbraio ’25 – ad un’ora praticamente notturna qui da noi – l’attuale presidente degli Stati Uniti ha esposto le linee della nuova politica estera statunitense nella conferenza stampa tenutasi nelle camere dorate del potere assoluto, soffermandosi, tra l’altro, sulla questione del Medio Oriente e su Gaza. Ho immediatamente avvertito una sensazione di profondo smarrimento, accompagnata dalla consapevolezza dell’estrema gravità di quanto stessi ascoltando. Ma cosa ha detto Trump con il suo solito atteggiamento arrogante e insolente? Tra le altre esternazioni, come quelle sui migranti e sui dazi, ha sostenuto che la Striscia di Gaza dovesse essere “ripulita”, cioè completamente affrancata dalla presenza dei Palestinesi. Quindi, deportati in paesi vicini, quali la Giordania e l’Egitto, per il semplice fatto che sulla Striscia di Gaza debba sorgere “La riviera del Medio Oriente”, in mano agli americani, ed in particolare in quella dello stesso presidente, che è un immobiliarista miliardario.
Mi è apparso chiaro, per un verso, l’impudente imperialismo statunitense, che, in virtù della sua poderosa superiorità militare, tende a soggiogare, anche economicamente, oltre all’Occidente e al nord del mondo, tutto il restante dell’orbe terrarum. Come pure, per un altro verso, è apparsa evidente la pluridecennale strategia delle organizzazioni sioniste, che, facendo in prevalenza riferimento alla narrazione della Bibbia, intendono sradicare, espellendoli, i Palestinesi dalle terre che a questi appartengono da sempre. E tutto questo in virtù di una interpretazione, assolutamente equivoca, illogica, e fortemente contraria al diritto internazionale, per la quale quei territori per volontà divina appartengono solamente agli ebrei.
Il presidente statunitense si è soffermato sul piano quasi esclusivamente economico/finanziario, intendendo la deportazione dei palestinesi in altri Paesi confinanti come una specie di partita di giro: i Paesi islamici sarebbero costretti a dare ospitalità ai gazawi della Striscia, mentre gli USA, nella persona del suo presidente, ghermirebbero Gaza, aggiungendo al danno, enormemente rilevante e significativo, la beffa che consiste negli affari d’oro che la cosiddetta “Riviera del Medio Oriente” procurerebbe. Quindi, senza batter ciglio, vengono violati sia la Carta dell’ONU, quella del 1947/48, sia il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Questo atteggiamento degli USA, nella persona del suo attuale presidente, è pericolosamente irresponsabile. Ovviamente Israele, a sua volta, nella persona del capo del suo governo ultrasionista e, dunque, razzista e segregazionista, ha colto la palla al balzo, esprimendo il suo consenso e la volontà di impossessarsi della Striscia di Gaza, come pure dei restanti territori – Cisgiordania e Gerusalemme est -.
E questa dissennata, irresponsabile pretesa di assicurarsi tutti i territori abitati da secoli dai palestinesi, questa arroganza spocchiosa, dicevamo, trova il suo alimento non solo nella Bibbia – ricordiamoci il passaggio fatto in articoli precedenti sul popolo degli Amaleciti -, ma anche nelle linee politiche che a partire dalla fine dell’Ottocento gruppi sionisti cercavano di imporre nell’universo della diaspora ebraica ed in quello degli ebrei che da decenni si erano già insediati e vivevano nella Palestina. Infatti, l’espulsione dei palestinesi dalla loro storica terra, la negazione della loro storia, la cancellazione della regione palestinese dalla cartografia geografica ufficiale erano gli obiettivi già chiari fin dagli ultimi decenni del XIX secolo, proclamati anche dai gruppi sionisti laici. La discussione, ancora oggi assurdamente presente nella galassia ciarliera e vanesia europea, oltre che italiana, su “due popoli e due stati”, evapora in maniera grossolana, solo se si pensi onestamente alla distruzione totale della Striscia di Gaza che abbiamo, oggi, sotto i nostri occhi, ancora increduli di tanta devastazione rovinosa, scientificamente programmata.
Ilan Pappé, lo storico israeliano, critico feroce della politica sionista di controllo spietatamente scientifico prima e di espulsione poi dei palestinesi dalle loro terre, scrive che il progetto di scacciare i palestinesi dai loro territori, per poi annettere questi ultimi a quelli israeliani assegnati nel 1948 dall’Onu, è conosciuto come il “piano D”, Dalet in ebraico, e conteneva “una minuziosa descrizione dei metodi da usare per cacciar via la popolazione con la forza: intimidazioni su larga scala, assedio e bombardamento di villaggi e centri abitati, incendi di case, di proprietà e beni, espulsioni, demolizioni e infine collocazioni di ‘mine’ fra le macerie per impedire agli abitanti espulsi di farvi ritorno”. Questo piano era già ideato e conosciuto da alcuni mesi prima della declamazione dello stato ebraico il 14 maggio 1948 (Roberta De Monticelli, Umanità violata. La Palestina e l’inferno della ragione, GLE Laterza, 2024, pp.171/172).
Come si vede, i suggerimenti e le prescrizioni suprematiste della metà degli Anni Quaranta del secolo scorso trovano applicazione precisa e tragica, oggi, nella Striscia di Gaza, tutta distrutta e ridotta ad un ammasso di macerie, che induce il prode sceriffo americano a suggerire la necessità dell’“abbandono” del territorio di Gaza da parte dei gazawi. Eppure costoro hanno una loro storia, una loro cultura, una loro multicentenaria tradizione, una loro visione della vita e che ora gli vengono negate alla luce della distruzione totale del loro territorio e di quanto storicamente, culturalmente, artisticamente gli è appartenuto.
Ma a esprimere la grandezza e la nobiltà assoluta della storia palestinese c’è anche il profumo delle loro piantagioni, da millenni presenti sui loro territori, come proprio la fragranza aromatica e il sapore piacevole dell’olio dei loro ulivi stanno a testimoniare a noi, arroganti e boriosi occidentali. Questi alberi avrebbero – ovviamente parliamo in senso artistico/fantastico – un segreto, che noi non conosciamo. È quanto – sotto il profilo della narrazione letteraria e fantastica – apprendiamo da un romanzo per ragazzi, La storia del segreto dell’olio di Walid Daqqa, cittadino israelo/palestinese, nato a Baqa nel distretto di Haifa.
Daqqa, militante del FPLP, condannato al carcere con l’accusa di aver ucciso un soldato israeliano, in seguito rivelatasi falsa, è rimasto nelle galere israeliane con l’accusa di essere un terrorista e di aver fatto contrabbando di cellulari in carcere. Lì ha studiato con tenacia, laureandosi in Scienze politiche. È morto in carcere a causa di un tumore al midollo osseo non curato dopo 38 anni di carcerazione. Ha scritto diversi libri e noi qui lo ricordiamo per il romanzo La storia del segreto dell’olio – Biblioteca araba, Edizione Atmosphere libri, Roma, 2020 – rivolto all’infanzia, riservandomi in altra occasione di scriverne compiutamente. ☺