Misura di inclusione sociale e reddito di cittadinanza a confronto
18 Aprile 2023
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Misura di inclusione sociale e reddito di cittadinanza a confronto

Il Progetto MIA (Misura di inclusione sociale), se sarà confermato e approvato dal Parlamento, continuerà a collocare l’Italia negli ultimi posti nella Comunità europea nella lotta contro la povertà e l’esclusione: obiettivo prioritario della politica sociale dell’ Unione Europea.

Il MIA è un provvedimento categorizzante. Parla di poveri e non di persone a cui si deve garantire la dignità umana, il diritto a un tenore di vita sufficiente e la protezione contro ogni evenienza negativa in cui si possa incorrere nel corso della vita. Esso ha una strutturazione ancora nebulosa. È chiara, invece, la suddivisione delle famiglie povere in famiglie a rischio e famiglie a basso rischio (distinzione proposta da chi scrive). Sono a rischio le famiglie che annoverano al loro interno almeno un componente disabile, o un minore o un ultrasessantenne; sono a basso rischio le altre. Si lega il rischio al numero e alle condizioni psico-fisiche dei componenti familiari ignorando che su di esso incidono anche altri fattori, spesso in modo pesante. Il diritto alla vita dignitosa – sancito dalla Costituzione italiana e dalla Carta europea dei diritti – rimane, perciò, ancora lontano.

La soglia ISEE di accesso al MIA è di 7.200 euro/annui. Era di 9.360 per il RDC. La soglia reddituale è pari a 6000 euro/annui moltiplicati per un coefficiente pari a 1 più 0.4 punti per ogni adulto, dopo il primo, non ricevente l’assegno unico per figli. Valore massimo del coefficiente è 2.1 (2.2 in presenza di disabili gravi). La soglia potrà essere incrementata proporzionalmente a sostegno delle spese di affitto. Non se ne specifica, però, l’ammontare. Tale soglia era di 6.000 euro/annui per una persona sola (9.360 se in affitto) nel RDC. Uguale era il coefficiente, salvo una maggiorazione di 0.2 punti per ogni minorenne.

Il requisito di residenza è di cinque anni, di cui gli ultimi due anni continuativi. Era di dieci anni, di cui gli ultimi due continuativi per il RDC. È una riduzione che potrebbe sanare la procedura di infrazione in corso.

L’importo massimo per le famiglie a rischio è di 500 euro/mese per persona sola, aumentato di 240 euro per ogni ulteriore componente adulto senza AUU (Assegno unico universale). Si prevede un supplemento di 50 euro per ogni minorenne o maggiorenne con AUU e, forse, anche per le famiglie in affitto. Il beneficio dura 18 mesi, rinnovabile senza limite temporale, con una pausa di un mese tra un rinnovo e l’altro. I poveri a basso rischio ricevono 375 euro/mese se soli. Si prevede un supplemento per le famiglie più numerose pari al 75% di quello previsto per le famiglie a rischio. Non si prevedono aiuti per le famiglie in affitto. La durata è di 12 mesi, rinnovabile per sei mesi con pausa di un mese tra un rinnovo e l’altro. Devono passare 18 mesi dopo il secondo rinnovo per avanzare una nuova richiesta. Il RDC prevedeva 500euro/mese per persona sola e un supplemento di 240 euro per ogni ulteriore componente adulto privo di AUU, nessun supplemento in presenza di AUU e un supplemento fino a 280 euro per nuclei in affitto. La durata era di 18 mesi, rinnovabile indefinitamente con una pausa di un mese tra un rinnovo e l’altro.

La riduzione del requisito di residenza aumenta la platea degli stranieri beneficiari. Si ha un lieve aumento degli importi per i poveri a rischio. Trattasi di 50 euro al mese per ogni figlio minorenne o maggiorenne con AUU. Se tale maggiorazione sarà confermata, il beneficio complessivo di una famiglia a rischio con minori sarà lievemente superiore a quello previsto dal RDC. Tale sussidio per una famiglia in affitto sarà comunque tra i più bassi della Comunità europea Aumenta, invece, l’intensità di povertà per i poveri a basso rischio, specie per chi vive in affitto. Gli importi saranno inferiori del 25% rispetto a quelli previsti dal RDC.

Limitata è la durata del sostegno per i poveri a basso rischio e un “vuoto” di 18 mesi dopo il secondo rinnovo. Non è dato sapere come costoro potranno trovare i mezzi di sostentamento. È un dato pesante poiché in nessun Paese comunitario la durata è limitata per legge. Sono previste valutazioni periodiche (ogni 6-18 mesi) sulla sussistenza dello stato di bisogno. Se tale limite fosse confermato ci si imbatterebbe in un evidente disallineamento sia rispetto a quanto previsto nei Paesi comunitari, sia rispetto alla Raccomandazione del Consiglio d’Europa (2023) in cui si chiede di garantire la continuità dell’accesso al sussidio fino a quando le persone non dispongano di risorse sufficienti a soddisfare i requisiti reddituali e patrimoniali di accesso.☺

 

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