L’intifada
4 Marzo 2015 Share

L’intifada

L’Intifada, letteralmente “scrollarsi di dosso”, ha luogo nel periodo che va dal 1987 al 1991 e si caratterizza per la serie di rivolte contro l’occupazione israeliana che si propagano in tutti i territori occupati. L’evento scatenante è rappresentato dalla morte di quattro palestinesi del campo di Jaballiyya in un incidente d’auto provocato da un israeliano a Gaza l’8 dicembre 1987. L’episodio provoca una rivolta che inizia nel campo di Jaballiyya col lancio di pietre contro i soldati israeliani ed ha immediatamente un effetto domino in tutta la Striscia di Gaza, la Cisgiordania e Gerusalemme Est. Le donne e i bambini diventano sin da subito parte attiva di queste rivolte e la loro attività più conosciuta nel resto del mondo è il lancio di pietre contro i soldati israeliani per il quale a molti bambini palestinesi vengono letteralmente spezzate le braccia e le gambe.

Si possono individuare quattro fasi dell’Intifada palestinese: una prima breve fase in cui le donne e le ragazze di tutte le classi e di tutte le età partecipano spontaneamente alle manifestazioni contro i soldati israeliani; una seconda fase più organizzata in cui diventa determinante il ruolo dei comitati delle donne; una terza fase che ha inizio nel settembre 1988 quando i comitati vengono dichiarati illegali dall’amministrazione israeliana e si inizia a pensare di gettare le basi per le future istituzioni statali e viene creato l’Alto Consiglio delle Donne che  adotta uno spirito rivoluzionario; una quarta fase in cui cresce l’insoddisfazione per l’attività dei partiti e si cerca un approccio più efficace per la risoluzione della questione palestinese e essa viene individuata nei gruppi islamici Hamas e Jihad Islamica.

Già dal dicembre 1987 i volantini che circolano nella Striscia di Gaza riconoscono il ruolo delle donne nell’Intifada e invitano ulteriormente all’ azione. Le donne palestinesi rispondono: preparano cibo e vestiti per i prigionieri, scrivono slogan, sventolano la bandiera palestinese, donano sangue, violano il coprifuoco per mettere in piedi un sistema di educazione parallelo, lanciano le pietre ai soldati israeliani, trasportano le pietre per gli uomini, costruiscono barricate, bruciano automobili israeliane, organizzano manifestazioni contro l’utilizzo di lacrimogeni che provoca la morte di molti bambini, mettono a rischio la propria vita per difendere i figli dei palestinesi. Il compito delle donne sembra non essere più quello di allevare i figli ma quello di seguirli in strada per proteggerli dai soldati.

Nel tentativo di proteggere gli uomini le donne palestinesi sfidano norme sociali che mai fino a quel momento sono state così ampiamente messe in discussione: permettono a uomini che cercano un nascondiglio di entrare nelle proprie case, gli fanno il bagno, gli permettono di dormire nel proprio letto e di indossare i propri abiti. Si assiste a un cambiamento del concetto di onore: le donne non devono mostrare di voler proteggere a tutti i costi la propria reputazione ma di voler aiutare il popolo palestinese.

Le donne operano nei comitati in diversi settori (agricoltura, medicina, educazione, fornitura di cibo) ma il maggior successo è rappresentato dalla creazione di una home economy basata su cooperative che si occupano del prodotto dalla nascita alla vendita, che permettono di avere un guadagno e di boicottare i prodotti israeliani.

Tuttavia nelle ultime fasi si assiste anche a un arretramento delle donne: il fallimento dei negoziati per la fine dell’ occupazione israeliana genera un senso di frustrazione tra le donne che le allontana dalla sfera politica; la guerra del Golfo ha ripercussioni economiche negative sulle condizioni economiche delle famiglie palestinesi (molti uomini lavoravano nei paesi del Golfo); cresce il potere di Hamas e Jihad islamica.

Hamas e Jihad islamica hanno acquistato potere grazie alla solida rete di assistenza che hanno creato a partire dagli anni ’70. Inoltre hanno ricevuto finanziamenti israeliani elargiti con l’obiettivo di fermare l’espansione dell’OLP. La Jihad islamica rifiuta la mobilitazione di massa in favore della formazione di una organizzazione segreta impegnata nella lotta armata contro Israele. Per Hamas la Palestina è un bene sacro, inalienabile ed eterno per la cui liberazione si deve combattere anche con la violenza; la soluzione dei due stati e la Dichiarazione di Indipendenza di Arafat non sono valide. Di queste visioni risentono soprattutto le donne che devono coprirsi e ritirarsi nelle loro case.

Ma perché dopo una crescita consistente di consapevolezza delle donne questi princìpi hanno successo? Ciò è dovuto al potere acquisito da Hamas grazie alla fornitura di servizi sociali, alla disillusione nei confronti dei partiti, alla proposta di una immagine di unità e di lotta che non espone le donne al pericolo, alla debolezza del femminismo e al timore di provocare rotture all’interno della società palestinese.

Ma come si vedrà il pacifismo non scompare. ☺

 

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