Lo scisma ortodosso e la guerra
9 Aprile 2022
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Lo scisma ortodosso e la guerra

Il drammatico conflitto che Vladimir Putin ha scatenato in Ucraina è stato preceduto da un crescendo di tensioni politiche ma anche religiose fra Kiev e Mosca; anzi, alla fine del 2018, il mondo ortodosso ha vissuto uno scisma che, in un certo modo, preannunciava la crisi in corso. Il frastagliato panorama cristiano dell’ Ucraina, infatti, è stato negli ultimi decenni al centro di contese religiose e culturali che si sono intrecciate con la storia del Paese. Il nodo irrisolto, anche in questo caso, riguarda l’autonomia dalla “madre Russia”. In Ucraina fino al 2018 convivevano tre diverse denominazioni ortodosse: una fedele al Patriarcato di Mosca, una seconda indipendente (patriarcato di Kiev), e una terza minore autocefala, cioè nazionale. Dopo una lunga disputa è accaduto un fatto che è stato forse sottovalutato in Occidente: il Patriarcato di Kiev e la Chiesa nazionale ortodossa si sono unite dando vita a una nuova Chiesa ortodossa ucraina cui è stata concessa l’autocefalìa, cioè l’indipendenza, dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli (con sede a Istanbul). Il patriarca Bartolomeo I ha certificato, a nome del mondo ortodosso, l’indipendenza della nuova Chiesa ortodossa ucraina dal Patriarcato di Mosca. Il conflitto, dunque, ha riguardato Kirill, patriarca russo, e appunto Bartolomeo. Quest’ ultimo, per tradizione, è considerato un “primus inter pares” nella galassia ortodossa, cioè un’autorità spirituale e teologica che viene riconosciuta dalle altre Chiese ortodosse pure nella loro autonomia. Questa concezione, per altro, è contestata dalle stesse autorità ecclesiali russe che rivendicano a loro volta un primato fondato sui numeri poiché “governano” su circa la metà dei fedeli ortodossi nel mondo (grosso modo 150 milioni); il Patriarcato di Costantinopoli, invece può contare su poche migliaia di cristiani che vivono in Turchia e su qualche milione di fedeli in Grecia. Ma, attenzione, estende la sua autorità anche su una comunità della diaspora particolarmente forte in America.

Da questo conflitto fra i due patriarcati ha preso forma un clamoroso scisma nella Chiesa ortodossa che ha un profilo sia politico che teologico; nel frattempo, alla fine del 2018, veniva eletto anche un capo della nuova Chiesa ucraina, il metropolita Epifanio che si fregia del titolo di “metropolita di Kiev e di tutta l’Ucraina”, chiara eco all’odiato rivale Kirill, conosciuto come “patriarca di Mosca e di tutte le Russie”. Anzi, proprio Bartolomeo, per evitare ulteriori frizioni, ha impedito l’uso del titolo patriarca al nuovo capo della Chiesa ucraina. A causa di questa vicenda Mosca e Costantinopoli sono da tempo in totale rotta di collisione: Kirill ha interrotto i rapporti canonici fra le due Chiese e ha proibito di nominare il patriarca Bartolomeo nella liturgia russa. Non solo: si arrivava anche a una rottura della comunione eucaristica, segno che lo scisma era compiuto. Per capire la portata dello scontro, si tenga presente quanto affermava lo stesso patriarcato di Costantinopoli in un comunicato sempre dell’ottobre del 2018, con il quale Bartolomeo, dopo aver stabilito di concedere l’autocefalìa alla Chiesa ucraina, decideva di “revocare il vincolo giuridico della Lettera Sinodale dell’anno 1686, rilasciata per le circostanze dell’epoca, che concesse, il diritto al Patriarca di Mosca di ordinare il Metropolita di Kiev, eletto dall’assemblea clerico-laica della sua diocesi, che avrebbe commemorato il Patriarca ecumenico in ogni celebrazione della Divina Liturgia, proclamando e affermando la sua dipendenza canonica dalla Chiesa madre di Costantinopoli”.

Kirill e Valdimir, gli alleati

D’altro canto se la disputa religiosa affonda le sue origini nel passato, la questione è, allo stesso tempo, di pungente attualità come ricordava il giornale on line Il Post dando notizia dello scisma: “Il Patriarca Kirill è uno stretto alleato del presidente Vladimir Putin. Anche se hanno poco in comune (Putin è un ex dirigente dei servizi segreti comunisti, divorziato e non particolarmente pio), i due condividono molti interessi. Putin ha ricoperto di favori la Chiesa ortodossa, dalle esenzioni fiscali allo spazio sulle televisioni pubbliche e private. In cambio ne ha ricevuto legittimazione personale e supporto politico. I vescovi ortodossi invitano apertamente a sostenere il presidente, mentre i sacerdoti benedicono i soldati inviati nelle missioni militari. Dall’esterno, Putin e la Chiesa ortodossa appaiono inseparabili alleati impegnati nella ricostruzione della gloria imperiale dell’antica Russia fondata sul nazionalismo militante e sulla religione ortodossa”. Neanche la mossa di Bartolomeo del resto è scevra da interessi politici, anzi: Bartolomeo compiendo un passo tanto spericolato ha cercato di sottrarre la Chiesa ortodossa dell’Ucraina all’influenza di Mosca, e non a caso il patriarca Kirill ha accusato il suo omologo di Costantinopoli di fare un’ operazione politica filo-occidentale. Non sorprende, dunque, che proprio l’Ucraina contesa sia diventata il centro di una così aspra battaglia ecclesiale. Certo, resta da capire in che modo il Patriarcato di Mosca riuscirà a separare le proprie sorti di Chiesa cristiana dall’avventura militare promossa da Putin.

In questo contesto già non facile, c’è un terzo attore di cui bisogna tenere conto: è la Chiesa greco-cattolica in comunione con Roma, cioè con la Santa Sede, guidata dall’arcivescovo di Kiev Sviatoslav Schevchuk. I greco-cattolici (noti anche come “uniati” per il loro legame con Roma), rappresentano una comunità fortemente legata all’identità ucraina, sono contrari all’ influenza russa sul Paese, si contrappongono al Patriarcato moscovita e non di rado in questi anni hanno espresso posizioni venate di nazionalismo.

Infine da notare che la guerra ha messo d’accordo almeno in parte tutti i soggetti ecclesiali ucraini. Nei messaggi di questi giorni sia Onofrio, capo della Chiesa ortodossa legata a Mosca, sia Epifanio, leader degli ortodossi legati al Patriarcato di Costantinopoli, sia Schevchuk, capo dei greco-cattolici, nei giorni in cui prendevano il via le operazioni militari, invocavano la pace per l’Ucraina. Lo stesso Onofrio affermava in un messaggio ai fedeli ucraini: “Difendendo la sovranità e l’integrità dell’Ucraina, ci appelliamo anche al Presidente della Russia affinché fermi immediatamente la guerra fratricida. I popoli ucraino e russo sono usciti dal fonte battesimale del Dnepr e la guerra tra questi popoli è una ripetizione del peccato di Caino, che uccise con invidia il proprio fratello. Una simile guerra non ha giustificazione né per Dio né per l’uomo”.☺

 

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