L’ononide (Ononis spinosa L.) è un suffrutice della famiglia delle Leguminose che raggiunge al massimo i 50 cm di altezza; è diffuso dal mare alla zona montana, solitamente nei terreni aridi e sassosi, ai bordi delle strade di campagna, nei campi incolti e sulle scarpate. La specie, che raggruppa almeno sei sottospecie, una volta la si trovava anche nei campi coltivati dai quali è pressoché scomparsa in seguito all’avvento della meccanizzazione. Un tempo, quando la mietitura veniva effettuata a mano con le falci, l’ononide rappresentava un vero e proprio tormento a causa delle robuste e pungenti spine, in particolare per l’accovonatore, ’u l’gande, cioè il quinto componente d’a peranze che operava al seguito di quattro mietitori con il compito di formare e legare i covoni e che spesso, durante questa operazione, operando a mani nude, si pungeva con le spine coriacee dell’ononide.
La pianta è conosciuta nel nostro dialetto come ’a umache, termine che molto probabilmente deriva da uno dei tanti nomi con i quali è chiamata nelle diverse località italiane: ulmacca. Altro termine con cui viene indicata, sempre nel nostro dialetto, è ’a cessevove, in italiano “arrestabuoi”, perché con il suo grande e robusto apparato radicale rappresentava un ostacolo alla lavorazione del terreno che veniva effettuata con i buoi. Il termine ononide deriva invece da onos, che significa “asino”, e da oninêmi, cioè “essere utile”, in quanto l’asino si ciba volentieri di questa pianta.
L’ononide ha una lunga radice a fittone, mentre i rami sono legnosi alla base e spinosi. Le foglie sono trifogliate e spesso coperte da sottili peli ghiandolari. I fiori, che compaiono da giugno a settembre, hanno la corolla rosata, raramente biancastra, a volte di un bel colore rosso vivo. I frutti sono dei baccelli che spesso portano un solo seme. Le parti usate sono le radici e le foglie. Le radici si raccolgono con la vanga o la zappa, nei mesi da settembre a novembre; essiccate al sole dopo essere state lavate, vengono conservate in sacchetti di carta o di tela.
Gli antichi Greci e Latini usavano questa pianta per aumentare la diuresi e per eliminare piccoli calcoli renali e della vescica. Da sempre infatti sono conosciute le proprietà medicinali (diuretiche, depurative e antinfiammatorie) dell’ononide, che si usa con successo in presenza di cistiti. La corteccia dolciastra delle radici contiene glucosidi, tannini, resine, gomma: tutte sostanze dalle doti espettoranti. L’ononide può essere usato anche come calmante del prurito e della gola arrossata; gli infusi, poi, sono buoni collutori per gengive irritate. Le foglie trovano impiego nelle forme eczematose per l’azione delle saponine triterpeniche.
Nell’antichità ne venivano sfruttate anche le proprietà tintorie: i giovani ramoscelli, secondo l’uso, tingono infatti la lana di rosso, di giallo o di verde.
Le sommità dell’ononide in cucina sono una vera leccornia: il sapore ricorda vagamente quello delle fave, per cui possono essere mangiate crude, condite con olio di oliva e poco aceto, o in minestre assieme a formaggi piccanti con i quali legano particolarmente bene. E tutta da gustare è la ricetta che segue.
Insalata con le cimette di ononide al pecorino
pulire le cimette sotto l’acqua corrente, asciugarle e tagliarle grossolanamente. Condire con olio e aceto al dragoncello. Tagliare il pecorino a cubetti e mischiarlo all’ononide.
Infuso (uso esterno)
3 g di radice in 100 ml di acqua. Fare gargarismi e lavaggi sulle zone pruriginose.
Infuso (uso interno)
1 g di radice in 100 ml di acqua. Bere una tazza due-tre volte al giorno.
Decotto
versare 1 litro di acqua fredda su una manciata di radici di ononide essiccata; portare a ebollizione e spegnere il fuoco, senza far bollire la radice che altrimenti perderebbe tutte le sue proprietà. Aggiungere miele o zucchero a piacere e, prima di sorbire, lasciare riposare il decotto fino a completo raffreddamento.☺
giannotti.gildo@gmail.
L’ononide (Ononis spinosa L.) è un suffrutice della famiglia delle Leguminose che raggiunge al massimo i 50 cm di altezza; è diffuso dal mare alla zona montana, solitamente nei terreni aridi e sassosi, ai bordi delle strade di campagna, nei campi incolti e sulle scarpate. La specie, che raggruppa almeno sei sottospecie, una volta la si trovava anche nei campi coltivati dai quali è pressoché scomparsa in seguito all’avvento della meccanizzazione. Un tempo, quando la mietitura veniva effettuata a mano con le falci, l’ononide rappresentava un vero e proprio tormento a causa delle robuste e pungenti spine, in particolare per l’accovonatore, ’u l’gande, cioè il quinto componente d’a peranze che operava al seguito di quattro mietitori con il compito di formare e legare i covoni e che spesso, durante questa operazione, operando a mani nude, si pungeva con le spine coriacee dell’ononide.
La pianta è conosciuta nel nostro dialetto come ’a umache, termine che molto probabilmente deriva da uno dei tanti nomi con i quali è chiamata nelle diverse località italiane: ulmacca. Altro termine con cui viene indicata, sempre nel nostro dialetto, è ’a cessevove, in italiano “arrestabuoi”, perché con il suo grande e robusto apparato radicale rappresentava un ostacolo alla lavorazione del terreno che veniva effettuata con i buoi. Il termine ononide deriva invece da onos, che significa “asino”, e da oninêmi, cioè “essere utile”, in quanto l’asino si ciba volentieri di questa pianta.
L’ononide ha una lunga radice a fittone, mentre i rami sono legnosi alla base e spinosi. Le foglie sono trifogliate e spesso coperte da sottili peli ghiandolari. I fiori, che compaiono da giugno a settembre, hanno la corolla rosata, raramente biancastra, a volte di un bel colore rosso vivo. I frutti sono dei baccelli che spesso portano un solo seme. Le parti usate sono le radici e le foglie. Le radici si raccolgono con la vanga o la zappa, nei mesi da settembre a novembre; essiccate al sole dopo essere state lavate, vengono conservate in sacchetti di carta o di tela.
Gli antichi Greci e Latini usavano questa pianta per aumentare la diuresi e per eliminare piccoli calcoli renali e della vescica. Da sempre infatti sono conosciute le proprietà medicinali (diuretiche, depurative e antinfiammatorie) dell’ononide, che si usa con successo in presenza di cistiti. La corteccia dolciastra delle radici contiene glucosidi, tannini, resine, gomma: tutte sostanze dalle doti espettoranti. L’ononide può essere usato anche come calmante del prurito e della gola arrossata; gli infusi, poi, sono buoni collutori per gengive irritate. Le foglie trovano impiego nelle forme eczematose per l’azione delle saponine triterpeniche.
Nell’antichità ne venivano sfruttate anche le proprietà tintorie: i giovani ramoscelli, secondo l’uso, tingono infatti la lana di rosso, di giallo o di verde.
Le sommità dell’ononide in cucina sono una vera leccornia: il sapore ricorda vagamente quello delle fave, per cui possono essere mangiate crude, condite con olio di oliva e poco aceto, o in minestre assieme a formaggi piccanti con i quali legano particolarmente bene. E tutta da gustare è la ricetta che segue.
Insalata con le cimette di ononide al pecorino
pulire le cimette sotto l’acqua corrente, asciugarle e tagliarle grossolanamente. Condire con olio e aceto al dragoncello. Tagliare il pecorino a cubetti e mischiarlo all’ononide.
Infuso (uso esterno)
3 g di radice in 100 ml di acqua. Fare gargarismi e lavaggi sulle zone pruriginose.
Infuso (uso interno)
1 g di radice in 100 ml di acqua. Bere una tazza due-tre volte al giorno.
Decotto
versare 1 litro di acqua fredda su una manciata di radici di ononide essiccata; portare a ebollizione e spegnere il fuoco, senza far bollire la radice che altrimenti perderebbe tutte le sue proprietà. Aggiungere miele o zucchero a piacere e, prima di sorbire, lasciare riposare il decotto fino a completo raffreddamento.☺
L’ononide (Ononis spinosa L.) è un suffrutice della famiglia delle Leguminose che raggiunge al massimo i 50 cm di altezza; è diffuso dal mare alla zona montana, solitamente nei terreni aridi e sassosi, ai bordi delle strade di campagna, nei campi incolti e sulle scarpate. La specie, che raggruppa almeno sei sottospecie, una volta la si trovava anche nei campi coltivati dai quali è pressoché scomparsa in seguito all’avvento della meccanizzazione. Un tempo, quando la mietitura veniva effettuata a mano con le falci, l’ononide rappresentava un vero e proprio tormento a causa delle robuste e pungenti spine, in particolare per l’accovonatore, ’u l’gande, cioè il quinto componente d’a peranze che operava al seguito di quattro mietitori con il compito di formare e legare i covoni e che spesso, durante questa operazione, operando a mani nude, si pungeva con le spine coriacee dell’ononide.
La pianta è conosciuta nel nostro dialetto come ’a umache, termine che molto probabilmente deriva da uno dei tanti nomi con i quali è chiamata nelle diverse località italiane: ulmacca. Altro termine con cui viene indicata, sempre nel nostro dialetto, è ’a cessevove, in italiano “arrestabuoi”, perché con il suo grande e robusto apparato radicale rappresentava un ostacolo alla lavorazione del terreno che veniva effettuata con i buoi. Il termine ononide deriva invece da onos, che significa “asino”, e da oninêmi, cioè “essere utile”, in quanto l’asino si ciba volentieri di questa pianta.
L’ononide ha una lunga radice a fittone, mentre i rami sono legnosi alla base e spinosi. Le foglie sono trifogliate e spesso coperte da sottili peli ghiandolari. I fiori, che compaiono da giugno a settembre, hanno la corolla rosata, raramente biancastra, a volte di un bel colore rosso vivo. I frutti sono dei baccelli che spesso portano un solo seme. Le parti usate sono le radici e le foglie. Le radici si raccolgono con la vanga o la zappa, nei mesi da settembre a novembre; essiccate al sole dopo essere state lavate, vengono conservate in sacchetti di carta o di tela.
Gli antichi Greci e Latini usavano questa pianta per aumentare la diuresi e per eliminare piccoli calcoli renali e della vescica. Da sempre infatti sono conosciute le proprietà medicinali (diuretiche, depurative e antinfiammatorie) dell’ononide, che si usa con successo in presenza di cistiti. La corteccia dolciastra delle radici contiene glucosidi, tannini, resine, gomma: tutte sostanze dalle doti espettoranti. L’ononide può essere usato anche come calmante del prurito e della gola arrossata; gli infusi, poi, sono buoni collutori per gengive irritate. Le foglie trovano impiego nelle forme eczematose per l’azione delle saponine triterpeniche.
Nell’antichità ne venivano sfruttate anche le proprietà tintorie: i giovani ramoscelli, secondo l’uso, tingono infatti la lana di rosso, di giallo o di verde.
Le sommità dell’ononide in cucina sono una vera leccornia: il sapore ricorda vagamente quello delle fave, per cui possono essere mangiate crude, condite con olio di oliva e poco aceto, o in minestre assieme a formaggi piccanti con i quali legano particolarmente bene. E tutta da gustare è la ricetta che segue.
Insalata con le cimette di ononide al pecorino
pulire le cimette sotto l’acqua corrente, asciugarle e tagliarle grossolanamente. Condire con olio e aceto al dragoncello. Tagliare il pecorino a cubetti e mischiarlo all’ononide.
Infuso (uso esterno)
3 g di radice in 100 ml di acqua. Fare gargarismi e lavaggi sulle zone pruriginose.
Infuso (uso interno)
1 g di radice in 100 ml di acqua. Bere una tazza due-tre volte al giorno.
Decotto
versare 1 litro di acqua fredda su una manciata di radici di ononide essiccata; portare a ebollizione e spegnere il fuoco, senza far bollire la radice che altrimenti perderebbe tutte le sue proprietà. Aggiungere miele o zucchero a piacere e, prima di sorbire, lasciare riposare il decotto fino a completo raffreddamento.☺
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