l’uomo che ride
16 Aprile 2010 Share

l’uomo che ride

 

Non c’era giorno in cui i politici “padani” non parlassero di secessione, minacciando la creazione di chissà quale repubblica e chissà quanti eserciti per la sua realizzazione. E l’ex “comunista” Bossi, votato alla causa secessionista, tuonava un giorno sì e l’altro pure, fulmini e saette contro “Roma ladrona”. Non poteva il nord, ricco e laborioso, produrre e pagare le tasse anche per quei terroni pezzenti e scansafatiche. Le aziende macinavano profitto e gli imprenditori, facendo leva su un mercato di 60 milioni di consumatori, facevano la spola, con i loro portafogli a mantice, verso paradisi fiscali. I loro “danè”, tanto sudati e meritati, dovevano essere al sicuro da eventuali espropri di governi “comunisti”, ed esen-tasse. Il nord-est era la locomotiva d’Italia, ma non voleva più tirarsi dietro il sud, che con i suoi atavici ritardi e i politici “magna soldi”, era la palla al piede verso il raggiungimento del “bengodi”. Poi arrivò l’euro, un mercato unico di 400 milioni di persone-consumatori, a cui vendere le merci prodotte dai nordici nostrani, tanto competitivi e laboriosi. Niente più limiti alle nostre esportazioni!

Il mondo intero sembrava essere destinato a soccombere alle nord-italiche imprese. Il “libero mercato” era visto come la panacea di tutti i mali e il raggiungimento della felicità, ci spiegavano, era ormai dietro l’angolo. Ma altri imprenditori, con occhi a mandorla e non, avevano scoperto, in Cina, una classe operaia che, pur avendo gli occhi a mandorla, era ugualmente non sindacata e, in aggiunta, vendeva, a “libero mercato”, la propria forza-lavoro per una “scodella di riso”. Fu allora che i nostri valorosi “padani” smisero di parlare di secessione e “palle galeotte”. Il prodotto divenne “nazionale” e noi tutti, dalle Alpi alla Sicilia, eravamo chiamati alla difesa delle patrie merci. Tremonti, commercialista “padano”, urlava ai quattro venti contro la concorrenza sleale e arrivò a Bruxelles per proporre l’imposizione di dazi contro le merci cinesi. Lui! Il decantatore del “libero mercato”! Ma in politica tutto vale, anche scoprirsi francescani in un mondo di predoni! E urlare in tv a milioni di “padani” contro le merci cinesi crea consensi, dunque voti.

Niente più secessione! Sarà che, come pensavamo noi comuni mortali “sudisti”, siamo anche noi i consumatori delle italiche merci e sono i nostri valorosi imprenditori “padani” i destinatari delle immense risorse destinate dal governo all’industrializzazione del nostro sud? Quante “risorse” per far decollare il nostro meridione sono state intercettate dagli scaltri imprenditori “padani” e sono finite “solo” a incrementare i loro conti nei paradisi fiscali? Non c’è più morale, coerenza, rispetto delle regole. L’Italia dell’industria, della tecnologia, del sapere, oggi è relegata a piccole oasi marginali, quasi sempre ad iniziativa privata di pochi “temerari”. La classe dominante, il potere reale, è di un’industria che non produce beni ma sogni, non vende merci ma promesse. Non ce ne voglia l’on. Tremonti ma è l’Italia del suo amico, l’uomo-che-ride. Quell’omino che con le sue tv ci allieta le serate con belle pupazze in pizzi e merletti. Ci vende e ci propina un’Italia che non c’è e ad ogni sua esternazione ci fa credere di avere in tasca la soluzione per il raggiungimento dell’italica felicità. Ride, ci racconta storielle, barzellette. Vende la sua immagine, è un pubblicitario, un venditore. Non è un caso che l’Italia è, tra i paesi più industrializzati, quello con il più basso numero di laureati e la più alta percentuale di maghi e guaritori. Per secoli siamo stati il punto di riferimento per la cultura, la scienza, la tecnologia. Oggi lo siamo per scandali finanziari, barzellettieri e politici “allegri”. Il nostro export si basa su prodotti a bassa tecnologia che presto verranno sopraffatti dai paesi emergenti, sicuramente più competitivi per il bassissimo costo di manodopera. Il mondo (Cina in primis) ha bisogno di beni di alta tecnologia e ad elevato valore aggiunto, che per essere prodotti abbisognano di ricerca, innovazione e programmazione industriale. Non possiamo pensare di competere con i cinesi con mutande, canotte e brachessine.

L’Impero Romano, al culmine del suo splendore e corruzione, allietava la plebe con spettacoli circensi. Fu l’inizio del suo declino.

Antonio Cipollone

 

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