C’era una volta in un paese europeo una nazione che diceva al suo popolo di temere alcuni uomini di razza diversa, poiché pericolosi per la salute, per l’economia e per la cultura; questa nazione per salvaguardare il proseguimento della propria specie cominciò a mettere in atto tentativi di risoluzione del “problema” adottando manovre al limite dell’umano. Benvenuti in Italia.
Cosa crea la paura dell’altro? Come si crea la paura dell’altro? Perché si crea la paura dell’altro?
Le diversità spesso sono considerate pericolose poiché rappresentanti di un universo ignoto, inquadrate come destabilizzanti in quanto portatrici di altri mondi e modi che potrebbero insinuare il dubbio nelle nostre assolute certezze, o semplicemente potrebbero rappresentare una pericolo per il potere. I cambiamenti sono sempre delle crisi e in quanto tali prendono forma di minaccia.
L’individuo, tuttavia, è sempre in crisi, intesa come cambiamento, e continuamente cerca di adattarsi a nuove situazioni; quindi per chi è la minaccia? Probabilmente per quei pochi che perderebbero molto in seguito ad un mutamento e di conseguenza si affannano ad alimentare il senso di pericolo dovuto all’ingresso dell’altro.
Di qui nasce la necessità di creare attraverso meccanismi psicologici elementari, la paura del diverso: il valzer inizia con la generalizzazione, ovvero il meccanismo psicologico attraverso il quale un apprendimento, partendo da una situazione particolare, si espande e viene generalizzato, e così i neri sporcano, rubano, si ubriacano ed ammazzano semplicemente perché in un paese qualsiasi un uomo con lo stesso colore della loro pelle lo ha fatto, eppure non temiamo tutti coloro che lavorano in un cantiere solo perché Bossetti ha ucciso Yara; il meccanismo psicologico della generalizzazione viene così strumentalizzato guardando bene però di mantenere un’attenzione selettiva sul contenuto.
Quando però la strumentalizzazione della generalizzazione viene scoperta o perde di efficacia si passa al terrorismo psicologico, il nome attuale è EBOLA. In alcuni paesi d’Italia sono già partiti gli “editti”: udite udite i neri non possono entrare in paese se non con certificato medico, non possono risiedere, non possono lavorare né vivere perché potrebbero trasmettere il virus. Bisogna salvaguardare la razza pura dalla contaminazione.
Moretti (Nanni) in un suo film diceva “Le parole sono importanti” ed è proprio sul piano linguistico che molto spesso si combatte la battaglia; e così si parla di noi e voi, di tutela della salute non di razzismo, di unioni di fatto non matrimoni, di missioni di pace non guerra, di centri di accoglienza non di emarginalizzazioni. La prima lotta è riprenderci la lingua. Chiamiamo le cose con il nome che hanno, non permettiamo a chi sa farlo di ipnotizzarci per mezzo di parole vuote e senza significato o addirittura con senso opposto. Diamo il giusto nome alle cose, solo così daremo loro il giusto significato.
Nel mio piccolo comincerò a dire a mio nipote di temere l’uomo stupido invece che l’uomo nero e magari crescendo sarà più fortunato e non dovrà subire la violenza di vedere sui social network gruppi razzisti o sentire sproloqui su quanto la rovina del nostro paese dipenda da persone con colore diverso della pelle o differenti scelte sessuali o scelte di vita. ☺
Se non dormi arriva l’uomo stupido.
C’era una volta in un paese europeo una nazione che diceva al suo popolo di temere alcuni uomini di razza diversa, poiché pericolosi per la salute, per l’economia e per la cultura; questa nazione per salvaguardare il proseguimento della propria specie cominciò a mettere in atto tentativi di risoluzione del “problema” adottando manovre al limite dell’umano. Benvenuti in Italia.
Cosa crea la paura dell’altro? Come si crea la paura dell’altro? Perché si crea la paura dell’altro?
Le diversità spesso sono considerate pericolose poiché rappresentanti di un universo ignoto, inquadrate come destabilizzanti in quanto portatrici di altri mondi e modi che potrebbero insinuare il dubbio nelle nostre assolute certezze, o semplicemente potrebbero rappresentare una pericolo per il potere. I cambiamenti sono sempre delle crisi e in quanto tali prendono forma di minaccia.
L’individuo, tuttavia, è sempre in crisi, intesa come cambiamento, e continuamente cerca di adattarsi a nuove situazioni; quindi per chi è la minaccia? Probabilmente per quei pochi che perderebbero molto in seguito ad un mutamento e di conseguenza si affannano ad alimentare il senso di pericolo dovuto all’ingresso dell’altro.
Di qui nasce la necessità di creare attraverso meccanismi psicologici elementari, la paura del diverso: il valzer inizia con la generalizzazione, ovvero il meccanismo psicologico attraverso il quale un apprendimento, partendo da una situazione particolare, si espande e viene generalizzato, e così i neri sporcano, rubano, si ubriacano ed ammazzano semplicemente perché in un paese qualsiasi un uomo con lo stesso colore della loro pelle lo ha fatto, eppure non temiamo tutti coloro che lavorano in un cantiere solo perché Bossetti ha ucciso Yara; il meccanismo psicologico della generalizzazione viene così strumentalizzato guardando bene però di mantenere un’attenzione selettiva sul contenuto.
Quando però la strumentalizzazione della generalizzazione viene scoperta o perde di efficacia si passa al terrorismo psicologico, il nome attuale è EBOLA. In alcuni paesi d’Italia sono già partiti gli “editti”: udite udite i neri non possono entrare in paese se non con certificato medico, non possono risiedere, non possono lavorare né vivere perché potrebbero trasmettere il virus. Bisogna salvaguardare la razza pura dalla contaminazione.
Moretti (Nanni) in un suo film diceva “Le parole sono importanti” ed è proprio sul piano linguistico che molto spesso si combatte la battaglia; e così si parla di noi e voi, di tutela della salute non di razzismo, di unioni di fatto non matrimoni, di missioni di pace non guerra, di centri di accoglienza non di emarginalizzazioni. La prima lotta è riprenderci la lingua. Chiamiamo le cose con il nome che hanno, non permettiamo a chi sa farlo di ipnotizzarci per mezzo di parole vuote e senza significato o addirittura con senso opposto. Diamo il giusto nome alle cose, solo così daremo loro il giusto significato.
Nel mio piccolo comincerò a dire a mio nipote di temere l’uomo stupido invece che l’uomo nero e magari crescendo sarà più fortunato e non dovrà subire la violenza di vedere sui social network gruppi razzisti o sentire sproloqui su quanto la rovina del nostro paese dipenda da persone con colore diverso della pelle o differenti scelte sessuali o scelte di vita. ☺
C’era una volta in un paese europeo una nazione che diceva al suo popolo di temere alcuni uomini di razza diversa, poiché pericolosi per la salute, per l’economia e per la cultura; questa nazione per salvaguardare il proseguimento della propria specie cominciò a mettere in atto tentativi di risoluzione del “problema” adottando manovre al limite dell’umano. Benvenuti in Italia.
Cosa crea la paura dell’altro? Come si crea la paura dell’altro? Perché si crea la paura dell’altro?
Le diversità spesso sono considerate pericolose poiché rappresentanti di un universo ignoto, inquadrate come destabilizzanti in quanto portatrici di altri mondi e modi che potrebbero insinuare il dubbio nelle nostre assolute certezze, o semplicemente potrebbero rappresentare una pericolo per il potere. I cambiamenti sono sempre delle crisi e in quanto tali prendono forma di minaccia.
L’individuo, tuttavia, è sempre in crisi, intesa come cambiamento, e continuamente cerca di adattarsi a nuove situazioni; quindi per chi è la minaccia? Probabilmente per quei pochi che perderebbero molto in seguito ad un mutamento e di conseguenza si affannano ad alimentare il senso di pericolo dovuto all’ingresso dell’altro.
Di qui nasce la necessità di creare attraverso meccanismi psicologici elementari, la paura del diverso: il valzer inizia con la generalizzazione, ovvero il meccanismo psicologico attraverso il quale un apprendimento, partendo da una situazione particolare, si espande e viene generalizzato, e così i neri sporcano, rubano, si ubriacano ed ammazzano semplicemente perché in un paese qualsiasi un uomo con lo stesso colore della loro pelle lo ha fatto, eppure non temiamo tutti coloro che lavorano in un cantiere solo perché Bossetti ha ucciso Yara; il meccanismo psicologico della generalizzazione viene così strumentalizzato guardando bene però di mantenere un’attenzione selettiva sul contenuto.
Quando però la strumentalizzazione della generalizzazione viene scoperta o perde di efficacia si passa al terrorismo psicologico, il nome attuale è EBOLA. In alcuni paesi d’Italia sono già partiti gli “editti”: udite udite i neri non possono entrare in paese se non con certificato medico, non possono risiedere, non possono lavorare né vivere perché potrebbero trasmettere il virus. Bisogna salvaguardare la razza pura dalla contaminazione.
Moretti (Nanni) in un suo film diceva “Le parole sono importanti” ed è proprio sul piano linguistico che molto spesso si combatte la battaglia; e così si parla di noi e voi, di tutela della salute non di razzismo, di unioni di fatto non matrimoni, di missioni di pace non guerra, di centri di accoglienza non di emarginalizzazioni. La prima lotta è riprenderci la lingua. Chiamiamo le cose con il nome che hanno, non permettiamo a chi sa farlo di ipnotizzarci per mezzo di parole vuote e senza significato o addirittura con senso opposto. Diamo il giusto nome alle cose, solo così daremo loro il giusto significato.
Nel mio piccolo comincerò a dire a mio nipote di temere l’uomo stupido invece che l’uomo nero e magari crescendo sarà più fortunato e non dovrà subire la violenza di vedere sui social network gruppi razzisti o sentire sproloqui su quanto la rovina del nostro paese dipenda da persone con colore diverso della pelle o differenti scelte sessuali o scelte di vita. ☺
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