Processo ai media: un silenzio assordante
12 Novembre 2022
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Processo ai media: un silenzio assordante

Chi “avrà durata l’eroica fatica” di andarsi a rileggere qualche editoriale che ha caratterizzato la linea di comunicazione culturale e sociale di alcuni tra i maggiori quotidiani italiani, ma anche degli inesausti e ripetitivi talk-show di questi anni, potrà vedere nei fatti quanto quel modello di informazione sia stato lontano dalla verità e l’abbia dimenticata, colpevolmente, senza fare un minimo di autocritica ma appiattendosi su una comunicazione frammentata, distorta e frutto di un pensiero unico trasversale che rende omogenei i principali quotidiani. La storia narrata, quella ufficiale, è sembrata spesso più funzionale ad interessi diversi da quelli che dovrebbe avere un’ informazione che si possa definire indipendente ma invece è servile ed acefala; solo alcuni quotidiani più indipendenti hanno sfidato il monoblocco culturale che è sembrato sempre più essere una consunta riedizione del “Min- culpop” (Ministero della cultura popolare) del ventennio fascista; termine, questo, poi paradossalmente usato dagli stessi media per definire il pensiero contrario al loro.

L’anno in corso con la drammaticità della guerra, in continuità con i precedenti, è un esempio da manuale di questa distorta, superficiale e manipolata informazione dettata ed intimidita dai finanziatori dei media che hanno suggerito che cosa e come dirlo. L’ attacco neoliberista e della finanza alla società ha reso la stessa più aggredibile, ha separato il potere dalla politica diventando sovraordinato alla stessa e ha usato i canali di comunicazione per la realizzazione di interessi lontani da un bene comune troppo spesso sbandierato come foglia di fico per mascherare invece un’azione lobbistica di comando e di orientamento a senso unico e non indipendente delle informazioni.

Già con il covid l’informazione è stata dedicata più alla quantità che non alla qualità la quale è più funzionale a porre in evidenza i problemi reali che hanno inciso profondamente sulla minore tenuta della società lasciata sola di fronte al dramma della pandemia disumanizzante che ha colpito tutti ed in particolare i più deboli e tra questi i giovani e gli anziani. Il lockdown ha logorato e spaccato il sistema delle relazioni sociali creando una disgregazione sociale a cui un’ iperinformazione tutta orientata ad una cronaca parcellizzata ha contribuito allo stato di isolamento, di paura e di incertezza e mai nessuno ha affrontato il tema del disagio psichico crescente che si è inasprito con continui atti di conflittualità, spesso criminali, che ora si sono accentuati con l’impatto sociale ed economico della guerra.

L’informazione quasi autistica era funzionale ad un flusso continuo di informazioni quantitative solo sui dati, lasciando l’interpretazione ad esperti spesso in contraddizione tra di loro, più desiderosi di apparire che interpretare i fatti; questa continua e contrastante informazione ha contribuito a creare malessere sociale, confusione ed aumentare la paura che invece una corretta informazione avrebbe dovuto provare a stemperare. Una società confusa è più aggredibile e manovrabile come scriveva Gustave Le Bon nel suo lavoro Psicologia delle folle in cui dava evidenza che una bugia ripetuta sempre diventa una verità. Sono mancate azioni di sostegno al malessere generale che sarebbe finito, come vediamo oggi, in una forma di deprivazione sociale  lasciando le persone sole di fronte al dramma quotidiano; la colpa dei media è stata di aumentare lo stato di disagio sociale, esattamente il contrario di quello che avrebbe dovuto fare per mantenere le persone socialmente legate e non lasciate indifese ed aggredibili a fronte di un pensiero unico dominante.

Con il covid sono sorti problemi economici e finanziari che si sono aggravati con l’impatto della guerra in Ucraina, la sospensione dei flussi produttivi ha creato blocchi produttivi e situazioni di diseconomicità in molte aziende produttive e vuoti produttivi con conseguenti effetti negativi sull’occupazione e la creazione di bisogni rimasti pericolosamente insoddisfatti. L’ informazione corretta avrebbe dovuto dare rilievo, cosa non fatta, ad un fenomeno così evidente che creava distorsioni nelle produzioni e vuoti lavorativi sollecitando le politiche economiche e l’opinione pubblica ad interventi atti a ridurre e contenere gli aspetti negativi che stavano minando la coesione sociale ed alimentando la protesta ed i conflitti sociali che avrebbero portato alle elezioni anticipate ed ai risultati di capovolgimento delle maggioranze.

L’impreparazione della stampa e delle televisioni è risultata evidente quando è scoppiata la guerra con l’invasione drammatica ed ingiustificabile dell’Ucraina; è mancata la lettura della storia per fare capire le relazioni di causa ed effetto che hanno legato i prodromi dell’invasione ai fatti criminali che la stanno contraddistinguendo. Come sempre la lettura dei fatti con il pensiero unico ha diviso, spesso arbitrariamente, i buoni dai cattivi senza vie di mezzo e coloro che provavano a trovare una linea di pensiero per capire il dramma e potere arrivare ad una forma di soluzione pacifica sono stati condannati dal pensiero unico dominante. Una riflessione andava fatta sulla storia del ventennio del nuovo secolo per capire quanto l’azione di Putin derivasse dalla cultura della dominazione bellica che ha caratterizzato unilateralmente questo periodo con le drammatiche guerre in Medio Oriente spesso create per finti ed ingiustificati motivi umanitari funzionali all’uso del potere bellico come soluzione dei mali indicati. Di qui sono nati i drammi infiniti in Afghanistan, Iraq, Libano, Siria, Libia e nel decennio precedente il dramma nella ex-Iugoslavia. Queste ultime guerre si sono caratterizzate per l’alto numero di morti, quasi un milione, in gran parte civili, ed in una spesa di oltre 6500mld / $ solo per gli Usa; questa è una cultura che ci porta al caos ed alla fine; un minimo di autocritica ed analisi storica andava fatta per provare a seguire una strada di pacificazione e non quella di un rialzo al gioco del massacro.

La mancanza di una stampa libera diventa un pericolo per lo sviluppo di una società che abbia responsabilità e rispetto delle persone che vanno guidate, informate e messe in grado di esprimere opinioni proprie.☺

* Prof. emerito dell’Università L. Bocconi

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