malasanità
21 Marzo 2010 Share

malasanità

 

È tornata in prima pagina la questione Sanità, che sta interessando il Molise da qualche tempo, soprattutto per il debito cumulato nel settore. C’è una protesta corale contro i provvedimenti adottati dal Governo regionale. Molte scelte non sono chiare; le realtà locali si ribellano alla logica dei tagli o delle riduzioni che non abbiano un riscontro oggettivo. Un dato è certo: il sistema che abbiamo avuto fino ad ora non è più pensabile per il futuro.

I commissari ministeriali ritengono la sanità molisana anche buona, ma hanno espresso giudizi totalmente negativi per il modo in cui viene gestita: doppioni, reparti inutili con numeri di ricoveri insignificanti, consulenze inefficaci, strutture accreditate che svolgono lo stesso sevizio di quelle pubbliche con un aggravio di costi e non una migliore qualità del servizio. Le DRG ( sistema per misurare omogeneamente i costi della sanità) confermano che, se attuato l’accordo con il Ministero e lo stesso piano sanitario regionale, con una riduzione dei costi della ospedalizzazione inutile, si possono avere risultati utili all’intera regione. Il problema quindi è di finire di pensare ad una sanità luogo di “assistenza politica” ad ampio raggio, ridando alla politica la funzione di organo responsabile della programmazione.

Per un ragionamento sereno ritengo che bisogna ripartire dall’accordo sottoscritto con il Ministero della Salute nel 2007, che prevedeva misure di riequilibrio dei profili di  erogazione dei livelli essenziali di assistenza e della gestione corrente necessarie all’azzeramento del disavanzo entro il 2010. L’accordo prevedeva inoltre la costituzione, presso l’Assessorato alla sanità, di un nucleo di affiancamento con compiti consultivi  e di supporto tecnico.

La parte centrale dell’accordo era costituita dal punto sulla verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza che prevedeva:

a) il mancato rispetto dei flussi informativi da parte del direttore generale dell’ASREM e degli altri istituti  sanitari costituiva grave inadempienza;

b) adottare criteri e modalità di erogazione delle prestazioni che non soddisfano il principio di appropriatezza organizzativa e di economicità nella utilizzazione delle risorse;

c) adottare lo standard di dotazione media di 5 posti letto per mille abitanti di cui 1 per mille riservato alla riabilitazione e alla lungodegenza post-acuzie;

d) stabilire un valore soglia di durata della degenza per i ricoveri ordinari nei reparti di lunga degenza, oltre il quale si applica una riduzione della tariffa giornaliera.

In merito ai punti qualificanti dell’accordo la sensazione è che si stia operando solo sul concetto di una riduzione di posti letto, con un sistema di taglio dell’“x”% per tutti, senza fare le ulteriori verifiche.

È certo che per il corrente anno la regione prevede un fabbisogno di risorse per 650 milioni di euro, mentre il Ministero, che tiene conto dell’accordo di programma e del piano sanitario, ne riconosce solo 550 milioni. Dove sta la divergenza? Sta nei punti non attuati dell’accordo, ovvero nella mancata riduzione dei costi correnti, nel mantenimento dei doppioni, in tutte quelle cose che rendono negativa la sanità regionale, pur avendo indubbie e riconosciute capacità professionali e centri di alta valenza specialistica.

È indispensabile che il Consiglio regionale, nella sua interezza e senza preclusione alcuna da parte della maggioranza e della opposizione, adotti decisioni unanimi per avere una nuova organizzazione del sistema contabile e l’adozione di un atto aziendale, soprattutto per quanto concerne l’istituzione delle attività di lungo degenza e di assistenza socio-sanitaria all’interno delle strutture pubbliche. Avremmo un beneficio tutti: riduzione dei costi e qualificazione dei servizi.

La riorganizzazione dei servizi è prevista anche nel piano sanitario regionale approvato dal Consiglio regionale il 9 luglio del 2008. Nell’atto consiliare si legge che bisogna operare “il difficile ma necessario superamento della duplicazione di servizi non solo collegato alla riduzione dei 361 posti letto previsti dal piano di rientro” e sviluppare “una più precisa caratterizzazione dei presidi ed operando realmente una loro collocazione in rete, collegando la riduzione dei posti letto con un progetto che veda la valorizzazione e la migliore utilizzazione del personale all’interno della rete ospedaliera sul territorio”.

 

Le vibranti proteste dell’inizio del mese di febbraio, le delibere assunte da consigli comunali, le discussione sui vari tavoli, le riflessioni della gente comune fanno emergere la evidente contraddizione tra quanto previsto e scritto e quanto posto in essere. Forse sarebbe molto più semplice la soluzione del problema se si desse attuazione agli atti approvati dal Consiglio regionale. Oggi già potremmo parlare di un nuovo corso della Sanità molisana. ☺

mario@ialenti.it

 

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