Meritocrazia e privilegi
18 Dicembre 2022
laFonteTV (3191 articles)
Share

Meritocrazia e privilegi

Il richiamo alla meritocrazia affascina perché usa una intricante parola, il ‘merito’, ma essa viene strumentalizzata e usata ideologicamente, viene snaturata e utilizzata in modo innaturale. La meritocrazia infatti, al di là della buona fede dei tanti che la invocano, sta diventando una legittimazione politica ed etica della disuguaglianza. Da sempre il capitalismo, tramite l’utilizzo della meritocrazia, dà una veste morale alla disuguaglianza, perché interpreta i talenti delle persone non come un dono personale. La meritocrazia diviene una gara competitiva che porta all’accesso delle posizioni di vantaggio. Il criterio assoluto per vincere nella vita è il merito. Il merito legittima, inesorabilmente, le disuguaglianze nelle remunerazioni. In verità, la meritocrazia dovrebbe comportare un livellamento delle condizioni di accesso: tutti dovrebbero essere messi nelle condizioni di  avere la stessa possibilità di sviluppo dei meriti, delle opportunità, a prescindere dalla classe sociale d’origine. L’accesso per tutti all’istruzione dovrebbe essere garantita con certezza perché l’istruzione è paradigmaticamente lo strumento principale per potere “competere” secondo le proprie abilità.

Il merito, nella prospettiva meritocratica, concerne, a sua volta, una proprietà del singolo, ossia, le abilità (siano esse cognitive o non cognitive) e lo sforzo erogato nel loro sviluppo. Ma giustamente Papa Francesco, ritiene che: “… un altro valore che in realtà è un disvalore è la tanto osannata ‘meritocrazia’”. La bellissima critica di Papa Francesco mette in discussione sia la nozione di merito, sia il legame fra merito e remunerazioni presenti nella meritocrazia.  Le abilità, anziché merito del singolo, sono un dono e un fattore casuale, esse non possono giustificare vantaggi e svantaggi cumulativi. Peraltro, in Italia più che altrove, molta parte delle capacità dipendono dall’appartenenza sociale: la famiglia di origine e il contesto in cui si cresce con gli stimoli che si ricevono.

La stessa valutazione dei meriti spesso è casuale per i singoli, dipendendo sostanzialmente dagli altri, dal riconoscimento che gli altri danno. Potremmo avere un’ abilità eccezionale in qualsiasi campo, ma se abbiamo la sfortuna che nessuno l’apprezza non avremo nessun riconoscimento mai. Naturalmente non voglio nemmeno tenere conto del tema scottante delle raccomandazioni e dei favoritismi, sempre presenti nella nostra società, a tutti i livelli. La stessa natura sociale del merito comporta che essi dipendano dalle regole del gioco. La meritocrazia però afferma la necessità di un gioco competitivo, ma i mercati globalizzati non sono per nulla luoghi naturali e le regole stesse della concorrenza possono essere molto diverse. Le regole del “nuovo” capitalismo citate da Papa Francesco, e i meriti che sanciscono, sono profondamente carenti. Il richiamo “alla gara competitiva” appare assolutamente insensata, incongruente, quando l’obiettivo sia garantire a tutti le condizioni fondamentali alla dignità della vita umana. Non vogliamo una società di vincitori e vinti, vorremmo una società di uguaglianza almeno nelle condizioni di partenza per tutti. Nel fondamentale caso dell’istruzione, non vogliamo un’ istruzione impartita con l’obiettivo di selezionare i migliori, senza considerare la grave e grande influenza dell’origine sociale, ancor di più vero per l’istruzione obbligatoria. Compito fondamentale costituzionale dell’istruzione è ricercare una base comune di istruzione.

Lo stesso intento della meritocrazia sostanziale, di livellare le condizioni iniziali, oggigiorno, è un miraggio, sempre più irraggiungibile. Nella società contemporanea è difficile assicurare il pari accesso all’ istruzione se non si interviene sulle condizioni più complessive di vita in cui i giovani crescono. La stessa meritocrazia pone anche una tensione inevitabile e, inesorabilmente, ineliminabile fra la legittimazione delle disuguaglianze operata dalla gara competitiva e la richiesta del livellamento delle condizioni di accesso a tale gara. Perché il livellare le condizioni di partenza richiede di tassare le remunerazioni che si sono acquisite, o dovrebbero essere state acquisite, sulla base del merito. Il che ingenera una tensione fra il diritto a ciò che si è acquisito e il dovere del livellamento. Inoltre spesso chi vince le gare potrebbe sviluppare un senso di superiorità nei confronti di chi ha perso. Perché chi ha vinto il gioco meritocratico, o presunto tale, dovrebbe pagare per la scuola di bambini i cui genitori sono perdenti?  Infatti le nazioni dove la cultura meritocratica è più radicata non si contraddistinguono per il livellamento nelle condizioni iniziali.

Ma importante è sottolineare che l’uso della meritocrazia per giustificare le disuguaglianze attuali è una grandissima mistificazione della meritocrazia stessa, essendo i mercati mondiali dominati da vincitori che prendono sostanzialmente quasi tutto. Il tema fondamentale resta l’ istruzione essendo una delle leve irrinunciabili della democrazia inclusiva, perché ritornando a promuovere la mobilità sociale, può diventare uno dei fattori di ridistribuzione del reddito e di contrasto alle disuguaglianze sociali, e in fondo il vero sostegno alla tenuta della democrazia. In questa prospettiva la lotta per un ambiente migliore si innesta nella lotta contro le disuguaglianze e nella rinata fiducia nell’investimento in educazione.

Ormai ci sembra evidente che sono necessari cittadini preparati e professionisti in grado di affrontare con nuove capacità immaginative le complesse sfide poste dalle attuali drammatiche crisi globali del mondo contemporaneo e in grado di sperimentare nuovi mondi possibili. Questo dovrebbe essere un giusto richiamo ai movimenti politici progressisti per l’affermazione degli ideali per un futuro sostenibile che accolga la pluralità delle persone e porti all’interconnessione nei diversi piani, sociale, ecologico e tecnologico.☺

 

laFonteTV

laFonteTV