Mi son chiesto ancora
4 Febbraio 2021
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Mi son chiesto ancora

Aria corallo mista a zolfo – per troppe lacrime,
ai corpi nudi non basta un camposanto.
(Mi son chiesto tante volte come hanno fatto
a sopravvivere, carogne vive prive d’alito
i pochi, quelli dei racconti, del dolore morto).
E nei sacchi – resti secchi e androni pieni
foresta d’andirivieni forzato. Nessun santo.
Il totem fuma, orco a cranio aperto, fiumana
liberata nell’azzurro mascherato d’ocra.
Fiumana umana amara e secchi d’ossa e carri.
L’orologio del gabinetto delle docce dei gas
sempre al pomeriggio a pancia gonfia e fiale
aperte, rintocca l’adunata – senza preavvisi -.
“Ma non è la Svizzera o l’Alaska, qui è notte”.
Fonda notte d’allucinazioni barbariche.

Hic est de profundis, senza redenzione.
Il treno delle bestie non frena neanche, ulula,
non riconosce il suono delle rotaie dei chiodi
nella carne, avanza a passo d’ostensorio.
(Mi son chiesto tante volte nei salti di coraggio,
sostituire Dio non sarebbe stato oltraggioso
né illusorio o tantomeno osceno, forse campale).
Il forno crematorio esporta ancora linfonodi.

 

Dovevano vivere, per viverci dentro, ancora.

Quei relitti. Negli occhi. Per tornare.

 

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