
Morire di carcere
Dopo la tragica vicenda di Trudu, ripercorsa negli ultimi tre numeri de la fonte, la poesia di Alessandro Fo (da Filo spinato, Einaudi 2021) scelta per questo mese intende mantenere viva l’attenzione sul tema della morte dei detenuti in carcere e, in particolare, di quelli scomparsi per suicidio. Secondo l’aggiornamento al 1° marzo 2024, fornito dal dossier “Morire di carcere” a cura del Centro Studi della rivista “Ristretti orizzonti”, ai 32 deceduti nei soli primi due mesi di quest’anno per malattia, overdose, omicidio e cause “da accertare”, vanno aggiunti 21 morti per suicidio. Si tratta di un dato molto superiore rispetto a quello degli anni precedenti: se il picco si era registrato nel 2022 con 84 suicidi, con questi numeri il 2024 potrebbe tristemente diventare l’anno dei record. E la pena detentiva, che secondo la legge italiana deve avere un fine rieducativo, potrebbe trasformarsi ancor più nell’estrema punizione: la morte. Sarebbe importante non ridurre questo preoccupante fenomeno a un semplice evento statistico, ma condividere con il dossier “l’intento prioritario di restituire un’identità e una storia a queste persone”, spesso private anche della dignità di essere ricordate. Altrettanto importante, nella totale indifferenza della società, sarebbe offrire loro una nota di speranza, come riesce a fare la suora che compare in questi versi.
Laura de Noves
Corde
Quando vengo quaggiù e mi guardo intorno
il verde, il sole sui tetti delle case,
sempre penso «Ecco… io vengo dall’Averno…
Risalito dagli Inferi»…
Là in fondo annaspi a farti un tuo equilibrio.
Ma hai tre metri quadri. Costruisci
una per una piccole abitudini.
Poi basta niente. Un compagno di cella…
E fa saltare ancora tutto quanto.
Se cominci a temere
che proprio non potrai uscire mai più,
be’, allora, sai cosa ti dico, addio.
E io
mi ero già fatto ormai pure la corda.
…Poi è venuta una suora e mi ha donato
un libro di preghiere…
Mia moglie mi portò
la piccola a vedere.
Lei mi abbracciò
e mi disse:
«papà mio».