Lo zucchero dei ricordi
Claudio Pasi, di Molinella, in provincia di Bologna, dopo aver narrato in versi la storia del suo paese (Ad ogni umano sguardo, Aragno 2019), e aver ripercorso momenti della propria infanzia e adolescenza, nonché luoghi del cuore, in Nomi propri (Amos 2018) e nella raccolta in bolognese Ad cô dal vièl (In fondo al viale) (Ronzani 2021: in copertina le case contigue allo zuccherificio di cui ora diremo), si è cimentato in un’impresa poetica estremamente ardita, un poema didascalico in endecasillabi: La campagna dello zucchero. Poema in tre libri (Rovigo, Il Ponte del Sale 2023, euro 16). Non meno eccentrica di quella del genere letterario è la scelta del soggetto: «una testimonianza di ‘archeologia industriale’, […] cioè le vicende di una fabbrica, […] uno zuccherificio, di cui vengono illustrati sia gli aspetti storici sia quelli produttivi» (p. 7). È lo zuccherificio in cui lavorò tutta la vita suo padre Revel e in cui prestò occasionalmente la propria opera anche il poeta stesso nei mesi estivi. Dopo la demolizione di un luogo per lui così rilevante, Pasi si è disposto a salvarne qualcosa nel monumento dei versi, «recuperando […] quei lacerti di passato che la storia stava inesorabilmente consegnando all’oblio». Il poema è suddiviso nei canonici «libri» della tradizione didascalica che fa capo a Virgilio (le cui Georgiche vengono palesemente emulate nell’iniziale Argomento: «In quale modo le umili radici/ della bietola, estratte dalla terra/ e trasferite allo stabilimento,/ dopo una lunga serie di processi/ industriali, diventino cristalli/ finissimi di zucchero […]/ parlerà questo libro»). Il primo libro è sulla coltivazione della barbabietola, gli altri due sono sul lavoro della fabbrica. Il canto si snoda scorrevole e limpido, dolce come esige la materia – meritevole di una medaglia al valor poetico per l’altezza della sfida e dell’ingegno – fino al ‘sigillo’ finale, di nuovo nello stile dei didascalici antichi (prima di Virgilio, già il greco Nicandro):
Là tutto questo io, Claudio, vedevo
nei giorni della nostra giovinezza
ormai lontani, quando abitavamo
ancora nel quartiere delle case
dipinte, accanto allo zuccherificio,
e tu che hai letto con pazienza il libro,
se ti accadrà per caso di passare
presso quei luoghi, lungo quella strada
alberata che risuonò di voci
di uomini altercanti e del clangore
delle macchine, non ritroverai
silos o magazzeni né cisterne,
e neppure depositi o imponenti
edifici, ma sul piazzale vuoto
solo detriti e cespi d’erba secca
cresciuta fra le crepe del cemento
e polvere e silenzio, e poi più nulla.