
Non rimaniamo a guardare
Lettera aperta a quanti intendono umanizzare l’estate
Da oltre tre anni non c’è articolo, dibattito, intervento che possa prescindere dal binomio aggressore aggredito, con chiaro riferimento alla guerra in corso in Ucraina. Finanche in riviste di cucina è pericoloso parlare di “insalata russa” anche se la Russia non c’entra niente. E che dire del caro Roberto Vecchioni che, parlando di letteratura europea, si guarda bene dal citare i classici russi? Così i russi sono stati esclusi dalle manifestazioni, dai giochi olimpici, dal G8 che è diventato G7. Economicamente ci stiamo suicidando per fare un dispetto ai russi perché sono e resteranno per sempre gli aggressori. Ci hanno offerto un ottimo pretesto per entrare in un’economia di guerra a tutto vantaggio dei fabbricanti di armi mentre sta andando a puttane lo stato sociale. Per paura di morire, a breve, sotto le bombe, o magari calpestati dai cosacchi, cominciamo già a morire di fame e di assenza di cure adeguate.
Da quasi due anni il governo fascista di Israele, l’unico avamposto di democrazia nel Medio Oriente come pensano tutti i simpatizzanti, rade al suolo Palestina e palestinesi con decine di migliaia di morti e, senza fare una grinza, politici e opinionisti parlano del diritto all’autodifesa. Non è una guerra quella che sta conducendo Israele, seppure sarebbe ripugnante lo stesso, è semplicemente uno sterminio, se proprio abbiamo il timore di chiamarlo con il suo vero nome: genocidio. Non è per lo meno strano che le destre mondiali, da sempre antisemite, difendono il diritto di Israele a spargere sangue? È anche per questo che l’antisemitismo in chi si oppone alle scelleratezze israeliane non c’entra niente, se mai è antisionismo, cioè avversione a un governo brutale che va processato per crimini contro l’umanità. In questi giorni il governo di Israele ha deciso, dopo le varie incursioni nelle nazioni limitrofe, di aggredire l’Iran a scopo preventivo per esportare la democrazia. Sta provocando ingenti danni e uccisioni col pretesto di impedire che l’Iran fabbrichi la bomba atomica, sullo stile degli Stati Uniti in Iraq, della NATO nell’ex Jugoslavia. Naturalmente i nostri politici e i nostri “saputi”, un tanto al kg, hanno dimenticato il binomio aggressore aggredito e spendono solo qualche parola per incitare Israele a calmarsi ma guai anche solo a parlare di sanzioni, boicottaggi, sospensione di vendite di armi nei confronti di uno stato aggressore. Non sanno che cosa è la vergogna. Il mondo è a rischio: fermiamo Israele è il titolo in bella evidenza della copertina di questo numero. È tempo di gridarlo a squarciagola in tutte le occasioni, opportune e inopportune.
Ripartiamo dai 14 milioni di persone che sono andate a votare per i referendum per migliorare l’Italia. Noi ci siamo schierati apertamente per i cinque Sì e abbiamo perso sonoramente, inutile girarci intorno. È stata una sconfitta della partecipazione anche perché è mancato, forse, il referendum trainante, quello sulla porcata dell’autonomia differenziata che sicuramente avrebbe convinto molte più persone a prendere posizione e uscire allo scoperto. Quella che in parte era una faida interna al centrosinistra si è voluta far passare come una possibile spallata all’attuale governo, con pessimi risultati. Che poi la presidente Giorgia Meloni sia andata al seggio senza ritirare le schede è segno evidente di tutta la pochezza culturale e democratica sua e di quelli che la circondano. Ancora una volta le vittime sono stati gli operai precari, i licenziati, quelli che fanno fatica a intravedere un domani con progetti ambiziosi. Più grave è stato il risultato del referendum sulla cittadinanza degli immigrati, visti come un pericolo e non come una risorsa da integrare nella nostra società, anche da una nutrita parte di quelli che sono andati a votare. Come al solito la lotta tra i poveri è a tutto vantaggio dei ricchi che ingrassano proprio per l’assenza di solidarietà fra gli ultimi. Perché ripartire da quel 30% che sono andati al seggio per i referendum? Non perché sono necessariamente di sinistra ma perché hanno dimostrato di essere cittadini attivi, disposti a non farsi sottrarre il diritto di esprimere le proprie convinzioni e dunque soggetti che vogliono essere parte viva nei processi decisionali. Quando il popolo pensa il potere trema!
Certo, avrei voluto parlare, in questo numero, della bellezza dell’estate che vede i nostri paesi ripopolarsi; delle iniziative culturali e culinarie che mostrano come sotto la cenere dello spopolamento, sempre più aggressivo, continua a covare il fuoco della gioia, della festa e dell’accoglienza; degli abbracci di vecchi amici che si ritrovano in questo periodo; dei racconti di emigrati, con nostalgia mai sopita, che cercano di inserirsi nelle nuove realtà; delle feste popolari e religiose che si concentrano in questi mesi e di tanto altro. Purtroppo lo scenario internazionale e locale ci costringe a levare la voce contro le guerre e i diritti negati, contro politiche demenziali che vedono la sanità allo sfascio, il saccheggio dell’ambiente, lo spopolamento irreversibile dei piccoli paesi. Che ben vengano sagre e bicchierate, chiacchiere davanti al bar o sotto gli ombrelloni, dibattiti all’aperto o in occasione di manifestazioni ma non possiamo prenderci il lusso di abbassare la guardia. Torniamo o manteniamoci cittadini attivi per rivendicare i diritti negati e un futuro meno buio per tutti, al di là del colore della pelle, della nazionalità, del passaporto. Restiamo umani, per umanizzare anche la nostra estate. ☺