Non uccidere
11 Ottobre 2025
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Non uccidere

Quando vediamo ciò che sta accadendo in terra di Palestina, ciò che rende più orribile i massacri è che la parte più estrema del governo israeliano fonda le pretese sui palestinesi e la giustificazione dei crimini commessi sul testo sacro anche per noi cristiani, cioè la bibbia. L’ebraismo per secoli ha privilegiato uno studio etico e spirituale del testo ma, da quando è stato costituito lo Stato d’Israele, si è sempre di più affermata una lettura letteralista e fondamentalista, seguendo il cattivo esempio di molti cristiani. Per questo motivo, anche se basterebbe appellarsi ai princìpi universali dei diritti dell’uomo sanciti dall’ONU, proprio all’indomani della tragedia della Shoà, dobbiamo ripartire dal testo biblico per valutare l’attuale tragedia causata da chi fa della bibbia il fondamento dei propri crimini.
Voglio partire da una riflessione dell’anonimo redattore della storia biblica dei Re, che spiega il motivo della fine del Regno d’Israele ma anche del Regno di Giuda di lì a poco: “Il Signore, per mezzo di tutti i suoi profeti e veggenti aveva ordinato a Israele e Giuda: Convertitevi dalle vostre vie malvagie e osservate i miei comandi e i miei decreti secondo tutta la legge che io ho prescritto ai vostri padri e che ho trasmesso a voi per mezzo dei profeti. Ma essi non ascoltarono, anzi resero dura la loro cervice” (2 Re 17,13). L’esilio e la perdita della terra è la conseguenza del non aver osservato tutti i comandi del Signore, ed è anche l’applicazione delle maledizioni connesse con la trasgressione di questi comandi, come troviamo nel Deuteronomio. Una delle maledizioni suona così: “Maledetto chi lede il diritto del forestiero, dell’orfano e della vedova” (Dt 27,19). E più avanti dice: “Se non cercherai di eseguire tutte le parole di questa legge … il Signore colpirà te e i tuoi discendenti con flagelli prodigiosi” (Dt 28,58-59).
Ma quali sono le leggi che oggi sono trasgredite da coloro che si appellano all’osservanza stretta della Legge di Mosè? Basti citare solo il decalogo dove è scritto in maniera chiara: “Non uccidere”. Questo comandamento, dicono gli studiosi, è espresso in forma apodittica; vale, cioè, sempre e non ammette eccezioni. Non si dice neppure “Non uccidere il tuo prossimo”, colui che appartiene al tuo gruppo, ma “non uccidere nessun essere umano”. Come direbbe De André: guardatela oggi questa legge di Dio migliaia di volte firmata col piombo e l’esplosivo. Ma c’è un altro comandamento altrettanto universale: “Non rubare”, che può avere un doppio significato: quello della tradizionale interpretazione che significa non sottrarre i beni a nessuno (di nuovo, non solo a chi ti appartiene) e mi sembra che dal 1948 la sottrazione dei beni dei palestinesi è sotto gli occhi di tutti, fino al progetto delirante di svuotare Gaza per far posto agli interessi degli israeliani. Ma c’è un’interpretazione che parte dal testo originale: il comando non riguarderebbe i beni ma le persone: “Non rapire”, cioè non togliere le persone dal proprio contesto famigliare e sociale per ridurlo in schiavitù (come fecero i figli di Giacobbe con il fratello Giuseppe).
Il progetto di deportazione di massa o, in alternativa, di uccisione per violenza o fame, mi sembra tradire radicalmente il decalogo, comandamenti del tutto speciali perché, secondo il racconto biblico, non sono stati scritti da Mosè sotto dettatura, ma scolpiti sulla pietra da Dio stesso con un dito di fuoco, come a dire che il decalogo è il fondamento e il criterio di valutazione di tutto il resto della legislazione. Nel decalogo ci sono anche comandamenti che riguardano la relazione col “prossimo”, con chi, cioè, appartiene al proprio popolo, come non dire falsa testimonianza o desiderare i beni del prossimo. Ma nel caso di questi due comandi non c’è eccezione possibile: non si può uccidere né ridurre in schiavitù o mettere in pericolo nessun essere umano. La legislazione biblica non si occupa solo degli appartenenti al popolo ma di ogni persona che ricade sotto il raggio di azione dell’israelita: l’orfano e la vedova non sono solo quelli ebrei ma ogni orfano (bambino) e vedova (donna), ogni soggetto debole che ha bisogno di soccorso e cura. Nel Levitico, accanto al comando di amare il prossimo come sé stesso, c’è quello di amare il forestiero: “Quando un forestiero (cioè, un non ebreo) dimorerà presso di voi nella vostra terra (i palestinesi ricadono in questa fattispecie dal punto di vista di un ebreo israeliano), non lo opprimerete. Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto” (Lev 19,33-34). Bastano questi pochi esempi per dimostrare che chi si appella alla legge di Dio, tradendola in parti importanti, si pone sotto la maledizione.
Si può discutere se sia stato giusto riconoscere lo Stato d’Israele a spese dei palestinesi ma, anche se fosse stato moralmente legittimo (giuridicamente si può fare ciò che si vuole perché le leggi le fanno gli uomini), oggi, chi dice di essere fiero di appartenere al popolo della Torah, incorre nelle clausole di maledizione di quella legge, in quanto ne sta trasgredendo i comandamenti più importanti, scritti con il “dito di Dio”. E la legge è molto chiara nel dichiarare la sanzione: “La tua vita ti starà dinanzi come sospesa a un filo. Proverai spavento notte e giorno e non sarai sicuro della tua vita” (Dt 28,66).
Non è forse questo che sta producendo l’insensata sete di sangue di bigotti fondamentalisti nella vita di tutto il popolo? Dio tollera tante cose ma non l’essere usato o preso in giro.☺

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